Avvenire di Calabria

Tra i primi appuntamenti del suo episcopato, il presule ha presieduto la celebrazione eucaristica in occasione della festa del santo

Lamezia, il vescovo Parisi alle celebrazioni in onore di San Benedetto

L'invito ai fedeli: «Poniamoci lungo un cammino di fede concreto che ci porti a conoscere realmente Dio»

di Saveria Maria Gigliotti

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Prudenza e sapienza. Questi i due termini su cui il vescovo monsignor Serafino Parisi, partendo dalle letture del giorno, ha invitato a riflettere i fedeli in occasione della celebrazione eucaristica in onore della festa di San Benedetto a Lamezia, ricordando che «se ti innalzi non arriverai a nulla» e sollecitando tutti ad un cammino di fede concreto per «conoscere» realmente Dio.

«Nella mentalità orientale la prudenza non è procedere con i piedi di piombo, ma è mettersi al passo di ciò che il Signore ci chiede. È la scelta di chi mette in armonia sia le proprie scelte con ciò che il Signore chiede all’uomo sia l’esistenza concreta con la volontà di Dio». Lo ha detto il neo vescovo di Lamezia Terme, monsignor Serafino Parisi, in occasione della celebrazione eucaristica nella solennità di San Benedetto.


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«Prudenza – ha aggiunto il presule – è procedere secondo il piano di Dio. Ed il contrario di questo ragionamento, che è la bestemmia, è ribellarsi a ciò che il Signore chiede ad ognuno di noi. La prudenza è un modo di camminare nella storia facendo gli stessi passi che il Signore ci chiede di compiere. Altro che procedere con i piedi di piombo!»

«Il testo di stasera – ha proseguito monsignor Parisi nel corso della sua omelia durante la festa di San Benedetto - propone una progressione, un passaggio da un livello della percezione della realtà, della storia, di come si muove il mondo, a un livello che è prettamente umano, che noi non possiamo ignorare né possiamo bypassare, ma dobbiamo affrontare” per “fare questa scalata verso Dio».

Il testo, però, alla fine “capovolge” questa progressione: «In realtà non si tratta di scalare, ma di scendere. Inverte i piani. Noi, umanamente, abbiamo la ragione che non è una bestemmia e non è nemmeno il vezzo degli accademici che, dall’alto della loro torre d’avorio all’interno della quale si arroccano, vogliono dichiarare da una parte la loro incredulità e dall’altra l’impossibilità ad arrivare a Dio. Abbiamo nella storia del pensiero tante situazioni di questo tipo. Invece qui, la lettura che è stata proposta è come una invocazione a fare entrare in questo dinamismo riflessivo, argomentativo, tutti i termini che afferiscono a questo grande ambito che è l’ambito della ragione».

«Noi – ha aggiunto il Vescovo Parisi - ragioniamo con un’idea, con una nozione di sapienza che è prettamente greca: la sofia. Qui, invece, la sapienza altro non è che quella disposizione con la quale tu sei chiamato a guardare la vita, ad accogliere la vita. Lo dico con un significato che è legato anche al nostro termine italiano sapienza che viene da sapere che vuol dire assaporare, gustare: noi siamo chiamati ad assaporare la vita».


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«Ci sei dentro la vita, ti lasci prendere dall’esistenza oppure la tua vita sta da una parte e tu ti trovi da un’altra parte? Dove sei? Allora, la sapienza è come un anello di congiunzione tra la vita che vivi, quella che ti si presenta davanti, e la tua percezione della vita che vivi e che devi vivere. Il sapiente è colui che davvero riesce a vedere nella realtà che vive il suo desiderio: vivere. E questa forma di sapienza è contro l’alienazione, è contro quel modo di vedere la vita che sposta i problemi, i drammi, dicendo ‘poi vedrò’, poi affronterò o problemi, domani se ne parlerà. Questo è un modo per vivere in maniera deresponsabilizzante l’esistenza che va affrontata così come viene e, per affrontare l’esistenza, il testo dice: poni il tuo cuore alla sapienza e questo è l’anello che congiunge il desiderio e la realtà».

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