Avvenire di Calabria

Lo ribadisce una ricerca della CGIA di Mestre

Lavoro nero, primato calabrese

Francesco Bolognese

Share on facebook
Share on twitter
Share on whatsapp
Share on telegram
Share on facebook
Share on twitter
Share on whatsapp
Share on telegram

Il tempo sembra trascorrere invano nel bel paese. Mali atavici rimangono tali, con gravissime conseguenze sul piano non solo economico. Uno di questi è certamente il lavoro nero, che drena ingentissime risorse economiche alle casse dello Stato. L’ultima istantanea curata dalla CGIA di Mestre, relativa al 2014, non lascia spazio all’immaginazione. “Gli oltre 3 milioni di lavoratori in nero presenti in Italia “producono” 77,2 miliardi di euro di Pil irregolare all’anno (pari al 4,8 per cento del Pil nazionale)”. Tradotto in soldoni significa “meno 36,9 miliardi di euro di tasse e contributi per le casse dello Stato”, già alquanto anemiche. La “geografia” del lavoro nero nel bel paese vede in vetta la terra del compianto Corrado Alvaro. Infatti “l’incidenza del valore aggiunto da lavoro irregolare sul Pil è pari all’8,7 per cento”.A ruota seguono altre regioni del Mezzogiorno e del Centro: “la Campania (8,4 per cento), la Sicilia (7,8 per cento), la Puglia (6,7 per cento) e l’Abruzzo (6 per cento)”. Stime diverse, in parti migliori, per “il Trentino Alto Adige (3,6 per cento), la Valle d’Aosta (3,4 per cento) e il Veneto (3,3 per cento)”. Ad alimentare questo circuito alquanto dannoso sono “lavoratori dipendenti che fanno il secondo lavoro; cassaintegrati o pensionati che arrotondano le loro magre entrate o disoccupati che in attesa di rientrare ufficialmente nel mercato del lavoro sbarcano il lunario “grazie” ai proventi di una attività irregolare”. Tutto ciò genera “ valore aggiunto, stimato dall’Istat nel 2014 in 194,4 miliardi di euro. Tale importo sale a 211,3 miliardi se si considerano anche le attività illegali (prostituzione, traffico stupefacenti e contrabbando di sigarette)”. Giova sottolineare che “la crisi ha determinato una forte impennata dell’economia da lavoro irregolare” . Infatti la perdita del posto di lavoro ha creato molteplici drammi familiari, così “chi in questi ultimi anni ha perso il posto di lavoro non ha avuto alternative: per mandare avanti la famiglia ha dovuto ricorrere a piccoli lavoretti o a svolgere attività lavorative completamente in nero per portare a casa qualcosa. Una situazione che coinvolge quasi 1.270.000 persone al Sud, quasi 708.000 a Nordovest, poco meno di 644.500 al Centro e poco più di 483.000 a Nordest”. Nello stivale insistono “143.000 lavoratori in nero e un’incidenza percentuale del valore aggiunto da lavoro irregolare sul Pil pari all’8,7 per cento. Questa situazione si traduce in 1,3 miliardi di euro di mancate entrate per lo Stato, segue la Campania che con 387.200 unità di lavoro irregolari “produce” un Pil in “nero” che pesa su quello ufficiale per l’8,4 per cento. Le tasse che mediamente vengono a mancare in Campania ammontano a 3,9 miliardi di euro all’anno. Al terzo posto di questa particolare graduatoria troviamo la Sicilia: con 306.900 irregolari e un peso dell’economia sommersa su quella ufficiale pari al 7,8 per cento, le imposte e i contributi non versati sono pari a 3,2 miliardi di euro all’anno”.

Articoli Correlati