Avvenire di Calabria

L’identità tradita dei neonati con la «X»

A New York si potrà non riconoscere il sesso

Francesco Ognibene

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«Deciderà da grande»: può essere il riconoscimento adulto dell’autonomia di un bambino che cresce, o la comoda rinuncia alla propria responsabilità educativa. Ma che diventasse la dichiarazione di indifferenza di fronte all’identità di un figlio che nasce pareva un’opzione troppo fantasiosa per diventare reale.

E invece il Consiglio comunale di New York ha appena deliberato a grande maggioranza che d’ora innanzi all’atto di registrare all’anagrafe il loro bebè i genitori potranno sentirsi liberi dall’alternativa secca tra maschio e femmina iscrivendolo a un terzo elenco definito «Gender X», né uomo né donna, ma una specie di zona franca, e non necessariamente perché la fisiologia offra qualche incertezza: il sesso – ci viene detto – non deve dipendere dalla natura, ma diventare oggetto e simbolo della massima libertà immaginabile, quella di essere ciò che si desidera sin nella struttura costitutiva della nostra persona. Dunque, basta con l’arbitrio di mamma e papà (sempre che nel frattempo a Manhattan non si faccia giustizia anche di quest’altra anticaglia biologica): «deciderà da grande».

Ma il «Gender X» è qualcosa di più del 'terzo sesso' già ampiamente descritto dai teorici delle identità plurime e sintetizzato nella formula magica 'Lgbt', acronimo che nella sua vaghezza include tutto e il suo contrario, escludendo solo chi non condivide la contraffazione della realtà umana più elementare. Questo frutto ideologicamente modificato della Grande Mela, forse ansiosa di rilanciare la propria immagine di metropoli libertaria scavalcando Londra o San Francisco con un colpo di teatro, rende plausibile che due genitori neghino il riconoscimento di ciò che il loro figlio porta nel mondo, come se la sua stessa identità non li riguardasse. Dandogli la vita, accettano di accogliere una persona che è altro da loro, tant’è vero che gli danno un nome e non lasciano in bianco la casella relativa (a meno che il Comune non l’abbia cancellata dalla modulistica, ritenendo prematura anche questa scelta).

Associare a una X ciò che quel bimbo reca con sé suona come una porta sbattuta in faccia, una dichiarazione di irrilevanza davanti a un mondo intero, unico e nuovo, racchiuso in quel piccolo essere umano. Non è l’affermazione di una libertà senza fine, ma la sua negazione radicale, anche di fronte all’evidenza: non mi interessa chi sei, veditela tu. Che poi questa grottesca riforma a maggioranza della realtà umana si estenda anche agli adulti che desiderano transitare da un sesso all’altro 'senza impegno' aggiunge solo un tocco di assurdo. Siamo a New York, potrebbe essere una commedia di Woody Allen. Ma c’è davvero poco da ridere.


Pubblicato su Avvenire il 14 settembre 2018

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