C’è un’Italia con “il malcostume, i limiti e i difetti di un Paese che sembra non voler esercitare nessuno sforzo in direzione del cambiamento”. E c’è un’Italia “ancora migliore di quanto gli stessi italiani non riescano a immaginare e i media a descrivere”. La sintesi del Rapporto Italia 2017 dell’Eurispes è in queste parole del suo presidente, Gian Maria Fara.
È un’Italia che fa fatica a guardare al futuro senza pessimismo, eppure rivela una sostanziale tenuta. È un’Italia insoddisfatta, ma soprattutto divisa. Un’Italia, aggiunge Fara, che “ha enormi potenzialità, ma proprio per le sue divisioni, non riesce a trasformare la potenzia in energia”.
Il sondaggio sul sentire degli italiani, realizzato per il Rapporto tra dicembre 2016 e questo mese, mette in evidenza situazioni gravi che purtroppo ormai cominciamo a conoscere bene, ma rivela anche qualche sorpresa positiva. Gli elementi più negativi, manco a dirlo, riguardano la condizione socio-economica.
Quasi la metà degli italiani (il 48,3%) dichiara che la propria famiglia non riesce ad arrivare alla fine del mese.
Il 44,9% ci riesce attingendo ai risparmi, ma solo una famiglia su quattro riesce ancora a risparmiare. Tra le strategie anti-crisi messe in atto dalle famiglie (per il 13,8%) c’è anche quella di tornare a casa dai genitori e una su tre ricorre comunque al loro aiuto economico. E c’è chi sta peggio. Una persona su quattro afferma di sentirsi povero: abbastanza (il 21,2) o molto (il 3%). Molto significativa l’indicazione di quelle che sono ritenute le cause della povertà: la perdita del lavoro (76,7%), una separazione o un divorzio (50,6%), una malattia (39,4%), la dipendenza dal gioco d’azzardo (38,7%), la perdita di un familiare (38%).
Nel complesso, tuttavia, gli italiani ritengono in prevalenza che la loro situazione economica sia rimasta sostanzialmente stabile nell’ultimo anno. Si esprime in questo senso il 42,3%, mentre il 27,3% parla di un lieve peggioramento. Se si passa dalla propria situazione familiare alle previsioni per l’economia italiana nel nuovo anno, il 38,1% ipotizza un quadro di stabilità e il 13,8% una prospettiva di miglioramento, ma più di un italiano su tre (il 36,4%) ritiene più probabile un peggioramento ulteriore.
Le sorprese più rilevanti, rispetto ai discorsi che sembrano prevalere nel dibattito pubblico, arrivano dal rapporto con l’Europa: il 48,8% degli italiani, infatti, dichiara di essere contrario a uscire dalla Ue, a fronte di un 21,5% di favorevoli. In particolare, tra i filo-europei ben il 75,6% indica tra i benefici dell’Unione la possibilità di avere una moneta unica e stabile. È lo stesso Eurispes mettere a confronto questo dato con il sondaggio condotto dall’Istituto nel 2015, da cui emergeva un 40% di favorevoli all’uscita dall’euro.
Attenzione, però. Se da un lato gli italiani si dicono più europeisti di quanto si potesse immaginare, dall’altro vorrebbero una Ue profondamente diversa da quella attuale, a cui rimproverano le politiche economiche svantaggiose che ci vengono imposte (70,8%) e l’aver lasciato solo il nostro Paese di fronte all’emergenza dei migranti (70,8%). Su quest’ultimo tema il Rapporto sottolinea che negli ultimi otto anni è cresciuta dal 6,5% al 14,9% la quota di coloro che vorrebbero limitare l’ingresso degli immigrati. Il dato è in sé negativo, ma se si considera la portata che ha assunto il problema nel periodo considerato, smentisce l’idea di una ribellione generalizzata contro le politiche di accoglienza che spesso viene strumentalmente veicolata su vecchi e nuovi media.
Nonostante i chiaroscuri, il quadro che emerge dal Rapporto è molto severo, soprattutto sul piano socio-economico. Fara attribuisce questo esito al fatto che “illusi dagli stregoni e dai guru, e complice una classe politica del tutto inadeguata, abbiamo abbandonato l’economia per la finanza”. E nel frattempo “i ricchi erano diventati ancora più ricchi, i poveri tradizionali ancora più poveri e coloro che un tempo potevano contare su un rassicurante status, i ceti medi, vedevano assottigliarsi lo spessore delle loro sicurezze e crescere la possibilità di diventare poveri anch’essi”. Il presidente dell’Eurispes immette nel dibattito sul che fare? una soluzione forte:il recupero di un ruolo diretto dello Stato nell’economia, non solo quindi come regolatore e arbitro, ma come “attore protagonista dentro il sistema di mercato”.
Che si condivida o meno questa ipotesi, difficile dar torto a Fara quando afferma nelle conclusioni che “la politica e le istituzioni torneranno a essere credibili quando sapranno dimostrare di essere in grado di governare i processi piuttosto che esserne governati”.