Avvenire di Calabria

Operatori e volontari di tutta la provincia in pellegrinaggio alla Cittadella dell'Immacolata di Bagnara

Medici e sanitari affidano il loro servizio a Maria

Padre Santo Donato: «Gesù vi ringrazia per le vostre fatiche». L'omelia di Padre Carfì: «il Vangelo ci educa ad amare i sofferenti»

di Francesco Iermito

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Medici, operatori e volontari della sanità di tutta la città metropolitana di Reggio Calabria si sono uniti in preghiera affidando il proprio servizio dedicato alla cura dei malati alla Vergine Maria.

C’erano proprio tutti, nei giorni scorsi, alla Cittadella dell’Immacolata in occasione del primo pellegrinaggio del personale medico e sanitario. Circa 200 tra medici, infermieri, operatori sanitari e volontari provenienti da tutto il territorio reggino hanno varcato i cancelli della città di Maria che sorge a Bagnara Calabra.


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Dopo la recita del Santo Rosario, i pellegrini hanno posto sotto la protezione della Vergine Santissima, Salute degli infermi, la propria missione pregando insieme l’atto di Affidamento. La funzione dei medici e degli operatori sanitari cristiani è senza dubbio straordinaria: «sono chiamati a curare il malato con lo stesso amore con cui guariva Gesù, medico celeste e vero e proprio collega».

Un’immagine, questa, che molte volte propone papa Francesco in occasione di vari incontri con medici e operatori sanitari. E proprio queste sue parole hanno caratterizzato l’intera giornata. A presiedere la solenne concelebrazione eucaristica il superiore generale dei Piccoli Fratelli e Sorelle dell’Immacolata, padre Santo Donato, che ha invitato i presenti a dare un valore soprannaturale al lavoro di assistenza ai malati: «Iniziamo questa Messa con un’intenzione particolare per i medici e per tutti gli operatori sanitari, che non solo hanno curato i corpi ma sono stati prolungamento di Gesù accanto al malato. “Ero malato e mi avete curato”(Matteo 25,36): qualsiasi cosa facciamo a un fratello in difficoltà, lo abbiamo fatto a Gesù». Ed ha aggiunto: «Voi dite grazie a Gesù perché siete stati utili, perché avete fatto del bene. Ma è anche Gesù che oggi vi ringrazia per le vostre fatiche, per la vostra onestà, per la vostra premura nello stare accanto al malato. Sì, Gesù vi ringrazia per averlo curato e amato nel malato!».

Interessanti gli spunti offerti da padre Antonio Carfì nel corso dell’omelia: «Chissà in quanti modi Dio vi ha parlato attraverso le persone ammalate, bisognose di amore e di cura prima ancora e oltre che di medicine».

Padre Carfì ha aiutato l’assemblea a contemplare con occhi nuovi, illuminati dalla fede, il grande “scandalo” della sofferenza, facendo riferimento anche a delicati temi bioetici come il fine-vita: «Quelle persone che vediamo morire, quei corpi sofferenti, non sono destinati solo al pianto e al lutto. La sofferenza fa nascere noi il grido: “Perché?”. Ma Cristo dalla croce ci risponde che quella sofferenza non è un fallimento: è la Sua Pasqua che si sta compiendo in quella persona. Pasqua di croce ma anche di resurrezione!».

Ecco la buona notizia, la luminosa chiave di lettura che dirada la coltre di angoscia e ribellione provocata istintivamente dal dolore: «Dio si fa uomo per liberare l’uomo non dalla sofferenza ma “attraverso” la sofferenza. Allora, da credenti, accompagnati da Cristo, possiamo finalmente “entrare” in quella sofferenza che umanamente ci fa tanta paura. Perché sappiamo che anche la morte diventa passaggio da questa vita umana alla vita senza fine con Dio, per la quale siamo stati creati». E ancora: «Chiediamo alla Vergine Santa che possiate stare ai piedi della croce di chi soffre con la sua stessa dignità materna, dando come medicina la consolazione più grande: la certezza che siamo figli di Dio, destinati alla vita eterna».

Al termine della solenne concelebrazione, è stato rivolto nuovamente uno speciale ringraziamento ai presenti, ricordando loro che sono chiamati ad essere veri e propri «sacerdoti dell’umanità di Cristo così come i presbiteri lo sono della sua divinità», poiché nei malati toccano la carne di Cristo così come i sacerdoti la toccano nell’Eucarestia. È stato quindi un gioioso arrivederci per continuare a operare insieme, pur nella diversità dei ministeri, per il bene dell’uomo e per la gioia di Dio.

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