Avvenire di Calabria

I clan si sconfiggono con la giustizia sociale

La riflessione del vescovo di Locri-Gerace, monsignor Francesco Oliva, durante la marcia in memoria di Lollò Cartisano

Francesco Oliva *

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La cultura che aiuta a superare la mentalità mafiosa che alimenta l’omertà, la complicità, l’arroganza e la violenza, mentre la memoria non permette che restiamo sommersi dall'indifferenza e dall'ignoranza.
 
Il sangue dell’innocente non può e non deve essere dimenticato. Quando viene versato sangue innocente viene versato anche il nostro sangue. Quando viene ucciso un innocente: muore una parte di noi. Penso al piccolo Cocò ucciso quattro anni fa a Cassano Jonio, bruciato vivo, nell’auto con il nonno. Penso a Dodò ucciso in un campo di calcetto a Crotone. Penso a Lollo Cartisano, a Gianluca Congiusta, Vincenzo Grasso, Rocco Gatto, Giuseppe Luzza, Massimiliano Carbone, Antonino Marino, Demetrio Quattrone. Penso ai tanti calabresi onesti, uccisi dalla violenza 'ndranghetista. Nessuno deve essere dimenticato. Qui li ricordiamo tutti. Ognuno dica ad alta voce il nome di una vittima innocente che ha conosciuto o di cui ha sentito parlare. Come abbiamo fatto a Locri due anni fa. Poco meno di mille nomi di vittime innocenti.
 
Siamo in tanti per dire basta con queste morti. Per dire basta alla ‘ndrangheta e alla mafia, ai poteri forti che uccidono. Basta alla violenza e alla corruzione che l’alimenta. Mai più versamento di sangue in questa terra: ecco il messaggio che ci viene dalle tante vittime innocenti che ricordiamo. 
Abbiamo appena ascoltato alcune paroline alquanto impegnative che sono state sussurrate ai nostri orecchi. Una parola insistente è pace. Gesù è la nostra pace, colui che di due ha fatto una cosa sola, abbattendo il muro di separazione che divideva, cioè l’inimicizia La pace è compito di ognuno. E’ frutto della giustizia. Troppe armi in circolazione. Il mercato delle armi è mercato di morte. Se si vieta la droga che uccide, occorre anche vietare le armi. Sono troppe le spese per armamenti meno per sfamare i poveri del mondo.
 
Oggi ci viene chiesto di abbattere il muro di separazione, ossia l’inimicizia. Costruire ponti, non muri. La pace, ricorda sempre don Luigi Ciotti, non può esserci senza giustizia sociale. Per questo dobbiamo metterci in gioco tutti, per sconfiggere l’illegalità, la corruzione, le mafie che sono nemiche della pace. I confini degli Stati non devono essere muri che impediscono la circolazione delle persone. Le persone hanno diritto di emigrare, un diritto che deve essere tutelato. Il nostro sud grazie alle migrazioni è sopravvissuto in tempi di miseria e di guerre. Riconciliarsi è impegno a rimuovere le cause della divisione, è farsi vicino all’altro, è prendersi cura dell’altro.
 
Ragazzi coltivate sempre vera amicizia tra voi, condividete i vostri sogni, non lasciatevi rubare la gioia della condivisione e della solidarietà, della lotta per la giustizia, per una società più umana, meno discriminante. Siate contro ogni genere di violenza, contro le disuguaglianze e le ingiustizie.
Siamo uomini nuovi, che vanno contro corrente, che parlano il linguaggio del “Noi" non dell’Io. Il linguaggio del Noi è il linguaggio di Gesù. Siamo chiamati ad avere lo stesso sguardo di Gesù”. Lo sguardo che si volge al noi, agli altri. Lo sguardo fisso sulla stanchezza dei suoi discepoli e sullo smarrimento della folla. Conservate tanta passione per la missione: è la passione del vivere-con, del costruire relazioni positive, del prendersi cura….
Amiamo la pace e la riconciliazione anche a costo di pagare di persona. Mai una pace a basso costo, a base di compromessi e complicità.
 
* Vescovo di Locri-Gerace

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