Il ridimensionamento dei fenomeni malavitosi, alquanti radicati nel bel paese con gravissimi conseguenze sullo sviluppo di uomini e territori, richiede un’azione a 360° che passa, tra l’altro, dalle figure dei “collaboratori”, ossia di chi era intraneo alle consorterie mafiose ed ha deciso di “saltare lo steccato”, nonché dai “testimoni”di giustizia. L’ex inquilino del Viminale l’aveva ribadito:”I testimoni di giustizia aiutano lo Stato e lo Stato deve aiutare loro, non lasciarli soli è un fatto etico, svolgono un ruolo fondamentale”. Sulla stessa lunghezza d’onda il presidente della Commissione antimafia: “il sistema di protezione presenta delle criticità non dal punto di vista della sicurezza ma dal punto di vista sociale, di accompagnamento della persona. Gli 80 testimoni di giustizia sono 80 persone, una diversa dall'altra, occorre la personalizzazione degli interventi dello Stato, niente può essere standard”. All’orizzonte si stagliano “buone nuove”. Dopo un lavoro lungo, la proposta di legge 3500 finalizzata alla tutela di chi denuncia racket, mafie, sta per approdare alle Camere. "Lo Statuto del testimone di giustizia, atteso da 20 anni, garantirà a quei cittadini per bene, che in ragione della denuncia che fanno si espongono ad un rischio tale da rendere inadeguate le misure ordinarie di tutela, forme di sostegno sociale ed economico più adeguate, in modo tale che mai più ci si debba pentire di aver denunciato e mai più il testimone possa venire confuso con i collaboratori". E’ quanto ha dichiarato il relatore del provvedimento e coordinatore in Commissione Antimafia. L’associazione Libera di Bologna ha fatto sentire la sua voce attraverso una raccolta di firme da portare all’attenzione dei governanti per imprimere su questo delicato versante la svolta tanto attesa.