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Il Movimento Per la Vita di Reggio Calabria dichiara la sua ferma protesta nei confronti del comportamento del Sindaco di Reggio Calabria Giuseppe Falcomatà, che ha ritenuto di disporre la copertura dei manifesti, regolarmente affissi, nei quali una ragazza sorridente propone il seguente messaggio: “IL CORPO DI MIO FIGLIO NON È IL MIO CORPO SOPPRIMERLO NON È LA MIA SCELTA STOP ABORTO”.
Il Sindaco dichiara di avere individuato in quei manifesti un “messaggio violento”. Dichiara infatti alla Stampa (Gazzetta del Sud del 14.2.21) : «È una violenza impedire ad una persona di scegliere in modo consapevole e responsabile nel rispetto della legge.È una violenza non consentire ad una persona di avere un’altra idea, un’altra opinione, un altro punto di vista. È una violenza ancora maggiore esporre questi manifesti vicino alle scuole, luoghi di educazione, di istruzione, di cultura, luoghi in cui si forma la coscienza di ogni individuo e si impara il rispetto per la dignità di ogni individuo. È violenta una pubblicità il cui messaggio è che non sei padrona di te stessa».
Ci si chiede: a quale persona quel messaggio potrebbe addirittura “impedire di scegliere in modo consapevole e responsabile”? Certamente, non ad una persona consapevole e responsabile.
Il messaggio ritiene necessario ricordare a tutti un dato indiscutibile: dal momento del concepimento, vi è un nuovo essere nella madre, diverso da lei, anche se con lei strettissimamente collegato, una nuova persona in via di formazione e che deve continuare a vivere: lo STOP ABORTO è quindi un invito alla madre a riflettere bene prima di decidere per l’ aborto e l’esperienza di tutti i Movimenti per la Vita e dei CAV Centri di aiuto alla vita ci conferma che in tantissime occasioni un aiuto, un sostegno, un conforto alla madre ha salvato la vita del figlio.
Non si può accettare quindi che il Sindaco censuri una libera manifestazione di pensiero perché ritiene di non condividerla o che altri cittadini non la condividano, così come non si può accettare un comportamento ingiustamente repressivo, non supportato da alcuna valida e legittima giustificazione, che lede sia il diritto di chi vuole manifestare liberamente il proprio pensiero, sia il diritto dei cittadini di ricevere quella comunicazione.
L’art. 21 della Costituzione, al primo comma, dispone: “Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione”. Da tempo, la Corte costituzionale italiana ha individuato nel “diritto all’informazione” il profilo implicito della libertà di espressione connesso all’esigenza che “la nostra democrazia sia basata su una libera opinione pubblica che dia a tutti la possibilità di concorrere alla formazione della volontà generale” (sent. n. 112/93).
Il diritto alla vita è il primo dei diritti fondamentali inviolabili di ogni essere umano. Non è inutile ricordare che il diritto alla vita è stato solennemente proclamato nella Dichiarazione universale dei diritti dell’ uomo, nel Patto internazionale sui diritti civili e politici, nella Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’ uomo e nella Carta dei diritti fondamentali dell’ Unione europea. Esso, infatti è il primo dei diritti inviolabili dell’ uomo (sentenze n. 54 del 1979 e n. 223 del 1996), fra quei diritti cioè “che occupano nell’ ordinamento una posizione, per dir così, privilegiata in quanto appartengono – per usare l’ espressione della sentenza n. 1146 del 1988 – all’ essenza dei valori supremi sui quali si fonda la Costituzione italiana” (C.C. sentenza n. 35 del 1997). Secondo la Corte, la tutela costituzionale del diritto alla vita trova fondamento nell’ art. 2 della Costituzione.
La legge 194/1978, titolata: "Norme per la tutela sociale della maternità e sull'interruzione volontaria della gravidanza", non a caso pone al primo posto la tutela sociale della maternità, prevedendo anche alcuni strumenti attuativi, oltre a disciplinare e prescrivere le rigorose modalità ed i tempi per la interruzione volontaria della gravidanza.
Ci si chiede allora se veramente le Istituzioni e il Sindaco che le rappresenta abbiano posto in essere tutte quelle scelte sostanziali, con ricadute di politica sociale, che si traducano in una tutela effettiva della vita, per consentire una scelta libera e consapevole, o se invece è più semplice comportarsi da censori a senso unico.
Dunque, la copertura “d’ufficio” dei manifesti pone in essere un comportamento esso sì violento, in violazione di diritti fondamentali della persona e del cittadino. Un comportamento contro la vita.
* Movimento Per la Vita
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