Avvenire di Calabria

L'analisi sul calo delle nascite nel Belpaese, un fenomeno che coinvolge altri Paesi dell'Europa

Investire sulle politiche familiari per contrastare «l’inverno demografico»

Il "modello" tedesco un esempio da emulare anche in Italia

di Andrea Casavecchia

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L’inverno demografico non è soltanto una caratteristica italiana, tutta l’Europa è coinvolta nel processo di continuo invecchiamento della popolazione e della costante diminuzione del numero delle nascite. Secondo i dati Eurostat nel giro di 10 anni – tra il 2020 e il 2030 – all’appello mancheranno 190mila nuovi nati in tutto il continente.

Inverno demografico, in Italia nascite ancora in calo

All’interno di questo quadro inquietante, l’Italia occupa un posto di retroguardia, è infatti tra i paesi più in sofferenza: con Spagna e Malta conta il numero minore di numero di figli per donna (meno di 1,3), se poi si contano i nati per 1000 abitanti conquista la maglia nera dell’ultimo posto (sono solo 6,8 contro una media europea di 9,1).

Eppure la tendenza si potrebbe invertire. Lo testimonia la Francia che da paese con il numero inferiore di nascite negli anni 80-90 con una serie di politiche di sostegno alla natalità oggi è diventata il paese con il rapporto nascite 1000 abitanti più alto del continente. In tempi più recenti si osserva il cambio di passo di altri paesi come Ungheria, Repubblica Ceca, Austria e Germania e Portogallo che nel 2022 dopo aver perso oltre 200 mila persone ha segnato un aumento del 5% delle nascite.

L'esempio tedesco, "modello" per l'Italia?

Il caso tedesco potrebbe essere quello per noi più interessante, anche perché le misure adottate anche con il sostegno del Pnrr durante la conclusa esperienza del governo Draghi sembrerebbero scegliere il modello scelto dalla Germania. I teutonici sono passati da un modello di welfare classico, nel quale si contava su un adulto della famiglia che lavorava – generalmente il papà – e l’altro che assumeva i carichi di cura generalmente la mamma –, a un modello di “adulto lavoratore” nel quale entrambi i genitori sono stimolati a impegnarsi nel mondo lavorativo.

Contemporaneamente anche il padre è spronato ad assumere i compiti di cura. Sono stati introdotti congedi parentali che possono arrivare a coprire anche 12 mesi se sono ripartiti da entrambi i genitori. Inoltre dal 2004 sono stati aumentati i servizi per l’infanzia, ed è stata promulgata una legge che da diritto ai bambini compiuto il primo anno di età. La combinazione delle due misure ha permette ai entrambi i genitori di impegnarsi nel mondo del lavoro.


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C’è poi l’assegno universale (oltre i 200€ e a crescere per numero di figli a carico) per ogni figlio presente nel nucleo familiare al quale si aggiunge per le famiglie meno abbienti una serie di misure per favorire la partecipazione ad attività culturali, sportive.

L’assegno universale è stato introdotto anche in Italia, certo la consistenza non è la medesima, i congedi parentali esistono ma non sono ancora “appetibili”, l’aumento dei servizi per l’infanzia è uno degli obiettivi dichiarati dal Pnrr. Se si vuole invertire la rotta del declino l’attuale governo dovrebbe continuare a lavorare sulla stessa linea.

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