Avvenire di Calabria

Un nuovo studio getta nuova luce sui natali del santo calabrese del decimo secolo

San Nicodemo, monaco di Calabria, è originario di Sikròs

Nuove scoperte da un documento d’archivio del 1696

Maria Francesca Carnea *

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Lo studio di fonti mette in luce come spesso, nel passato, errate interpretazioni o affermazioni approssimative, abbiano indotto molti studiosi in errori che si sono tramandati nel tempo, condizionando una più autentica lettura della storia. È necessario poter andare oltre quegli elementi che la pietà popolare ha introdotto nel corso dei secoli narrando fatti tramandati, spesso oralmente, la gran parte dei quali amplificati o minimizzati dalla spinta emozionale. Ogni opera ha il suo tempo adatto, dice il sapiente Salomone. Ciò che si compie fuori tempo non solo non ha efficacia, ma addirittura riesce riprovevole; di conseguenza, invece, è assai chiaro che qualunque cosa buona collocata nel suo proprio ambito, sia utile.  Inizia così il Sermone sulla vita del santo padre nostro Nicodemo ad opera dell’umile monaco Nilo. Forse questo, quindi, è il tempo adatto per tributare giusto onore al Santo Padre Nicodemo, è questo il tempo attraverso cui la terra di Calabria si accomodi, con gratitudine e ossequio, a porgere dovuto tributo a un suo figlio che, come genuino germoglio ha saputo rendersi fecondo in spirito, alto in virtù umana, protettore dei giusti, amorevole verso quanti di lui, già in vita, riconoscendone prodigi, potenza e carità, lo hanno venerato.

Di S. Nicodemo, la vita è conosciuta grazie al sopra citato Sermone ad opera dell’umile monaco Nilo, del monastero delle Saline o di S. Elia il Giovane, composto in greco nel XII secolo. Esso fu trascritto nel 1307 da un monaco siculo-greco del Monastero del SS. Salvatore di Messina, di nome Daniele. La copia originale, quella scritta dal monaco Nilo, è andata perduta, la trascrizione del monaco Daniele è conservata nel Codice Messinese presso la Biblioteca Universitaria di Messina. Il manoscritto è un’opera celebrativa che faceva parte di una raccolta di Vite di Santi o Discorsi per le loro ricorrenze, in uso dei tempi, ed era stato riprodotto per essere letto ai monaci della comunità nel giorno della festa del Santo, il 12 marzo, giorno della sua nascita al Cielo. Leggiamo in Apollinare Agresta: Giunto per ultimo al termine della sua pellegrinatione … avvenne li 25 di Marzo circa l’anno del Signore 990 dell’età sua 90. E perché detto giorno suol accadere ben spesso nella Settimana Santa, nella quale non può celebrarsi la festività del Santo; per ciò fu stabilito di farsi detta solennità il 12 del detto Mese di Marzo, come già si costuma con universali espressioni d’affetto e divotione di tutta la Terra di Mammola, e paesi vicini. [Cf. Vita di S. Nicodemo, Cap. XII, pp. 102-104].

Ci apprestiamo a penetrare l’aspetto che più d’ogni altro, è stato oggetto di lunghe controversie: il luogo di nascita di S. Nicodemo. 

Giovan Francesco Pugliese, nel suo Della Descrizione ed Istorica Narrazione dell’origine e vicende politico-economiche di Cirò, scrive che Nicodemo nasce a Ypsicron - antico nome di Cirò - Di lui si gloria ed onora Mammola, Cirò e la Calabria. Nel 7 dicembre 1737 ottenne Breve dal Pontefice Clemente XII colla conferma della dichiarazione di cittadino, e Santo protettore fattane da Papa Urbano VIII nel 3 marzo 1630. [Cf. Vol. I, pp. 200-201]. Tuttavia non sappiamo la fonte da cui attinse la notizia. Ergo: è inesatto quanto Pugliese riporta circa notizie di un Breve di Papa Urbano VIII datato 23 marzo 1630; questo breve non riguarda l’elezione di S. Nicodemo a Protettore di Cirò, ma l’istituto del Patronato dei Santi in genere, che tale Papa volle disciplinare stabilendo: che il Santo da eleggere come Patrono fosse canonizzato; che l’elezione fosse fatta dal popolo col consenso del Vescovo e del clero; che l’elezione stessa fosse approvata dalla S. Congregazione dei Riti. [Cf. Giuseppe Gallucci, Sikros, terra natale di s. Nicodemo, in Bollettino della Badia Greca di Grotteferrata, n.s. XXXV (1981), p. 192]. Troviamo scritto nel testo di G. F. Pugliese: Nel rione del Portello antico Girifalco, ed antichissimo Ypsicron esisteva la Chiesa dedicata a S. Pietro Apostolo. Questa è andata in rovina; ma vi sorge poco discosta una chiesetta che la famiglia Terranova per divozione ha cominciato ad edificare sulle sdrucite mura della casa in cui nacque il nostro concittadino e Protettore S. Nicodemo Abate. Ma, anche qui, non ci dice da dove attinse la notizia riguardo la casa in cui presume nacque il Santo. 

