Avvenire di Calabria

Artefice di un nuovo meridionalismo, lo scrittore calabrese nasceva esattamente 98 anni fa

La Calabria ricorda oggi uno dei suoi figli più illustri: Saverio Strati

L'intellettuale ha sempre portato nel cuore la sua regione nonostante sia stato quasi dimenticato nell'ultima fase della sua vita

di Redazione Web

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Il 16 agosto di 98 anni fa nasceva a Sant'Agata del Bianco, in provincia di Reggio Calabria, uno dei figli più illustri a cui la Calabria ha dato i natali: Saverio Strati. Pur vivendo un rapporto turbolento con la sua regione natale, lo scrittore l'ha portata sempre con sé, descrivendola come luogo difficile ma capace di riscattarsi.

Come accade a ogni grande, ci si accorge del suo valore solo dopo molto tempo. Ed è il destino che sembra aver dovuto subire un grande scrittore calabrese, Saverio Strati. Forse per troppo tempo, come accaduto per altri conterranei, ritenuto, a torto, uno scrittore di “periferia”. E per questo dimenticato. Ciò che manca, tuttavia, è quell’opera di valorizzazione che dovrebbe muovere dalla terra che ha dato i natali a figure del calibro di Saverio Strati. E nella nostra regione, ce ne sono davvero tanti.


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Al di là di singole iniziative, l’una isolata dall’altra, non sembra negli anni ci sia stata questa grande attenzione in terra di Calabria volta a valorizzare questo, così come altri scrittori. Eppure Saverio Strati si è reso artefice di memorabili pagine, apprezzata anche da una critica di un certo livello dedicate alla sua Calabria, terra «difficile», ma allo stesso tempo «amata».

L'amara Calabria di Saverio Strati

«La Calabria - diceva Strati - la porto dentro di me da sempre e fino a quando le forze me lo hanno consentito sono ritornato a vederla, a goderla. La Calabria dei suoi mari, del cielo che è sempre sopra di me, delle montagne. La Calabria degli emigranti come io sono stato, di tutti i lavoratori». Una figura di scrittore e intellettuale che meriterebbe molto di più che essere relegato in un alveo di letteratura regionalistica. «Gli scrittori calabresi, non sono scrittori periferici, ma solo scrittori nati in Calabria nelle cui opere c’è qualcosa di difficile da spiegare, che fa parte del mondo degli uomini» affermava non a caso lo stesso scrittore, vincitore del premio Campiello nel 1977 e di altri prestigiosi premi internazionali, in un’intervista del 1984, esplicando a suo dire il concetto di “periferia”.

Molti sono i tratti che lo avvicinano ad un altro grande della letteratura calabrese, Corrado Alvaro. «Come molti meridionali, Saverio Strati sembra portare sulla propria persona la vita dei padri. Il passato, soprattutto, il dolore del passato, la tradizione della sua terra, i secoli di miseria e di silenzio, la pazienza contadina e artigiana, il pudore dei sentimenti, e persino l’antica lentezza con cui il tempo trascorre nei vecchi paesi, sembra portarseli addosso, come una consanguinea presenza, una compagnia» scriveva dello scrittore nato a Sant’Agata del Bianco, un grande critico della letteratura italiana, Geno Pamploni, introducendo “Tibi e Tàscia”, forse il miglior libro di Strati (pubblicato da Vittorini per Mondadori nel 1959), in cui sono concentrati tutti i temi, già emersi nei suoi racconti d’esordio de “La Marchesina” e che svilupperà nel corso della sua prolifica produzione.

Opere in cui emerge, non senza allusioni autobiografiche (da giovanissimo lo scrittore dovette guadagnarsi da vivere come muratore e contadino), la crisi d’identità della civiltà rurale meridionale, il destino di uomini privati di un’autentica prospettiva di liberazione sociale e morale, alla quale pure i suoi personaggi, a differenza di quanto avviene in Verga e nella tradizione verista, non desistono di sperare e credere.

«Io penso che la serie dei miei racconti e dei miei romanzi non sono altro che capitoli di un lungo romanzo» diceva ancora nel 1984 Strati, raccontando di sé all’editore Pasquale Falco. C’è una Calabria rurale, genuina, fatta da colori, rumori e linguaggi della sua infanzia che ricorre in tutta la sua opera. Lui è sempre presente, ricompare nella sua Calabria, anche quando si trasferirà altrove, per lavoro e amore.


PER APPROFONDIRE: Chi è Corrado Alvaro, il “cantore” della calabresità


Dopo la raccolta di racconti “Gente in viaggio”, scritta quasi sulle orme di “Gente in Aspromonte” di Corrado Alvaro, Strati si rende ben presto conto che non può restare prigioniero del suo mondo d’origine. Un mondo sradicato in “Noi Lazzaroni” (1972) in cui lo scrittore affronta il difficile tema dell’emigrazione e dell’integrazione dei meridionali immigrati. C’è anche un messaggio sociale che emerge da questa così come dalle opere successive che riprenderanno la questione. Strati sembra quasi delineare il concetto di un nuovo meridionalismo che vede nello stesso Sud, il riscatto del Sud.

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