
Incendio doloso devasta uliveto confiscato: Valle del Marro ancora nel mirino, Libera denuncia una strategia intimidatoria
Un nuovo incendio doloso colpisce la cooperativa Valle del Marro – Libera Terra: in fumo
Per arrivare a quella decisione c’è un iter lungo e complesso, che segue piste economiche e spunti investigativi. Con un obiettivo: proteggere la pubblica amministrazione dal 'contatto' con imprenditori ritenuti vicini agli ambienti della criminalità organizzata. Sono le interdittive antimafia, i provvedimenti presi dalle prefetture per impedire ad aziende in odor di clan di avere rapporti con la pubblica amministrazione, e in Lombardia sono cresciute in maniera esponenziale nell’ultimo anno: esattamente raddoppiate. Lo racconta l’ultimo report dell’Anac, l’autorità anticorruzione guidata da Raffaele Cantone: dalle 23 interdittive del 2017 si è passati alle 46 del 2018, anno record da quando l’Anac le censisce; in precedenza, infatti, le interdittive lombarde erano state 15 nel 2014, 22 nel 2015, 34 nel 2016.
Un boom, quello lombardo degli ultimi 12 mesi, che fa da contraltare alla sostanziale stabilità del dato italiano: a livello nazionale le interdittive nel 2018 sono state 573, praticamente le stesse delle 572 del 2017. Statistiche comunque con una doppia interpretazione, specifica l’Anac: fioccano interdittive perché i controlli sono più approfonditi, ma anche perché l’infiltrazione della criminalità è sempre pervicace.
Le cifre del 2018 pongono la Lombardia al quarto posto tra le regioni d’Italia: numeri maggiori li hanno solo la Calabria (176), la Sicilia (138) e la Campania (56), cioè le regioni «a tradizionale presenza mafiosa». Non è una novità che i clan abbiano messo salde radici nel Settentrione: «Analizzando lo storico del casellario informatico delle imprese (il database gestito dell’Anticorruzione, ndr), appare preoccupante in particolare l’incremento delle interdittive registrato in contesti geografici diversi da quelli autoctoni delle mafie, come peraltro dimostrato anche da numerose indagini della magistratura – si legge nel dossier dell’Anac –. Sotto questo profilo, significativa appare la circostanza che nel 2018 gli operatori economici interdetti aventi sede in Lombardia (46) siano raddoppiati rispetto all’anno precedente (erano 23) e triplicati rispetto ai 15 del 2014». La geografia delle interdittive lombarde è variegata: nel 2018 in provincia di Milano se ne sono registrate 9, il triplo delle appena 3 del 2017 ma qualcosa in meno delle 13 emesse nel 2016. A preoccupare, rileva l’Anac, sono poi specifici territori che spesso sfuggono all’attenzione del grande pubblico: prendendo in considerazione il rapporto tra interdittive e popolazione residente, «degni di nota sono territori del tutto 'pacifici' nell’immaginario comune, quali la provincia di Como o Mantova: con 24 e 21 aziende interdette nel quadriennio 2014-2018, entrambe hanno un tasso superiore al dato nazionale, rispettivamente 4 e 5,1 interdittive ogni 100 mila abitanti». Basta accostare più tasselli del mosaico delle cosche per comprendere però che non si tratta di fulmini a ciel sereno: nei mesi scorsi sono giunte condanne per fatti di ’ndrangheta a Cantù, ricco centro del Comasco, mentre a più riprese il Mantovano è finito sotto la lente degli inquirenti in tempi recenti con le operazioni contro il clan Grande Aracri.
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