Avvenire di Calabria

Marziale: «Povertà educativa, dov’è lo Stato?»

L’intervista esclusiva al Garante per i diritti dell’infanzia e dell’adolescenza in Calabria Violenze in aula? «Applicare per i docenti la legge esistente su “stress lavoro correlato”»

Federico Minniti

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Antonio Marziale è un personaggio eclettico, di profonda cultura e radicato nella sua formazione cattolica. Ecco come il Garante per i diritti dell’Infanzia e dell’Adolescenza della Calabria rilegge la situazione attuale dei minori nella nostra regione. 

Minori e povertà educativa. Cresce il disequilibrio tra le diverse zone del Paese, con la Calabria fanalino di coda.

L’emergenza educativa è strettamente connessa alla povertà economica del territorio. Il problema della Calabria permane, quindi, la precarietà delle famiglie. Ma non solo: il territorio calabrese è sguarnito, per l’80% della sua estensione, di una rete socio– assistenziale per i minori.

Eppure si invoca più autonomia. Per il Nord.

Lo Stato si sta deresponsabilizzando rispetto al futuro della Calabria. Se le tasse le pagano anche i calabresi, perché i servizi non vengono erogati come in Lombardia? L’istruzione e la salute devono assolutamenteessere statali.

A proposito di istruzione, c’è chi dice che bocciare è sbagliato.

La bocciatura è un diritto se collegialmente condivisa. Altrimenti non si può più parlare di meritocrazia.

Sempre restando «in aula» aumentano i casi di violenza da parte dei docenti. Come affrontare il problema?

Per quanto riguarda la scuola basterebbe applicare le leggi. Mi riferiscoalla norma sullo «stress lavoro correlato », introdotta dal legislatore oltre dieci anni fa. Questo non significa delegittimare un docente, anzi riconoscere il lavoro dell’insegnamento come tra i più usuranti.

Come giudica il coinvolgimento degli altri attori sociali per avviare una nuova stagione per i diritti dei minori?

Il volontariato arriva laddove c’è l’emergenza; personalmente credo che senza il supporto di famiglia e scuola, purtroppo, ci troveremo sempre più minori con difficoltà. Questa non è una crisi di poco conto: soltanto un intervento serio e robusto a livello statale può segnare un punto di svolta.

Ci sarebbe addirittura un Ministero dedicato proprio alla famiglia.

Mamme e papà vanno messi in condizioni di poter lavorare pur essendo genitori. Mi riferisco al «child–care » sul modello scandinavo: servonoservizi di assistenza all’infanzia degni di questo nome. Purtroppo la famiglia è diventata soltanto uno slogan per la politica ed è un atteggiamento bipartisan drammatico.

Lei ha sostenuto il progetto “Liberi di Scegliere” del Tribunale per i minorenni. Quali sono, adesso, i prossimi passi da fare?

Ero prevenuto verso questo progetto. Ho avuto modo di incontrare Di Bella e constatare personalmente la bellezza di questo percorso. Finalmente anche i figli dei mafiosi possono cambiare vita. Devo aggiungere, però, un aneddoto.

Quale?

Possiamo riconoscere un grande merito a Reggio Calabria. Se oggi esistono ancora i Tribunali per i minorenni è grazie al sottoscritto, al presidente Roberto Di Bella e all’epoca deputato, Nico D’Ascola, nella sua funzione di presidente della Commissione “Giustizia”.

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