Circa il tema del luogo di nascita di S. Nicodemo, vi è un documento prezioso - atto del notaio Giuseppe Fortuna del 14 gennaio 1696 -, che si trova nell'Archivio di Stato di Catanzaro, da fogli 1-2v del relativo protocollo. D. Carlo Francesco Spinelli, Principe di Tarsia e Marchese di Cirò - il Feudo di Cirò nel 1569 venne messo in vendita e acquistato dalla famiglia Spinelli di origine napoletana [Cf. G. F. Pugliese, Della Descrizione ed Istorica…, p. 179] -, avanti al notaio, al regio giudice e ai testimoni, presenta una reliquia, cioè una mascella con due molari del Corpo di S. Nicodemo, abate basiliano che visse nella terra di Mammola. (Il testo per esteso nell'articolo*).

Trattandosi di un Santo cui molti si rivolgono per ottenere miracoli e che per giunta si diceva cittadino di Cirò, detto Principe, volendo anche dimostrare il suo ‘paternum affectum’ verso questa cittadina, promette di consegnare la sopradetta reliquia ai suoi abitanti; la consegna avverrà purché la reliquia stessa venga custodita in una ‘capsula argentea’ che sarà donata dal medesimo Principe, da chiudersi con due chiavi diverse e da tenersi nella chiesa matrice in un luogo idoneo alla venerazione; le due chiavi dovranno rimanere in possesso, rispettivamente, dell’arciprete e del sindaco. Il popolo di Cirò, all'unanimità decide di proclamare S. Nicodemo suo Protettore e Patrono. (doc. per esteso*). Allegata al documento notarile è la lettera autografa, che si trascrive, del Padre Apollinare Agresta, Abate Generale Basiliano, diretta all’“Ecc.mo Signor Principe di Tarsia”, cioè a D. Carlo Francesco Spinelli, che appunto gli aveva chiesto la reliquia dell’osso mascellare: Messina 15 Agosto 1695 (doc. per esteso*). Altri due documenti sono riportati sull'autenticità della reliquia in questione, e sulla profonda devozione a S. Nicodemo. Segue, ancora, l’esposto del sindaco dei nobili di Cirò, (doc. per esteso*), diretto a D. Francesco Verchio, vicario generale della diocesi di Umbriatico, a quel tempo dimorante nel palazzo vescovile di Cirò. Il vicario diocesano, visti gli attestati sull'autenticità della reliquia prelevata dal Corpo di S. Nicodemo, custodito nel monastero basiliano di Mammola e sulla venerazione verso tale Santo, in data 14 gennaio 1696, dal palazzo vescovile di Cirò, concede il suo beneplacito su quanto sopra richiesto dal sindaco. (Testo riportato*).

Dall'Archivio di Catanzaro un dato risulta veritiero: la consegna dell’osso mascellare, avvenuta nel 1696, il che si verifica per interessamento del feudatario del tempo, il Principe D. Carlo Francesco Spinelli, legato ai suoi sudditi di Cirò da un particolare affetto, e non a titolo di transazione tra le due Università, di Cirò e Mammola e, cioè, come conclusione di un processo che mai ci fu per la custodia delle spoglie mortali di S. Nicodemo. E, come risulta dal documento, la proclamazione di San Nicodemo a Patrono e Protettore di Cirò, risale al 14 gennaio 1696.

