Avvenire di Calabria

Mai più affari “sotto banco” con la ‘ndrangheta: la sfida del Pnrr è prima di tutto una lotta culturale al malaffare e alla corruzione

Pnrr e ‘ndrangheta, l’intervista al Procuratore Dominijanni

Il Procuratore generale di Reggio Calabria non ha dubbi: «La semplificazione è la vera arma per combattere le infiltrazioni mafiose»

di Davide Imeneo e Federico Minniti

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Intervista a Gerardo Dominijanni, procuratore generale di Reggio Calabria: «Così si allontana la 'ndrangheta dal Pnrr». Il magistrato reggino approfondisce le insidie della gestione dei fondi pubblici presso le Amministrazioni locali e non solo.

Dominijanni, intervista al Procuratore sui tranelli della 'ndrangheta sui fondi del Pnrr

Il Piano nazionale di ripresa e resilienza e il rischio delle infiltrazioni mafiose. Come agire per prevenirle? Ne abbiamo parlato con Gerardo Dominijanni. Il magistrato, originario di Roccella Jonica, è stato nominato nel settembre 2021 come Procuratore generale di Reggio Calabria. È magistrato dal 1989. Dopo una lunga esperienza al Tribunale di Locri, è stato alla Procura della Repubblica di Catanzaro, dove per un periodo ha coordinato la Dda, e Reggio Calabria dove ha seguito le indagine relative ai reati ordinari.

Pnrr e Calabria: è inevitabile l’abbraccio mortale con la ‘ndrangheta?

Rispetto a tutti gli investimenti pubblici che si fanno in zone ad alto rischio di infiltrazioni mafiose, come è la Calabria, bisogna agire in modo corretto e senza farsi condizionare in maniera preconcetta. Gli investimenti vanno fatti, però vanno avviati attraverso protocolli di legalità con Prefettura e Uffici giudiziari. L’auspicio è che venga evitato l’intervento della magistratura. Come sappiamo bene, quando questo avviene è già “a cose fatte”. È opportuno, invece, intervenire prima per prevenire le infiltrazioni.


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Come?

Lo Stato sulla prevenzione deve investire molto di più. Si può, infatti, sin dall’inizio capire se l’investimento è nelle mire ‘ndranghetistiche o truffaldine. Nella mia esperienza ho toccato con mano come molti progetti fossero già scritti per “fallire”.

Ci può fare qualche esempio?

Certamente. A me è capitato di analizzare alcuni bandi regionali della Legge 288 che aveva questa finalità dove era chiarissimo che si trattasse di progetti-truffa. Un “bottone” prodotto a Sibari non può costare cinquanta volte di più rispetto a un “bottone” prodotto in qualsiasi altra parte del mondo. Cosa voglio dire: aldilà dell’aspetto formale va valutato se i progetti siano validi o meno. Gli uffici non devono limitarsi ad essere “passacarte”.

Quando parla di Stato a chi si riferisce?

La mia concezione è universale. Si tratta di un unico soggetto. Purtroppo devo costatare che, per diffidenze reciproche, si continua a ragionare a compartimenti stagni. La simbiosi spesso è stroncata quando alcune Istituzioni, quali magistratura, forze dell’Ordine e Prefettura, si trovano a cooperare col contraltare politico locale.

Il problema in termini di prevenzione è, quindi, la politica?

C’è un errore di fondo: i bandi non li fa la politica, ma la Pubblica Amministrazione. O, almeno, così dovrebbe andare. La giurisprudenze, in tal senso, è inequivocabile: c’è una responsabilità di indirizzo, in capo alla politica, e una responsabilità amministrativa da subordinare al lavoro degli uffici pubblici. Tutte le volte che la politica interferisce in questi processi fa un atto illegittimo che, a livello di reatospia, spesso si identifica nel tanto vituperato “abuso d’ufficio”. È doveroso reclutare e formare amministrativi indipendenti e preparati. E tutelarli nella loro azione di controllo della politica. Ma, spesso, proprio in virtù dell’errore di fondo originale, la sensazione è che accada l’esatto opposto.


PER APPROFONDIRE: Il Pnrr può davvero cambiare il futuro della Calabria?


Snellire le procedure burocratiche e garantire trasparenza e legalità. È possibile?

Diminuendo il moltiplicarsi delle norme. La corruzione si moltiplica dove è difficile avere accesso immediato alle procedure e agli atti. Può sembrare un ossimoro, però il rigidismo normativo ha, in qualche modo, favorito alcuni aspetti corruttivi specie con la criminalità organizzata. Servono regole facili e comprensibili per tutti: solo così si evitano posizioni di potere. Più persone intervengono in una procedura burocratica, più si annida il malaffare.

Un obiettivo tutt’altro che semplice.

Ma dal quale non possiamo esimerci. Nessuno escluso. Personalmente, in apertura di Anno giudiziario, mi sono dato due obiettivi. Il primo riguarda la creazione di una centrale unica degli acquisti per tutte le procure del Distretto reggino per risparmiare i soldi statali in economia di scala. Il secondo risultato che vorrei perseguire riguarda le imprese poste in amministrazione giudiziaria. Non è possibile “avallare” seppure implicitamente che la ‘ndrangheta da posti di lavoro, mentre lo Stato li toglie. Stiamo lavorando per costituire una commissione che si occupi di questa problematica, specialmente nel prendersi cura dei lavoratori che, spesso, sono l’anello debole della catena economica. Lo Stato non può permettersi questo tipo di fallimento.

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