Avvenire di Calabria

Il messaggio in vista delle festività natalizie di monsignor Luigi Renzo, vescovo della diocesi di Mileto-Nicotera-Tropea

Natale, monsignor Renzo: «Una sfida di fraternità universale»

Redazione Web

Share on facebook
Share on twitter
Share on whatsapp
Share on telegram
Share on facebook
Share on twitter
Share on whatsapp
Share on telegram

di Luigi Renzo* - Sono stato in dubbio se scrivervi il Messaggio natalizio, vista l’impossibilità a consegnarlo di presenza a causa della pandemia del coronavirus. Alla fine mi son convinto della sua opportunità soprattutto per non lasciare sotto silenzio i tanti eventi che stiamo vivendo, non esclusi naturalmente i condizionamenti umani e pastorali provocati dalla pandemia. Mi riferisco, in particolare, alla conclusione del Sinodo Diocesano, del quale stiamo predisponendo la pubblicazione degli Atti, ed al dono che Papa Francesco ci ha fatto dell’Enciclica Fratelli tutti. La pandemia del covid-19 ha ripreso incurante la sua invadenza al punto che ci ha costretto a fare qualche passo indietro rispetto alle aperture che c’erano state nel periodo estivo. E se questo sta provocando in tutti un’alternanza di sentimenti tra pessimismo e speranza, alla luce della fede, dobbiamo riconoscere che sta anche aiutando a capire come gli avvenimenti della vita passano attraverso il filtro del “mistero pasquale”, che culmina sempre e comunque nell’esperienza della Risurrezione. Come scriveva il nostro beato don Francesco Mottola pochi mesi prima della morte: «La vita è un mistero sormontato da una Croce, … ma ogni croce portata in simbiosi con Cristo è sacra» ed apre alla «libertà dei figli di Dio» (cf Parva Favilla, XXXVI, gennaio 1969, pp. 4-5). Anche quando sembra che tutto sia morto, da ogni parte tornano a rifiorire i germogli della risurrezione. Pur con i suoi effetti diventati per noi ancora più preoccupanti in questa seconda fase a causa della crescita notevole dei contagi, dobbiamo riconoscere che la pandemia ci sta offrendo messaggi forti e chiari che evidenziano come tante cose nella nostra vita non vanno per nulla bene. Occorre riprogettare, per esempio, il nostro rapporto con la natura ed il creato, come occorre rimodulare i rapporti tra di noi rilanciando con coraggio la solidarietà e la fraternità, senza dimenticare anche i nostri stili pastorali e formativi. È giunto il tempo di aprire gli occhi per tentare di uscire dal tunnel in cui siamo finiti. Ed a questo impegno di umanizzazione dei rapporti a tutti i livelli ha voluto esortarci Papa Francesco con la Fratelli tutti, per non cedere al veleno della cultura dell’indifferenza e dello scarto, una pandemia ancora più grave e distruttiva dello stesso coronavirus. «Peggio di questa crisi, è sempre il Papa, c’è solo il dramma di sprecarla chiudendoci in noi stessi». È stato per tutti significativo ed emblematico che il Pontefice abbia firmato l’Enciclica sulla tomba di S. Francesco d’Assisi e che nel titolo abbia preso spunto dalla sesta delle Ammonizioni dell’assisiate: «Guardiamo, fratelli tutti, il buon Pastore che per salvare le sue pecore sostenne la passione della croce». Da ciò possiamo capire come il Natale, che purtroppo quest’anno siamo costretti a festeggiare in forme più contenute a causa della situazione pandemica in cui ci troviamo, per noi cristiani non può prescindere dal riferimento alla croce. È proprio dall’alto della croce che passa e risorge l’umanità nuova purificata ed irrorata dalla fraternità. Contemplare il Bambino tra le braccia della Vergine Madre offre, pertanto, a ciascuno di noi l’occasione per fare, come esortava don Mottola su Parva Favilla del luglio 1966 (p. 3), «il vuoto per il Signore. Il vuoto. Una ascoltazione profonda. E Dio ci darà un “nome nuovo” (Ap 2,17)», il nome nuovo che sarà frutto di un Natale di fraternità interiormente ritrovata e goduta. Mi piace rilevare la forza del termine “fraternità”, un termine che trova tracce nell’antica lingua sanscrita, la cui radice “bhar” significa sostenere, nutrire, quasi a ribadire come la fraternità non promana solo da un rapporto di sangue, ma crea tra le persone una ricercata relazione di crescita e di reciproco sostentamento esistenziale. Si capisce allora come mai Pietro arrivi a raccomandare a tutti i battezzati non solo di vivere, ma di amare la fraternità come espressione stessa della comunione con Cristo e con gli altri: «Onorate tutti, amate la fraternità, temete Dio» (I Pt 2,17). Appare chiaro inoltre perché anche S. Francesco d’Assisi esortasse con insistenza ogni frate ed ogni persona che incontrava a vivere in fraternità e ad amarsi e sostenersi a vicenda, come una madre fa con il proprio figlio. Anche papa Francesco, da parte sua, col gesto di firmare l’Enciclica proprio ad Assisi, ha voluto esortare tutti, non solo i cattolici, a «riconoscere la dignità di ogni persona umana» e a «far rinascere tra tutti un’aspirazione mondiale alla fraternità. Tra tutti: ecco un bellissimo segreto per sognare e rendere la nostra vita una bella avventura. Nessuno può affrontare la vita in modo isolato. C’è bisogno di una comunità che ci sostenga, ci aiuti e nella quale ci aiutiamo a vicenda a guardare avanti. Come è importante sognare insieme! Sogniamo come un’unica umanità, come figli di questa stessa terra che ospita tutti, ciascuno con la ricchezza della sua fede o delle sue convinzioni, ciascuno con la propria voce, tutti fratelli!» (n. 8). L’esortazione di papa Francesco, a partire da questo tempo di pandemia, ci può consentire anche di recuperare quella “calabresità”, che in qualche modo è affiorata forte nella solidarietà e nella vicinanza al prossimo dei mesi scorsi di lockdown e che non dovrà scomparire col virus. Anzi proprio la pandemia della “calabresità”, del cuore aperto a tutti, deve riprendere forza per scombinare e sconfiggere quegli stili di vita e quei comportamenti incoerenti, che deturpano la nostra vera immagine, facendo di noi davanti al mondo quasi il simbolo del lassismo, della illegalità e della irresponsabilità collettiva, a discapito di condizioni di vita più congeniali ad un contesto sociale di fraternità e di amore vicendevole. Davanti alla grotta del nostro Presepe di casa, nel contemplare in silenzio il Bambino Gesù, accogliamo la sfida di costruire un “mondo d’amore”, come recitava una vecchia canzone, e di fraternità universale. È il dono più bello che possiamo depositare ai piedi del Bambinello ed è il dono più importante che noi stessi possiamo scambiarci unitamente agli Auguri di un Santo Natale di fraternità. Proviamo a «perderci nell’Infinito », come ci esorta ancora il beato don Mottola. E quando saremo perduti in Lui, sboccerà e splenderà nel cuore di ognuno l’Amore, anima e linfa della Fraternità. Auguri a tutti di un Santo Natale di fraternità e di pace.

*vescovo della diocesi di Mileto-Nicotera-Tropea

Articoli Correlati