Avvenire di Calabria

Ingordigia mentale, schiavi di sesso e denaro

Monsignor Morosini partendo dalle vicende di Campo Calabro e Tropea lancia un monito rispetto alla crisi educativa in atto

Giuseppe Fiorini Morosini *

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Quanto è accaduto al cimitero di Tropea mi ha spinto a mettere per iscritto questi pensieri, che andavo maturando da tempo. Il titolo dato alle mie riflessioni sintetizza già il tutto. L’ingordigia è quella spinta emotiva che spinge a consumare sempre più con un desiderio inappagabile, che si ferma solo quando dall’esterno è impedito a proseguire. L’ho definita mentale perché non è solo qualcosa di fisico, ma abbraccia la persona nelle sue motivazioni più profonde. Denaro e sesso sembrano essere ormai l’oggetto assoluto della felicità. Così mi appare oggi tanta parte della società, all’interno della quale i delitti si susseguono e si superano in efferatezza, determinati dalla bramosia di denaro e di sesso violento o perverso, che sta distruggendo ogni valore, in un vuoto di relazioni spaventose.

Tra i giovanissimi si è imposta ormai la mentalità che il desiderio di fare sesso a tutti i costi deve essere appagato, anche se l’altra parte non è consenziente o addirittura respinge. Ormai è invalso il principio che basta volere una cosa, perché si debba ottenerla, non importa se per averla si deve ricorrere alla violenza o l’oggetto del desiderio non ha i caratteri oggettivi della verità e del bene. Nelle relazioni affettive non si ha più la libertà di potersi negare ad una persona, o cambiare idea, prospettiva e mettere fine ad un rapporto, perché non si è più capaci di confrontarsi e di cambiare. Non sto ad enumerare gli atroci delitti a livello di coppia tra giovanissimi, al primo fiorire dell’amore, tra fidanzati, tra gente sposata di ogni età. I ragazzi scesi in piazza come bande armate a fronteggiarsi tra loro a Campo Calabro per una ragazzina, è la punta d’iceberg di un sommerso che fa paura.

Che dire poi della sete di denaro? Questa società ci ha educati a guardare al denaro come al polo di sicurezza per soddisfare i nostri bisogni. Se c’è denaro, c’è felicità, ha insegnato da sempre il consumismo. Attornoa noi, se all’apparenza sembra si lotti controogni forma di illegalità e di violenza, di fattospesso si incita a percorrere

i sentieri dell’illegalità, della violenza e dell’immoralità, perché se la società crea falsi bisogni, non può poi condannare chi cerca in ogni modo di soddisfarli, soprattutto se la soddisfazione di essa è presentata come l’approdo della felicità. Ecco la spaccio di droga anche ai ragazzi e da ragazzi, ecco la delinquenza minorile, ecco alzarsi la mano assassina dei figli nei confronti dei genitori, la profanazione terribile di ciò che anche solo umanamente è sacro, ancor prima che religioso, quale la venerazione dei defunti. Per essere felici bisogna aver soldi, e, pur di ottenerli, qualunque mezzo è buono. Questa è la deriva terribile alla quale oggi siamo approdati.

I fattacci dell’attico a Milano hanno ormai svelato, se ci fosse stato ancora qualcosa da svelare, il nesso perverso tra denaro-sesso-droga, che riesce a distruggere tra gli stessi adolescenti ogni barlume di umanità, di pietà, di compassione. Certi programmi televisivi sembrano offrire lo spunto per far maturare nei giovani questa mentalità. Quel mondo fatto di soldi, di droga, di sesso, di divertimento sembra essere l’eldorado di ogni felicità.

Il Papa ha parlato di una società che ha abdicato al suo ruolo educativo, creando le premesse di una catastrofe educativa, che al momento toglie la speranza del futuro.

All’inizio della quaresima voglio richiamare l’attenzione, soprattutto degli educatori, non solo sulla rinuncia al ruolo educativo, ma anche sulla riscoperta della dimensione dello spirito; sullo sforzo, cioè, di ricollocarsi nella sfera spirituale, dalla quale l’ingordigia del sesso e del denaro ci ha allontanati. Tra noi risuona come un karma che tutto è divertimento, niente è spirito, perché tutto è materia e tutto passa. Bisogna invece in controtendenza riscoprire in noi la dimensione spirituale, che non necessariamente deve qualificarsi come religiosa.

In quaresima noi cristiani cerchiamo quella dimensione dello spirito che ci fa rientrare in noi stessi e ci fa incontrare Dio.

Ma spirituale nella visione classica dell’uomo è tutto ciò che lo fa incontrare con se stesso, con gli altri, ciò che lo eleva dalla materia, ciò che lo rende capace di dono e di compassione, di servizio e di accoglienza.

Spirito è cultura, spirito è bellezza, spirito è arte, spirito è musica, spirito è letteratura. Quando ci si apre veramente allo spirito, allora è anche facile incontrare Dio.

Sant’Agostino diceva: «Desidero conoscere Dio e l’uomo, volendo dire che percorrendo il cammino incontro all’uomo, si incontra Dio e viceversa». E ancora: «Ritorna in te stesso; nell’interiorità dell’uomo abita la verità; e se trovi la tua natura mutevole, trascendi te stesso».

Quanto è incomprensibile oggi, soprattutto per i giovani, la parola trascendenza, che spinge simultaneamente ad entrare dentro di sé e a guardare al di là di se stessi, per incontrare l’eternità oltre il tempo e una vita diversa oltre la morte.

Penso che la nostra società abbia bevuto a sufficienza, sino alla feccia, il vino drogato del consumismo. Ora sta rivedendo sestessa, e il movimento ecologico e le colture bio sono molto eloquenti in tal senso.

Mi auguro che possa riscoprire nuovamente la sua responsabilità educativa colmando la desertificazione esistente, peggiore di quella che aumenta in natura, prospettando, a partire dai ragazzi, la dimensione spirituale. Questa, conquistata, può appagare veramente la sete di vita e di felicità, che tormenta il cuore degli uomini.

Il digiuno quaresimale, che stiamo per intraprendere, ci guarisca da questa terribile ingordigia. San Francesco di Paola, il santo che la Chiesa addita come maestro di vita quaresimale, ci faccia da guida e interceda per noi.

* arcivescovo di Reggio Calabria - Bova

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