Avvenire di Calabria

In occasione della feste del Primo Maggio su giovani, sud e occupazione abbiamo intervistato i due leader calabresi della Triplice

Basta sfruttamento, con il lavoro non si scherza: parola a Sbarra (Cisl) e Bombardieri (Uil)

Dalla necessità di un nuovo patto sociale, alla potenzialità legata alle risorse comunitarie e agli investimenti fino alle "morti bianche", ecco la ricetta in chiave "meridionalista" del Sindacato

di Francesco Chindemi

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Lavoro, dignità e diritti. A far da sfondo la Costituzione e i suoi principi e valori, proprio in occasione dei 75 anni dalla sua promulgazione. È questo il principale tema che accompagna le celebrazioni, quest’anno, del Primo Maggio, festa dei lavoratori. Con uno sguardo, in particolare, rivolto a giovani e Mezzogiorno. Ne abbiamo parlato con i due segretari generali nazionali di Cisl e Uil, Luigi Sbarra e Pierpaolo Bombardieri, due dei tre leader della triplice, accomunati dal fatto di essere calabresi, entrambi originari della provincia di Reggio Calabria.

Primo Maggio, intervista al Segretario della Cisl Luigi Sbarra

Basta esodo di giovani («centinaia di migliaia quelli che hanno lasciato il sud in cerca di occupazione altrove»), serve «una nuova stagione di forte coesione sociale e geografica». È la ricetta del segretario generale della Cisl, Luigi Sbarra, volta a colmare le «diseguaglianze tra Nord e Sud, cresciute contestualmente a povertà e senso di solitudine e frustrazione delle persone».


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Il Pnrr - afferma Sbarra ad Avvenire di Calabria in occasione del Primo Maggio - insieme agli altri fondi strategici italiani e comunitari sono un’opportunità...E poi il Ponte sullo Stretto...

Segretario Sbarra, giovani, lavoro al sud, diseguaglianze sociali. Per lei che previene dalla punta dello Stivale sono termini che ben conosce. Quali risposte ancora deve dare lo Stato?

In questi anni purtroppo è aumentato il divario sociale, economico ed infrastrutturale tra le regioni del Mezzogiorno ed il resto del Paese. Sono cresciute la povertà, le diseguaglianze e anche il senso solitudine e frustrazione delle persone. Centinaia di migliaia di giovani hanno lasciato il Sud per cercare occupazione e costruirsi la vita altrove. Bisogna fermare questo esodo, avviando una stagione di forte coesione sociale e geografica, incentrando le politiche di sviluppo nazionali ed europee sul riscatto delle realtà deboli.

Per questo dobbiamo rafforzare la bussola partecipata del PNRR, integrando organicamente nella governane anche gli altri fondi strategici italiani e comunitari. Bisogna assumere i tecnici che servono, specialmente agli Enti Locali meridionali, per trasformare le risorse in cantieri, colmare le lacune infrastrutturali, ambientali, nei servizi, nella sanità, nella pubblica amministrazione. E poi occorre rafforzare in modo strutturale la fiscalità di sviluppo sulle aziende che investono in occupazione stabile, sicurezza sul lavoro e formazione.

Quando si parla di lavoro, purtroppo ancora oggi, lo si fa per denunciare il suo lato più disumano.

Si, dobbiamo dichiarare guerra ad ogni forma di sfruttamento, di capolarato e di lavoro nero e grigio, spezzando quella rete di omertà e ricatto che c'è oggi in molti territori del Mezzogiorno. Per assicurare trasparenza, legalità, certezza delle regole, non c’è antidoto migliore di un perimetro ampio e sociale di monitoraggio e controllo su appalti, qualità della spesa, intermediazioni. Governo, imprese e sindacato dovrebbero costruire un patto per contrastare queste forme di inciviltà e ridare protagonismo al lavoro, alla sua dignità, al suo protagonismo nelle dinamiche di crescita.

La Cisl ha avviato un'iniziativa popolare per l'attuazione dell'articolo 46 della Costituzione, con quale ambizione? 

