Avvenire di Calabria

Secondo il vescovo di Cassano all’Jonio, Francesco Savino, è questa la strada da seguire per tornare a dare il giusto spazio alle nuove generazioni

Pastorale giovanile, Savino: «Curare i desideri del loro cuore»

Matteo Liut

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È questo il tempo di una Chiesa che deve saper «osare», mettere in campo «una nuova creatività della pastorale e una pastorale della creatività» per andare incontro ai giovani «lì dove essi si trovano in questo momento», senza pregiudizi, senza moralismi, «senza la pretesa di farli ragionare come ragioniamo noi». Secondo il vescovo di Cassano all’Jonio, Francesco Savino, è questa la strada da seguire per tornare a dare il giusto spazio alle nuove generazioni nella comunità cristiana, in un momento in cui, come ha notato il presidente della Cei, il cardinale Gualtiero Bassetti, a causa della pandemia esse sono poco presenti ai momenti della vita liturgica. Il Covid, nota il presule della diocesi calabrese, «ha messo in luce e accelerato contraddizioni e difficoltà già presenti prima della pandemia e che avevano spinto il Papa a dedicare un Sinodo proprio al mondo dei giovani». In continuità con quel cammino, aggiunge il vescovo, «penso che la prima cosa da fare ora sia quella di curare il dialogo con i giovani lì dove essi vivono e in questo momento è sul Web che essi si trovano e si ritrovano. È in Rete allora che anche come Chiesa dobbiamo cercare di intercettare la loro domanda, i desideri del loro cuore».

Come? «Facendo ciò che sia Giovanni Paolo II nella Novo millennio ineunte, sia Francesco nella Evangelii gaudium ci invitano ad attuare – risponde Savino –: mettere in campo la creatività e la fantasia nella pastorale. E questo a mio parere passa dal rendere le parrocchiedavvero 'generative',

cioè capaci di generare quel fondamentale incontro con Cristo andando incontro ai giovani: online, oppure a piccoli gruppi o anche singolarmente. E se c’è una cosa che il Covid ci ha insegnato è che dobbiamo saper mettere in campo alleanze con tutti quegli ambienti che i giovani frequentano: la famiglia, la scuola, l’università».

Ora, sintetizza il vescovo, è il tempo di vivere a pieno lo stile dell’«I care» di don Milani, «avvicinandoci senza pregiudizi, liberi da moralismi e senza paura di 'osare l’aurora', come invitava sempre a fare don Tonino Bello». È il momento «non tanto di dare risposte, ma di continuare a suscitare doman-È de, ricordando ai giovani che la fragilità, oggi più evidente che mai, è un valore, non un limite ». E poi, aggiunge Savino, «dobbiamo offrire ai giovani bellezza, anche nelle liturgie domenicali: se le parrocchie sapranno essere davvero generative della fede, lo si vedrà anche nelle nostre Messe domenicali». In definitiva, è la conclusione del vescovo di Cassano all’Jonio, «fedeli al principio dell’Incarnazione dobbiamo ripartire dalla 'carne' debole, ferita e in cerca di felicità dei nostri giorni per generare l’unico vero incontro che conta: quello con Cristo».

* Avvenire

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