Avvenire di Calabria

Il 20 maggio 1979 la religiosa albanese visitò la comunità reggina-bovese

Il lascito di Madre Teresa di Calcutta ai fedeli reggini

Redazione Web

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«Gesù ama voi e ama me e si è dato interamente per l’amore per noi, si è dato sulla croce, ha versato l’ultima goccia del suo sangue e ci ha amato con amore vero. Ma questo non bastava per Gesù, si è fatto pane di vita affinché potessimo mangiarlo e si è fatto pane di vita per soddisfare la nostra fame di amore di Dio. Per permetterci di amare Dio, di amare Gesù, lui stesso ha provato la fame, si è fatto nudo, senza casa, ammalato e ha detto: “tutto quello che fate per i più piccoli dei miei lo fate a me”. Devi riconoscere Gesù nel povero, devi riconoscere Gesù nei membri della tua famiglia».

Le parole di colei che sarebbe diventata Santa Teresa di Calcutta riecheggiano nella Cattedrale di Reggio Calabria, in quel giorno di 40 anni fa. È il 20 maggio del 1979 quando la piccola suora albanese, santa della carità, visita Reggio Calabria e decide immediatamente, dopo aver visitato il ghetto del “208”, di inviare le sue suore missionarie della Carità per stare accanto ai più poveri dei poveri. Fu un sacerdote, don Nino Vizzari, a invitarla a Reggio, ottenendo in pochi giorni una risposta e, qualche mese dopo, la presenza della fondatrice. L’arrivo delle suore è annunciato dalla futura Santa proprio in una cattedrale gremita, non prima di una catechesi sentitissima dai fedeli reggini.
 
«Oggi la gente non soffre soltanto per un pezzo di pane – dice Madre Teresa all’assemblea in quel caldo giorno di maggio – né perché non ha di che vestirsi, né perché non ha la casa, oggi la gente ha fame di amore, ha fame di dignità umana, ha fame di rispetto per i poveri. Il figlio non nato, che muore nel seno della madre, quel bambino è non voluto, è non amato, deve morire. Avete paura di quel piccolo bambino, avete paura di dover dare da mangiare ad un altro, avete paura di doverne vestire un altro, dunque il bambino deve morire, se una madre può uccidere suo figlio, che cosa ci rimane da darci l’un l’altro? Facciamo tutti in modo che in questa città non ci sia un singolo bambino non voluto, rigettato, specialmente quest’anno che è l’anno del fanciullo». Poi l’appello all’unità della famiglia: «Noi siamo veramente contemplative nel mondo, perché Gesù ha detto: avevo fame e mi avete dato da mangiare, l’avete fatto a me. La stessa cosa per i genitori, prendetevi cura dei vostri bambini e riconoscete che lo fate a Cristo. Facciamo delle nostre famiglie un’altra Nazareth dove regna pace, gioia, amore. I figli smarriti, cerchiamoli, facciamoli ritornare a casa, come fece Maria quando Gesù si è smarrito».
 
Infine l’annuncio e il lascito missionario e spirituale: «Cerchiamo di conoscere i nostri poveri, ne ho visti qui in città. Vi faccio dono delle sorelle, ma non sarà il lavoro solo delle sorelle, tutti insieme cercate di essere l’amore e la compassione di Dio verso i poveri». Un’eredità spirituale che ha segnato la storia della comunità ecclesiale reggina, conclusa da una materna raccomandazione a farsi forti nella preghiera, vero aiuto e “carburante” nell’amore che si concretizza nel servizio agli ultimi: «Portate il rosario nella vostra famiglia, e pregate insieme, e la Vergine sarà per voi una vera mamma e vi aiuterà ad amare Gesù, come lei stessa ha fatto».
 
Foto di Rosario Cananzi.

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