Il tempo è maturo per far evolvere il rapporto tra impresa e lavoro nel solco di una più solida democrazia economica. Quella della partecipazione è un’opportunità che incrocia tutte le grandi sfide del nostro tempo, la via maestra per salari più alti, maggiore valore aggiunto e produttività, difesa occupazionale, buone flessibilità condivise e contrasto alle delocalizzazioni, maggiore sostenibilità sociale. Non c’è sentiero migliore per innalzare i livelli qualitativi e quantitativi di formazione, per elevare l’innovazione di processo e prodotto, per proteggere i piccoli azionisti-lavoratori e orientare sull’economia reale gli investimenti privati. Relazioni pienamente partecipative contribuiscono poi all’aumento dei livelli di salute e la sicurezza nelle aziende, garantendo monitoraggio e vigilanza sul rispetto delle leggi e delle regole.

Crede che questo possa davvero interessare alla nostra classe politica?

Voglio sperarlo, perché da questa sfida dipende davvero la capacità di far evolvere in positivo il nostro modello di sviluppo. È una sfida alta che conviene a tutti e che per questo crediamo debba essere raccolta dalle associazioni datoriali e dal governo. In ragione di ciò avvieremo nei prossimi giorni incontri con i vertici istituzionali, i leader politici e le rappresentanze sociali. La nostra proposta di legge introduce innovazioni sostenibili e immediatamente applicabili, coprendo tutte le forme di partecipazione: dalla gestionale all’organizzativa, dalla finanziaria alla consultiva. Lo fa senza impostazioni dirigiste o precettive, ma incentivando il libero incontro negoziale nelle imprese.

Per far crescere il territorio oggi in Calabria serve un ponte o quali altri "ponti"?

Il Ponte sullo Stretto è un’opportunità di crescita e sviluppo, da cogliere e connettere a una politica meridionalista vigorosa, organica, realmente partecipata dalle parti sociali. Il Ponte, se ben realizzato, può dare un impulso formidabile alla crescita economica e occupazionale non solo del Sud, ma di tutto Paese. Dare continuità territoriale alla penisola, superando l’isolamento della Sicilia, vuol dire creare le condizioni di un protagonismo forte del nostro Paese nella partita dell’integrazione euromediterranea. Una sfida fondamentale, tanto più in anni in cui l’intera Europa sarà chiamata a guardare sempre più a Sud nelle proprie dinamiche di crescita e nell’interscambio industriale, energetico commerciale. Dopo di che è del tutto evidente il progetto del Ponte va inserito in un disegno generale di politica di sviluppo delle aree sottoutilizzate. Dobbiamo spezzare le storiche diseconomie infrastrutturali che frenano una crescita autosostenuta: dal completamento della SS106, all’alta capacità sino a Reggio; dall’ammodernamento della ferrovia ionica, alla piena attivazione della ZES di Gioia Tauro. E poi, sempre a Gioia, la sfida davvero strategica di un rigassificatore assurdamente osteggiato, per decenni, dai soliti “professionisti del no”, e oggi più che mai essenziale per avvicinare l’Italia alla indipendenza energetica da Mosca. 

Quando è importante il dialogo con gli attori istituzionali del territorio? E con la Chiesa?

Le società complesse hanno bisogno del dialogo costante e strutturale tra le istituzioni e le parti sociali per affrontare con equità i nodi delle riforme. Senza il pieno coinvolgimento e la partecipazione del mondo del lavoro, gli obiettivi che il nostro Paese deve tagliare non verranno raggiunti. Anche a livello regionale e locale è indispensabile un raccordo forte ed una collaborazione costante tra le istituzioni e le espressioni della società civile. Ciascuno deve fare la propria parte per un obiettivo che si chiama crescita, lavoro, un fisco equo, giustizia sociale. Occorre rilanciare anche lo strumento dei Patti territoriali per l’attivazione rapida degli investimenti, il controllo stringente dei crono-programmi, la verifica delle ricadute economiche, sociali ed occupazionali di ogni intervento, con una lotta senza quartiere alla criminalità e al malaffare. Anche la Chiesa ha un grandissimo ruolo in questo processo sinergico di sviluppo, con la sua grande capacità di stare nelle periferie, di assistere concretamente i più deboli, di tenere alti i valori della solidarietà, partecipazione, sussidiarietà, accoglienza, inclusione sociale. 

