Giovanni Muraca è un poliziotto, ma da sei anni fa l’assessore. È finito sotto indagine: «Prima di giudicare, aspettare sentenze»
L’assessore Muraca: «Chi amministra, sa di rischiare»
In caso di condanna, però non si dimetterà. Anzi sarebbe già in movimento per candidarsi in Regione
Federico Minniti
27 Novembre 2020
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Giovanni Muraca è l’unico assessore in carica da sei anni e che ha visto rinnovarsi la fiducia di Falcomatà.
C’è chi dice che lavorare ai Lavori pubblici è come giocare coi fili dell’alta tensione. Conferma? Inizialmente ho trovato una situazione complicata dopo l’uscita dell’ex assessore Marcianò. È innegabile: c’era molta confusione negli atti e poca armonia negli uffici. Siamo riusciti a raddrizzare il tiro, grazie alla presenza fisica costante al Ce.Dir e sui cantieri.
Sulle Grandi opere cosa devono aspettarsi i reggini? A breve sarà impossibile “toccare con mano” qualcosa. Di contro, la programmazione è vastissima: vogliamo riappropriarci del nostro mare. In questo contesto si posiziona la realizzazione del Waterfront di Zaha Hadid per la quale abbiamo chiesto due linee di ri–finanziamento dell’opera. Ma, per portare la Città sul mare, ci sarà tanto altro: Ponte Calopinace, Parco lineare Sud, l’Omega–San Gregorio e i lungomare di Pellaro e Gallico.
Che tempi ci sono per il Waterfront? Tutto dipende dall’accettazione del finanziamento che potrebbe arrivare anche dai fondi del Recovery Fund. Speriamo di riceverlo entro fine anno: ovviamente parliamo di tempi lunghi per un appalto da 70 milioni di euro.
Si doterà di una «squadra speciale» per la rendicontazione delle risorse europee? Non ci sono dubbi: punteremo su un’assistenza tecnica esterna che individueremo attraverso un bando pubblico. Questo perché siamo senza personale: pensate, ai Lavori Pubblici su un fabbisogno di 14 ingegneri, oggi in servizio ce n’è solo uno.
E sulle interdittive antimafia qual è la sua visione? Le do un dato: il 50% delle opere pubbliche incompiute sono legate a interdittive antimafia. Occorre applicare a menadito la “Legge Expo”.
Dopo sei anni da amministratore, cosa non rifarebbe? Da assessore all’Ambiente non avrei fatto il porta–a–porta in tutta la Città e avrei insistito molto di più per l’apertura delle discariche di servizio di Motta San Giovanni e Melicuccà. Ai Lavori Pubblici, mi rimprovero la gestione del ponte di collegamento del Calopinace: oggi probabilmente, facendo altre scelte, sarebbe già fruibile. Sui ponti, poi, ho altri altro cruccio: quello di Fiumarella, a Pellaro, dove chi mi ha preceduto aveva “dimenticato” di appaltare la bitumazione. Non una novità: a Paterriti, si era costruito il ponte, senza prevedere le rampe d’accesso...
Parliamo di giustizia. Lei è coinvolto in due procedimenti. Chi amministra è “condannato” a essere sotto processo? Ci vuole equilibrio. Finché sarà legittimo denunciare, sarà altrettanto legittimo aprire delle inchieste. Chi amministra Comuni importanti, corre questo rischio. Ovviamente c’è massima fiducia nel lavoro della magistratura. A tal proposito, però, mi piace ricordare come Italo Falcomatà ebbe innumerevoli indagini dai quali fu sempre assolto: chi si prende delle responsabilità può andare incontro ai processi. Bisogna aspettare le sentenze prima di giudicare le persone: non dico il terzo grado, ma almeno il primo...
Quindi se venisse condannato in primo grado per il caso–Miramare, si dimetterebbe? Non ho detto questo. Se venissi condannato, il cittadino può farsi una sua idea. Io, in cuor mio, andrò avanti.
È vero che già lavora da candidato alle regionali? Stiamo ragionando come gruppo nell’esprimere una candidatura di una corrente vicina al sindaco Falcomatà. Non ci sono certezze, ma possibilità concrete.
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