Ne consegue che, la tradizione che vuole S. Nicodemo nativo di Cirò non è antichissima, perché affonda le sue radici nella seconda metà del XVII secolo; a comprova di ciò, concorre un altro fatto. Dal documento notarile, più volte citato, risulta chiaramente che il popolo di Cirò volle proclamare S. Nicodemo suo Patrono e Protettore proprio perché convinto che fosse suo concittadino - [come si evince dai testi riportati*]. Per cui si può dedurre che il popolo stesso non era a conoscenza di questo dato della cittadinanza almeno fino al 1663, anno in cui elesse S. Antonio di Padova a suo Protettore e, per giunta, dopo che nel 1634 aveva già eletto un altro Santo Patrono, cioè S. Francesco di Paola.

Ora, come emerge dal documento d’archivio, nel 1696 san Nicodemo era considerato cittadino di Cirò. Da dove si apprese che fosse nativo di Cirò? La risposta è data dal libro di Apollinare Agresta, Vita di S. Nicodemo Abbate dell’Ordine di S. Basilio Magno. Prima del 1677, la notizia di Nicodemo cittadino di Cirò non era conosciuta. Tanto è vero che, Gabriele Barrio nel 1571, in De antiquitate et situ Calabriae, parla di S. Nicodemo di Locri, e Girolamo Marafioti nel 1601, in Croniche et Antichità di Calabria, scrive: è stato nativo cittadino Locrese il Beato Nicodemo monaco dell’ordine di S. Basilio; e ancora, ricorda Gallucci, nel 1630 Paolo Gualtieri, in Glorioso trionfo over Leggendario dei Santi di Calabria, lo menziona come S. Nicodemo di Mammola. Se a tali studiosi, ai loro tempi, fosse stato noto che S. Nicodemo era originario di Cirò, senz’altro l’avrebbero riferito, come pure ne avrebbe dato notizia Ottaviano Pasqua, vescovo di Gerace che, invece, ebbe modo di indicare S. Nicodemo come cittadino di Gerace - Civis …Hieracensis fuit - nell’Editto che emanò nel 1588 in occasione della seconda traslazione delle reliquie del Santo e, cioè, dalla chiesetta di S. Biagio, che sorgeva presso l’abitato di Mammola nell’attuale cimitero, alla nuova chiesa abaziale costruita nel 1583. Lo stesso Editto è anche riportato nel testo di Apollinare Agresta, e Agresta stesso, lo riporta.

Dove, quindi, l’Abate Agresta apprese la notizia che Nicodemo fosse nativo di Cirò?

Egli consultò l’originale del Logos, che purtroppo oggi risulta disperso. Esiste una copia imprecisa, piena di errori, scritta dal calligrafo Daniele nel 1308, che si trova nel codice 30 della biblioteca universitaria di Messina. Nell'originale dell’antico manoscritto, Agresta lesse - e si legge anche nella copia dell’ateneo messinese - che S. Nicodemo nacque nelle Saline (en salinais), in un villaggio denominato Sikròs. Nel 1600 si sapeva che Cirò nel passato era detta Ipsycrò o Psycrò; tale denominazione era ancora ricordata nel XVI secolo; si sapeva pure che non lontano da tale cittadina, esistevano le saline del fiume Neto; d’altra parte non si avevano notizie del villaggio di Sikròs che ‘non figurava nemmeno nell'elenco delle località distrutte o sparite’. In questo stato di cose l'Agresta, in perfetta buona fede, fu indotto ad identificare Sikròs con Psycrò e le Saline del fiume Neto con le Saline menzionate nel Logos di S. Nicodemo.