Ha senso celebrare ancora il primo maggio?

Oggi più che mai! Il Primo Maggio è una giornata importante per ricordare che il lavoro è libertà, dignità, autonomia. Guai a dimenticare questi principi. Il lavoro è ciò che rende la persona davvero completa, che le permette di esprimersi, di contribuire al bene comune. Libertà e lavoro stanno insieme. Senza l’uno, non può esserci l’altra. Quest’anno celebreremo unitariamente il Primo Maggio a Potenza ed in tante piazze italiane ricordando la nostra Costituzione, a 75 anni dalla sua promulgazione, nella quale il lavoro grazie alla straordinaria visione dei nostri Padri costituenti, è il valore fondativo centrale, unificante tra le diverse generazioni e tra le diverse aree del Paese. Ed il sindacato è impegnato quotidianamente con ogni sua energia per contribuire a tutelarlo, a stabilizzarlo, a crearlo. La Cisl vuole guidare i cambiamenti e le trasformazioni economiche, sociali e produttive, con una visione partecipativa e non antagonistica, forte del suo radicamento nei luoghi di lavoro e nei territori, con una contrattazione moderna e una progettualità riformatrice che vuole mettere al servizio del Paese.

Primo Maggio, l'intervista al segretario generale della Uil Pierpaolo Bombardieri

Il segretario generale della Uil Pierpaolo Bombardieri non ha dubbi: «il lavoro – dice ad Avvenire di Calabria - non si crea per decreto, ma è il frutto di scelte lungimiranti di politica economica di cui, purtroppo, non si vede ancora traccia».

Segretario, partiamo dal dato al centro della preoccupazione dei vescovi nel loro messaggio per il primo maggio: un quarto della popolazione giovanile del nostro paese non trova lavoro, soprattutto al Sud. Quali risposte deve dare lo Stato?

Il lavoro - e, aggiungerei, il lavoro di qualità - che manca è una delle piaghe economiche del nostro Paese. Ne pagano le conseguenze soprattutto i giovani, costretti, spesso, ad accettare soluzioni precarie e condizioni che sono uno schiaffo alla dignità della persona. Il lavoro non si crea per decreto, ma è il frutto di scelte lungimiranti di politica economica di cui, purtroppo, non si vede ancora traccia. Servono, innanzitutto, investimenti infrastrutturali. Occorrono, inoltre, politiche industriali che valorizzino gli asset strategici, progetti formativi in sinergia con le prospettive di riqualificazione dei lavoratori e un mercato del lavoro che sappia davvero coniugare efficacemente domanda e offerta.

Infine, per sanare la ferita della precarietà, la Uil ha proposto un Patto, l’unico possibile, sul modello di quello sottoscritto in Spagna dove le parti sociali e il Governo hanno, di fatto, abolito i contratti a tempo determinato, limitandone l’uso a sole due casistiche: nell’ipotesi di picchi produttivi e per esigenze del singolo lavoratore. Purtroppo, in Italia, si stanno facendo scelte che vanno nella direzione opposta.

Ancora sulla questione lavoro al Sud. Il Pnrr può rappresentare un'opportunità o è già un'occasione persa?

Siamo molto preoccupati per come sta procedendo il percorso relativo all’attuazione del Pnrr. Il rischio che si trasformi nell’ennesima occasione persa, questa volta, sarebbe esiziale. Non ce lo possiamo permettere. Trovo assurdo e incomprensibile che si perdano risorse ingenti, indispensabili per lo sviluppo del Sud e per dare lavoro ai giovani. Il Sindacato, responsabilmente, è pronto a fare la propria parte ma, ancora una volta, il confronto con il Governo si limita a pochi incontri e poco producenti.  

Le morti bianche, un tema sempre attuale. Recentemente ha presentato la vostra campagna "Zero morti sul lavoro" a papa Francesco. Come "azzerare" questo fenomeno ancora drammatico?

