
Settimana Laudato Si’ al Santuario dell’Eremo: preghiera e impegno per la Casa comune
Il Santuario dell’Eremo come cuore pulsante della Settimana Laudato Si’ a Reggio Calabria, in programma
Monsignor Fortunato Morrone ha ricevuto questa mattina il Pallio in occasione della Celebrazione eucaristica nella Solennità dei Santi Pietro e Paolo, presieduta da papa Francesco nella Basilica Vaticana in San Pietro. La Santa Messa è iniziata alle 9.30 proprio con il rito della benedizione dei Palli, presi dalla confessione dell'apostolo Pietro, destinati agli arcivescovi metropoliti nominati nel corso dell'ultimo anno.
Il Pallio è stato semplicemente consegnato e non imposto dal Santo Padre. Come deciso dallo stesso Francesco nel 2015, verrà poi imposto a ciascun arcivescovo metropolita dal rappresentante pontificio nella rispettiva sede metropolitana, per dare la possibilità a più fedeli di partecipare a questo rito che sottolinea la relazione di comunione tra il Santo Padre e i nuovi arcivescovi, sancendo allo stesso tempo un legame con la Chiesa locale.
Sono 34 i metropoliti, provenienti da tutti i continenti, che hanno ricevuto oggi il Pallio. Gli italiani sono cinque. Oltre all'arcivescovo metropolita di Reggio Calabria-Bova, monsignor Fortunato Morrone, un altro calabrese, monsignor Domenico Battaglia, arcivescovo di Napoli, monsignor Giuseppe Satriano, arcivescovo di Bari-Bitonto, fino allo scorso anno arcivescovo della diocesi calabrese di Rossano-Cariati e monsignor Francesco Lomanto, arcivescovo di Siracusa e monsignor Alessandro Damiano, arcivescovo di Agrigento.
Dal latino “pallium”, “mantello”, il pallio pastorale è l’ornamento liturgico che ricevono sia il Papa (il giorno dell’Inizio del ministero petrino) che gli arcivescovi metropoliti (il 29 giugno, festa del martirio dei santi apostoli Pietro e Paolo). Di lana d’agnello, è una piccola fascia avvolgente le spalle, che “cade” con due piccoli contrappesi rivestiti di seta nera sul petto e sul dorso ed è ornato da sei croci di seta nera e tre preziose spille a forma di chiodo. È il segno dell’autorità di cui il metropolita, in comunione con la Chiesa romana, viene legittimamente investito nella propria circoscrizione ecclesiastica.
Questa la formula di benedizione dei Palli pronunciata da papa Francesco: «O Dio, Pastore eterno delle anime, da te chiamate, per mezzo del tuo Figlio Gesù Cristo, con l'appellativo di pecore del gregge, e il cui governo ha voluto affidare, sotto l'immagine del buon Pastore, al beato Pietro apostolo e ai suoi Successori, effondi, per il nostro ministero, la grazia della tua benedizione sopra questi Palli, scelti a simboleggiare la realtà della cura pastorale. Accogli benigno le preghiere che umilmente ti rivolgiamo e concedi, per i meriti e l'intercessione degli Apostoli, a coloro che, per tuo dono, indosseranno questi Palli, di riconoscersi come Pastori del tuo gregge e di tratture nella vita la realtà significata nel nome. Prendano su di sé il gioco evangelico imposto sulle loro spalle, e sia per loro così lieve e soave poter precedere gli altri nella via dei tuoi comandamenti con l'esempio di una perseverante fedeltà, fino a meritare di essere introdotti nei pascoli eterni del tuo regno. Per Cristo nostro Signore».
«Preghiamo per voi, per i Pastori, per la Chiesa, per tutti noi: perché, liberati da Cristo, possiamo essere apostoli di liberazione nel mondo intero» ha detto papa Francesco nel rivolgersi ai metropoliti che hanno ricevuto il pallio, a conclusione della sua omelia. Un’omelia nella quale il Santo Padre ha ricordato gli apostoli Pietro e Paolo come «giganti della fede che hanno liberato la potenza del Vangelo nel mondo». Francesco ha ribadito che «solo una Chiesa libera è credibile» e che gli uomini sono «chiamati a essere liberi: dalla paura che immobilizza; dalle ipocrisie dell'esteriorità; dalla tentazione di imporsi con la forza del mondo; da una osservanza religiosa che rende rigidi e inflessibili; dai legami ambigui col potere; dalla paura di essere incompresi».
Quella di Pietro e Paolo, ha aggiunto Bergoglio, è «una Chiesa affidata alle nostre mani, ma condotta dal Signore con fedeltà e tenerezza». È «una Chiesa debole, ma forte della presenza di Dio», e «una Chiesa liberata che può offrire al mondo quella liberazione che da solo non può darsi: la liberazione dal peccato, dalla morte, dalla rassegnazione, dal senso dell’ingiustizia, dalla perdita della speranza che abbruttisce la vita delle donne e degli uomini del nostro tempo».
Il Papa, ha invitato dunque a chiedersi quanto «le nostre città, le nostre società, il nostro mondo» hanno bisogno di liberazione, e che «noi possiamo essere collaboratori di questa liberazione, ma solo se per primi ci lasciamo liberare dalle novità di Gesù e camminiamo nella libertà dello Spirito Santo». E liberazione anche «dalle distanze che dividono i credenti in Cristo» – una frase, questa, rivolta proprio alla rappresentanza del Patriarcato Ecumenico di Costantinopoli presente alla celebrazione.
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