Avvenire di Calabria

"Guardiamo al di là di ogni pregiudizio": l’appello di una madre che si occupa della famiglia con una cura più particolare

La testimonianza: «La felicità non dipende dai cromosomi che hai»

Tatiana Muraca

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Quella di Damiana è la storia di una mamma come tante altre, che cresce i suoi bambini con amore, impegno e dedizione. L’unica differenza, forse, è che l’attenzione da rivolgere a suo figlio di 11 anni, è più “particolareggiata”, essendo Francesco affetto dalla sindrome di down. «Non ho mai voluto fare l’amniocentesi – ci racconta Damiana – Ciò che mi interessava sapere era se mio figlio fosse in salute, e fortunatamente così è stato». Francesco, sin dalla nascita non ha sofferto di alcuna patologia legata alla sindrome, non è mai stato in terapia intensiva, ma solo un mese ricoverato in neonatologia per prendere peso. Il bambino, infatti, è nato prematuro. «Siamo stati supportati molto dal reparto di neonatologia - continua a dirci Damiana - al punto che la mia famiglia ha deciso di contribuire alla nascita dell’associazione Eracle, che vuole promuovere una maggiore sensibilità e attenzione verso i nati prematuri e i neonati bisognosi di cure ospedaliere». La testimonianza di Damiana è utile non solo per combattere i pregiudizi tutt’oggi esistenti, ma anche per far capire l’impegno che c’è nel crescere una persona con sindrome di down, soprattutto nella fascia di età della preadolescenza, come quella di Francesco: adesso, il ragazzo ha più contezza di sé, di come appare agli altri. «Finora, non abbiamo avuto particolari problemi – afferma Damiana a tal proposito – conduce una vita abbastanza normale, come quella della sorella». Francesco, infatti, ha praticato il nuoto e il calcio, ed è pienamente inserito tra i coetanei. Ciò che Damiana riscontra si rifà non a problemi di discriminazione, quanto piuttosto di impreparazione locale rispetto alle esigenze di un ragazzo come Francesco. Adesso, con il calcio, si sta provando a dargli una valvola di sfogo, soprattutto in questo periodo di pandemia: il gruppo di cui fa parte Francesco si allena al Mirabella con un allenatore della Fisdir (Federazione italiana sport paralimpici degli intellettivo relazionali). Il ragazzo è anche molto attivo a livello parrocchiale: non per niente, insieme alla sorella frequenta il gruppo scout della Candelora a Reggio Calabria; in comunità, Francesco ha potuto sperimentare, prima del coronavirus, anche esperienze di uscite fuori porta. «Anche in questo caso, non sempre gli strumenti sono del tutto idonei, ma nemmeno lo pretendo – puntualizza Damiana – Vedo massima accoglienza, ed è questo che mi interessa, perché tramite il confronto e l’ascolto si può intervenire dove e quando se ne riscontri la necessità». E parlando di strumenti poco idonei per i ragazzi con la sindrome di down, e non solo, la Dad non ha certo giovato alla risoluzione di molti dei problemi esistenti. «Fortunatamente, quest’anno Francesco può frequentare le lezioni in presenza e due suoi amici hanno deciso di fargli compagnia in classe», attesta Damiana. La rete di supporto che si crea intorno a persone come Francesco è essenziale: dalla famiglia, agli educatori agli insegnanti di sostegno, in particolar modo in tempi come questi, in cui viene meno quasi del tutto la socializzazione. «Francesco ha imparato ad adattarsi sia a scuola, così come al Centro Mariotti, che ha ripreso a frequentare regolarmente da giugno, sia durante le altre occasioni di incontro». Quello di Damiana è un amore incondizionato verso un figlio «sano» - lo ribadisce. «Ha solamente dei problemi di linguaggio, ma è seguito da un logopedista», ci dice Damiana, alla quale interessa ricordare il fatto che la sindrome non è una malattia, ma una condizione cromosomica: «Siamo tutti diversi, sotto molteplici aspetti. Proprio per questo, dico ai genitori di vivere giorno per giorno come si vive ogni figlio. Non possiamo programmare tutto, ma possiamo vivere nella condivisione, abbattendo le barriere. Quello di rendere mio figlio autonomo è stato sempre il mio più grande pensiero. La felicità non dipende dal numero di cromosomi, ma da quanto amore si dà e mi auguro che Francesco possa riuscire ad immaginarsi una vita sua, ricca di tutto l’amore che gli stiamo donando», conclude Damiana.

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