Avvenire di Calabria

La Casa e la Strada

I 150 anni dell'Azione Cattolica

Giandomenico Chirico

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Sono passati ben 150 anni da quando Mario Fani e Giovanni Acquaderni, due giovani innamorati di Cristo e della Chiesa, decisero di fondare l’allora Società della gioventù cattolica italiana. Lungo questo tempo un fiume di grazia e di santità ha attraversato le vite di milioni di laici che hanno aderito all’Azione cattolica italiana.
Una storia preziosa testimoniata dai centomila soci riuniti domenica scorsa in Piazza San Pietro e dagli oltre mille delegati provenienti da tutte le diocesi d’Italia che hanno partecipato negli stessi giorni alla XVI Assemblea nazionale. Anche il Santo Padre, come raccontiamo a pagina 9, ha voluto incontrare per ben due volte l’associazione a distanza di pochi giorni, intervenendo giovedì 27 aprile al Forum internazionale di Ac e domenica 30 aprile in Piazza San Pietro, dove tra l’altro ha ricordato che anche lui proviene da una famiglia di soci di Azione Cattolica. Festeggiare una ricorrenza così importante, però, non deve spingere nessuno a volgersi indietro, a contemplare sterilmente il passato o a ripercorrere nostalgicamente formule che appartengono a tempi andati. Per questo monsignor Gualtiero Sigismondi, assistente ecclesiastico generale di Ac, ricorda: «La nostalgia è la pietra tombale della profezia!». Durante i lavori assembleari sono state recepite le istanze provenienti dai delegati e soprattutto quelle contenute nei messaggi di papa Francesco e della Cei che invitano, nella continuità di una identità associativa da custodire, ad una decisa azione di rinnovamento.
Allora occorre chiedersi cosa la Chiesa ed il mondo chiedono oggi alla nostra associazione.
L’Ac intende assumere come magna carta l’Evangelii gaudium, perché donne e uomini, accanto ai loro pastori, formino il popolo della Speranza, che è quotidiano, non è passato e neanche futuro, è oggi e qui, è in questo paese e con questa gente.
I quattro pilastri che hanno sempre sostenuto l’associazione (la preghiera, la formazione, il sacrificio e l’apostolato) restano immutati, ma questo è il tempo in cui occorre prioritariamente dare vitalità all’apostolato, è il tempo in cui dobbiamo fuggire dalla continua tentazione di chiuderci, di contarci, di lavorare nell’associazione per l’associazione…, al contrario, questo è il tempo di una decisa azione missionaria, di assumerci il rischio e la responsabilità di “consumarci” nello sforzo di stare tra la gente e con la gente.
«L’Azione cattolica – dice Papa Francesco – deve assumere la totalità della missione della Chiesa in generosa appartenenza alla Chiesa diocesana a partire dalle parrocchie». Questo nella nostra diocesi deve tradursi in una maggiore capacità di presenza significativa, di ascolto e di accoglienza delle istanze dei nostri territori e delle nostre comunità, in una migliore comprensione del modo in cui oggi possiamo stare fianco a fianco con le famiglie, con gli uomini e con le donne nei luoghi in cui ogni giorno vivono con le loro difficoltà e i loro dolori, ma anche con le loro attese e le loro gioie. Vogliamo un’Ac che non si preoccupi di ottenere o mantenere posti d’onore in sacrestia o nel “sinedrio” delle parrocchie, ma che al contrario si occupi di raggiungere tutti, nessuno escluso, un’associazione capace di sostare orante difronte al tabernacolo e che ha il desiderio di uscire per stare sulla soglia e nell’atrio, di passare «dalla pastorale del campanile a quella del campanello, senza rinunciare al suono delle campane ».

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