Nel 1954 Giuseppe Schirò tradusse dal greco e pubblicò la Vita di S. Luca, vescovo di Isola Capo Rizzuto, il cui manoscritto, composto fra il 1116 e il 1120, si conserva nel codice 29 della biblioteca universitaria di Messina. A pg. 85 del testo, nella versione italiana, si legge questa precisa indicazione sull'ubicazione del territorio delle Saline: “Nella regione calabra delle Saline (Chora Salinòn) vi è un paese chiamato Melicuccà”, cioè la patria di S. Luca; quindi le Saline si trovavano nell'attuale provincia di Reggio Calabria, nel versante del mar Tirreno. Ma perché si avesse piena convinzione dell’errore geografico commesso dall'Agresta, bisogna aspettare fino al 1962, anno in cui Giuseppe Rossi Taibbi pubblicò il testo greco del Bios di S. Elia il Giovane, che costituisce una pietra miliare nel campo dell’agiografia bizantina. L’autore dopo aver esaminato le varie fonti storiche in cui è menzionata la regione delle Saline - Vita di S. Elia il GiovaneVita di S. Luca d’IsolaVita di S. FilaretoVita di S. NicodemoVita di S. Elia lo SpeleotaLe cronache di Goffredo Malaterra, un cronista normanno del secolo XI -, conclude che il territorio delle Saline corrispondeva al circondario di Palmi, per cui il villaggio di Sikròs, ricorrente pure in due passi della Vita di S. Elia lo Speleota, non può essere identificato con Cirò sul versante del mar Ionio. Inoltre, che le Saline ricorrenti nelle agiografie sopra indicate, non sono quelle del Neto, lo conferma anche il fatto che queste ultime, sin dai tempi antichi, vengono indicate con la specifica ‘del fiume Neto’ -salina Neti-, specifica che non esiste nelle agiografie medesime. (Registri della Cancelleria Angioina ricostruiti da Riccardo Filangieri, Napoli, 1967, p. 106, anni 1266-1270: “Mandatum pro abbate et conventu monast Floris, qui exponerunt debere consequi unc. Auri X super salina Neti annis singulis”). In Vita di san Nicodemo di Kellerana, Melina Arco Magri scrive: nel bios si legge che la famiglia del Santo dimorava in Saline, in un villaggio chiamato Sikròs. Si trattava di un borgo della Valle delle Saline, vale a dire dell'attuale Piana di Gioia. Sikròs sorgeva nei pressi di Palmi, nella località denominata Sigrò. Nel volume Storia dell’Italia bizantina (VI-XI): da Giustiniano ai Normanni, di Salvatore Cosentino, è menzionato Nicodemo di Cellerana, senza alcun riferimento a Cirò, ma si afferma che fosse nato a Sigrò presso Palmi, nella Calabria Citeriore. Se quanto esposto non fosse sufficiente a fugare ogni residuo dubbio, giungono opportune 47 pergamene greche del periodo 1050-1065, relative alla diocesi di Oppido, pubblicate dallo storico francese André Guillou nel 1972 (La Théotokos de Hagia-Agathè, Oppido, -1050-1064-1065-, Città del Vaticano, 1972): in esse figurano cinque atti di donazione riguardanti beni situati nel villaggio di Sikròs, nella regione delle Saline (eparchia Salinòn); tale regione, in linea di massima, corrisponde all'area geografica - circondario di Palmi - proposta da Rossi Taibbi, come si può evincere dal confronto delle cartine geografiche pubblicate dai due studiosi.

Da ciò deriva che S. Nicodemo è originario di Sikròs. 

Superata la questione ‘nascita’, rimando all'articolo* riguardo la narrazione della sua vita, e i numerosi prodigi.

Va da sé che la preziosa potenza benedicente di S. Nicodemo continua a vegliare sul territorio di Cirò (KR), cittadina che si pregia e custodisce sua Reliquia autentica. La presenza spirituale del Santo nel territorio di Cirò, valica ogni desiderio di arroccarsi a una tradizione che ha portato avanti un credo, in assoluta buona fede, ma che necessita di convertirsi al lavoro di attendibilità della storia, senza nulla togliere alla devozione che semmai si arricchisce. Un tributo che diventa nota di merito per la Cittadina di Cirò che onora altresì il Santo Patrono e Protettore Nicodemo. È dalla conversione del cuore, da una presa di coscienza, che scaturisce la sollecitudine per l’uomo di avvertire, come onere, l’impegno per prodigarsi verso l’umile servizio alla verità, alla storia. Un impegno culturale, non sorretto da valori interiori, è debole.

Ringrazio S. Nicodemo, cui rimango vivamente grata: mi ha dato la forza, quando sono entrata nella profondità della sua conoscenza, e invito tutti ad entrarci, mi ha dato la forza di capire che i diletti umani sono diversi, gli interessi particolari anche, che il limite umano è abissale, ma che il dato spirituale, la luce di intelletto che si accende in purezza, riesce a convogliare il vero del cuore e la compiutezza dell’intendere, e sa coglierne contenuto di senso intero e mai interessato.

Maria Francesca Carnea è docente di Sociologia e spiritualità della comunicazione politica e Comunicazione filosofica e spiritualità al Pontificio Ateneo Sant' Anselmo di Roma

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