Avvenire di Calabria

Nella chiesa di San Domenico, "il momento di preghiera e di comunione tra i gruppi reggini, nello stile caloroso dell’accoglienza che don Tonino ha offerto"

Reggio, la Giornata del malato vissuta da Rinascita Cristiana

Antonia Cogliandro

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La Giornata Mondiale del Malato è stata vissuta quest’anno dal Movimento di Rinascita Cristiana di Reggio presso la chiesa di San Domenico con un momento di preghiera che si è concluso con la S. Messa celebrata dal parroco, don Tonino Sgrò, assistente di uno dei gruppi, e animata dai gruppi di Rinascita insieme alla “Schola Cantorum Nostra Signora di Lourdes”. La preghiera si è prolungata con l’adorazione eucaristica prevista nel programma parrocchiale, con intercessioni particolari per i sofferenti.
È stato un momento di preghiera intenso e di comunione tra i diversi gruppi reggini, nello stile caloroso dell’accoglienza che don Tonino ha voluto offrire, ma soprattutto l’occasione per tutti di riflettere sul proprio impegno, secondo quanto lo stesso papa Francesco ha chiesto nel suo messaggio per la Giornata, verso una «coerenza tra il credo professato e il vissuto reale», ancora più urgente e necessaria in questo tempo di pandemia: il brano evangelico cui è ispirato il tema della giornata critica «l’ipocrisia di coloro che dicono ma non fanno», e «offre un modello di comportamento del tutto opposto all’ipocrisia. Propone di fermarsi, ascoltare, stabilire una relazione diretta e personale con l’altro, sentire empatia e commozione per lui, lasciarsi coinvolgere dalla sua sofferenza fino a farsene carico nel servizio».
Meditando su queste parole del papa, il Movimento di Rinascita Cristiana reggino ha risposto a questo appello con la comunione che, dalla preghiera, vuole attingere la forza del proprio impegno, nella preghiera chiede la capacità di non ripiegarsi su sé stessi, sulla propria efficienza, ma piuttosto vuole incontrare lo sguardo di Dio per incontrare quello dell’altro, del sofferente. «Vuole immergersi in tutte le situazioni di sofferenza e di fragilità umana, non sfuggire da questa situazione scomoda della malattia ma guardare invece in faccia la realtà, senza passare oltre, proprio come il buon samaritano della parabola, per curarne le ferite con i mezzi di cui dispone, a partire dal proprio tempo, per prestare l’attenzione di ciascuno, per curare soprattutto i mali dell’anima, le ferite più nascoste, quelle che si curano con le terapie dell’amore, della condivisione, della solidarietà».
La consapevolezza che ad essere malate sono, in questo tempo di emergenza pandemica, soprattutto le relazioni umane, ha guidato le riflessioni sulla situazione di “malattia” che a vari livelli sta investendo le persone e la società: «La pandemia, che ha costretto i governi ad interventi drastici che hanno modificato gli stili di vita personali ed i comportamenti collettivi, non solo ha evidenziato le contraddizioni del sistema sociale vigente, ma ha messo più radicalmente sotto processo la presunzione di onnipotenza prometeica dell’uomo contemporaneo. I segnali del limite di questa visione dell’agire umano, che si sono fatti sentire da tempo, la consapevolezza del rischio ed il silenzio surreale delle nostre città, sono ormai un invito a ripensare alla necessità di un cambiamento di mentalità nelle gerarchie dei valori e nel rispetto dell’ambiente. Ma dietro ai grafici delle statistiche ci sono le persone, non i numeri della cronaca, persone che soffrono, testimoni, spesso inconsapevoli, della fragilità umana, che rende vulnerabili e invece dovrebbe farci parlare con il linguaggio della sensibilità, fatto di dolcezza e comprensione. La tempesta di questi momenti che stiamo vivendo smaschera la nostra vulnerabilità e lascia scoperte quelle false e superflue sicurezze con cui abbiamo costruito le nostre agende, i nostri progetti, le nostre abitudini e priorità. Abbiamo pensato di rimanere sempre sani in un mondo malato».
All’interrogativo di fondo «Ora che siamo nella paura e nella sofferenza ci appelliamo alla solidarietà, giustamente convinti che nessuno si salva da solo, ma abbiamo imparato anche ad offrirla agli altri?» il movimento di Rinascita Cristiana risponde con il piano nazionale di lavoro di questo anno associativo 2020 – 2021 dal titolo eloquente: "Sui sentieri della speranza” per essere “donne e uomini costruttori di futuro”. Se essere parte della comunità ecclesiale è già una dimensione pubblica della fede, questa è emersa con forza e modalità nuove, da proseguire in questo anno come riflessione e da testimoniare nelle nuove situazioni come impegno di cristiani portatori di solidarietà e di speranza.

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