Avvenire di Calabria

Don Tonino Sgrò ci presenta un tempo caratterizzato da un duplice sguardo: l'attesa della venuta di Cristo e il suo ritorno alla fine della storia

Oggi è la prima domenica d’Avvento: parola al biblista

Secondo il biblista reggino, «l’Avvento diventa tempo propizio per meditare sul valore delle nostre azioni, nell’attesa che egli venga»

di Antonino Sgrò *

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Oggi è la prima domenica d'Avvento: parola al biblista. Don Tonino Sgrò ci presenta un tempo caratterizzato da un duplice sguardo: l'attesa della venuta di Cristo e il suo ritorno alla fine della storia

La prima domenica d'Avvento

Il tempo di Avvento si caratterizza per un duplice sguardo: è l’attesa della venuta di Cristo nella carne e insieme del suo ritorno glorioso alla fine della storia. Uno dei temi dell’Antico testamento che prefigura il secondo aspetto, ma illumina anche la comprensione del primo, è il “giorno del Signore”.

Esso è considerato nella letteratura profetica come l’accadimento del giudizio di Yhwh, che si manifesta mediante grandi sconvolgimenti cosmici, combattimenti e terrore, come si può osservare fin dalle attestazioni più antiche di Amos (5,18-20) e Isaia (2,6-22). Tali eventi possono minacciare sia Israele che le nazioni.


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Ora, attendere il Signore che viene, lungi da qualsiasi tentativo di edulcorare la reale portata del suo avvento per ammantarla di significati corrispondenti al proprio gusto o bisogno spirituale, significa anzitutto essere pronti ad accogliere Colui che giudicherà i vivi e i morti, i fedeli e i pagani: tale giudizio, quanto alla fine dei tempi, emetterà una sentenza definitiva sulla storia universale; quanto al tempo presente, svelerà le intenzioni dei cuori e sarà per tutti un monito alla conversione.

E come si manifesta storicamente il giudizio di Dio, espresso in questi testi mediante immagini volutamente forti, tipiche del genere apocalittico? A tal proposito, ci soffermiamo esemplificativamente su Isaia 13, che descrive gli effetti psicologici (versi 7-8) e cosmici (versi 9-12) del giorno del Signore abbattutosi su Babilonia.

I versi 7-8 menzionano una serie di elementi antropologici che esprimono uno stato di astenia e sofferenza fisiche, cui si aggiunge la percezione di una paura travolgente. In particolare, il profeta introduce il campo semantico del parto per descrivere in maniera più vivida il panico che assale l’umanità: «sono costernati, spasimi e dolori li prendono, si contorcono come una partoriente».

Tale metafora, applicata ai maschi, diviene un simbolo di debolezza e richiama gli atteggiamenti di sofferenza e paura che caratterizzano il nostro tempo, paragonabile a un parto: incertezze economiche, derive etiche, inclusioni etniche fallimentari.


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Il rischio di partorire il vento, di faticare invano, è alto se permane anche nei cristiani una vita schiacciata sul presente, la mancanza di visione del futuro. Poiché il tempo del discepolo di Gesù è incamminato verso la ricapitolazione di ogni cosa in Lui, sarà la stessa destinazione dell’agire credente a garantire la qualità del suo essere.

Quando ci apriamo alla speranza, allora, dopo un itinerario complesso e doloroso, vuol dire che il giudizio di Dio ha abbattuto le false illusioni e ci ha riportati a Lui! A partire dal verso 11 vi è un cambio di soggetto ed è Yhwh stesso a parlare di punizione per la «superbia dei protervi» e l’«orgoglio dei tiranni», stili esistenziali che l’Avvento dovrebbe aiutarci a superare, orientato com’è verso un “Tu” che fa uscire il cristiano da sé.

Il sopraggiungere delle tenebre è simbolo di sventura, morte, giudizio, prigionia: come l’oscurarsi del volto caratterizza lo sdegno di una persona, così il cielo oscurato denota la collera di Dio. In definitiva, attraverso l’annuncio del giorno del Signore il popolo acquisisce una comprensione più profonda della realtà, soprattutto in relazione alle conseguenze di ogni condotta arrogante (lezione che Israele ha imparato con l’esilio). Se Dio non potrà fare altro che giudicare le scelte che noi liberamente avremo fatto, l’Avvento diventa tempo propizio per meditare sul valore delle nostre azioni, nell’attesa che egli venga.


* Direttore Istituto Teologico Reggio Calabria

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