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Tutti parlano di Pnrr: è davvero l'ultimo treno per un futuro sostenibile anche in Calabria? Il dirigente pubblico e docente universitario, Francesco Macheda, prova a tracciarne l'orizzonte europeista.
Il Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) è un acronimo molto richiamato di questi tempi. Si tratta infatti di finanziamenti europei importanti che serviranno a ricostruire supportare a far ripartire gli Stati stessi per far fronte alla crisi economica e agli effetti economici negativi dovuti alla pandemia.
Il Piano promuove un’ambiziosa agenda di riforme, e in particolare, le quattro principali riguardano: Pubblica Amministrazione, giustizia, semplificazione e competitività. Già dall’inquadramento di questi elementi e cogliendone i caratteri fortemente innovativi, è possibile intuire anche il percorso travagliato che - proprio a partire dalla propria sede comunitaria il Pnrr - ha dovuto affrontare.
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Rimanendo nel contesto e ambito comunitario e analizzando più approfonditamente le fonti finanziarie con cui l’Unione europea finanzia gli strumenti prima indicati emerge la novità (per certi versi storica all’interno della Ue), ossia che l’intera somma di 750 miliardi di euro verrà raccolta sui mercati con l’emissione di debito comune, garantito in solido da tutti i Paesi della Ue.
Ma più in dettaglio e per completezza e con riferimento alla modalità di funzionamento dei Pnrr è bene rammentare che i singoli piani nazionali dovranno rispettare dei criteri predefiniti, concentrando progetti di investimento e spesa su alcune flagship areas (aree di punta): energie pulite e rinnovabili, efficienza energetica degli edifici, trasporti sostenibili, dispiegamento di banda larga, digitalizzazione della Pubblica Amministrazione, sviluppo del cloud e dei processori sostenibili, istruzione e formazione per le cosiddette skills digitali.
È possibile sostenere a tale proposito, che la Commissione darà la priorità assoluta al digitale e alla transizione ecologica, in quanto destinatarie di un tetto minimo di spesa nei piani nazionali: ogni stato infatti deve indirizzare almeno il 37% della spesa a questioni climatiche e almeno il 20% al potenziamento della transizione digitale. Ad integrazione di ciò e come spiegato anche da Carlo Altomonte, professore di Economia politica alla “Bocconi” di Milano e membro della task force del ministro della Pubblica Amministrazione, Renato Brunetta, l’erogazione dei fondi verrà smaltita nell’arco di sei anni e inoltre: «La scommessa è che le nuove generazioni possano ripagare il debito con un’economia più forte.
Ecco perché i piani devono essere così precisi». Il Pnrr italiano prevede investimenti pari a 191,5 miliardi di euro, finanziati attraverso il Dispositivo per la Ripresa e la Resilienza, lo strumento chiave del Next Generation Eu e prevede ulteriori 30,6 miliardi di risorse nazionali, che confluiscono in un apposito Fondo complementare finanziato attraverso lo scostamento di bilancio. Il totale degli investimenti previsti per gli interventi contenuti nel Pnrr italiano arriva a 222,1 miliardi di euro, a cui si aggiungono 13 miliardi del React EU.
Nel complesso, il 27% delle risorse è dedicato alla digitalizzazione, il 40% agli investimenti per il contrasto al cambiamento climatico e più del 10% alla coesione sociale. Il Pnrr italiano destina 82 miliardi al Mezzogiorno sui 206 miliardi ripartibili secondo il criterio del territorio, corrispondenti a una quota del 40% e si articola in sei missioni. L’attuazione dei Pnrr, per rimanere in un contesto comunitario ancorato ai principi di Maastricht di sussidiarietà, richiama e coinvolge il ruolo e le funzioni delle Autonomie territoriali.
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Le amministrazioni locali partecipano alla realizzazione del PNRR in aree che variano dagli asili nido, ai progetti di rigenerazione urbana, all’edilizia scolastica e ospedaliera, all’economia circolare, agli interventi per il sociale.
Partecipano in qualità di destinatari finali alla realizzazione di alcuni progetti attivati a livello nazionale, come quelli in materia di digitalizzazione della pubblica amministrazione. Gli stessi enti hanno tuttavia un ruolo nella definizione e messa in opera di alcune delle riforme previste dal Piano in materia di disabilità, servizi pubblici locali, turismo e in altri settori di competenza decentrata.
In questi settori gli enti territoriali operano in sinergia con le amministrazioni centrali nelle sedi istituzionali della Conferenza Stato-Regioni, della Conferenza Unificata e del Tavolo permanente per il partenariato economico sociale e territoriale. A livello di governance si ricorda il Nucleo Pnrr Stato-Regioni, istituito presso il Dipartimento per gli affari regionali e le autonomie, per il coordinamento delle iniziative di ripresa e resilienza tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano.
* dirigente Città metropolitana di Reggio Calabria e docente a contratto presso l'Università per stranieri "Dante Alighieri" di Reggio Calabria
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