Intanto, non le chiamerei più morti “bianche”, perché sono macchiate dal sangue rosso e innocente di coloro che al mattino si recano al lavoro e la sera non vi fanno più ritorno. Le conseguenze personali e sociali sono drammatiche: vite spezzate, spesso giovani, famiglie distrutte dal dolore e, il più delle volte, in balia di un futuro incerto. Noi crediamo che non ci sia ancora una consapevolezza collettiva dell’assoluta gravità della situazione.

Occorre risvegliare le coscienze ed è per questo che abbiamo avviato la nostra campagna “Zero morti sul lavoro” che, a tale scopo, ha coinvolto personaggi della cultura, dello spettacolo, dello sport. Abbiamo presentato la nostra iniziativa anche al Santo Padre che ci ha incoraggiato a proseguire lungo questa strada. Siamo convinti che sia, innanzitutto, una questione culturale e di “educazione”. Ecco perché abbiamo proposto di istituire una materia scolastica sul tema della salute e sicurezza sul lavoro. Bisogna puntare sulla formazione e sulla prevenzione, ma è necessario anche aumentare il numero delle ispezioni e degli ispettori e, inoltre, inasprire le sanzioni per chi, non avendo rispettato le norme sulla sicurezza, causa questi infortuni mortali.

Si chiede attenzione ai giovani, ma c'è anche un'altra parte di popolazione che necessita di cure e attenzioni. Cosa proponete?

La Uil è sempre stata molto attenta a coniugare le esigenze dei giovani con quelle degli anziani. Molte nostre iniziative hanno esattamente questo segno. Le pensionate e i pensionati spesso vivono in condizioni disagiate, se non di povertà assoluta. Dal punto di vista economico, dunque, anche per loro è necessario ridurre il carico fiscale e, al contempo, accrescere il livello delle forme di assistenza che connotano un sistema di welfare dignitoso. Gli anziani hanno bisogno di sicurezze, ma anche di sentirsi parte integrante del contesto sociale in cui vivono, al quale possono dare l’efficace contributo della loro esperienza di vita. Quello del cosiddetto “invecchiamento attivo” è un progetto che riteniamo indispensabile da attuare in un Paese civile e per il quale, insieme alla nostra Uil pensionati, ci stiamo battendo da molto tempo.

L'autonomia differenziata così com'è non la convince. Perché?

Dell’autonomia differenziata penso tutto il male possibile. Così com’è strutturata, non farà altro che acuire il gap tra il Nord e il Sud del Paese, con svantaggi per tutti. Per un progetto di sviluppo complessivo, prima di parlare di autonomia differenziata, serviva, innanzitutto, garantire al Mezzogiorno e alle Regioni che sono rimaste indietro parità di condizioni su una serie di questioni che sono garantite dalla Costituzione, come il lavoro, la sanità, l’istruzione, l’assistenza agli anziani. Oggi, in molte parti del Paese, molti diritti sono ancora negati: prima di parlare di autonomia differenziata, dunque, bisognerebbe mettere tutte le Regioni e tutti i cittadini sullo stesso piano.

Il Primo Maggio. Ha senso ancora celebrarlo?

«L’Italia è una Repubblica democratica fondata sul lavoro». Questo recita il primo comma del primo articolo della nostra Costituzione. Ma, oggi, il lavoro è, spesso, negato, povero, precario, oltreché sistematicamente ipertassato. E perciò ha senso celebrare il Primo Maggio, con ancor più determinazione. Noi dobbiamo convincere chi governa che è indispensabile, per uno sviluppo strutturale e generalizzato del Paese, restituire centralità, dignità e valore al lavoro. Ecco la ragione di fondo del Primo Maggio, che quest’anno è dedicato proprio ai 75 anni della Costituzione.


PER APPROFONDIRE: Vittime e incidenti sul lavoro, i settori più esposti in Calabria


Ecco il senso profondo della nostra mobilitazione che vedrà Cgil, Cisl, Uil scendere in piazza, insieme alle lavoratrici e ai lavoratori di tutta Italia, il 6 maggio a Bologna, il 13 a Milano e il 20 a Napoli. Il Sindacato ha delle proposte per la crescita del Paese e su queste vuole confrontarsi con le Istituzioni, proseguendo nel suo impegno a difesa e tutela dei diritti e degli interessi delle lavoratrici, dei lavoratori, dei pensionati e dei giovani.

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