Avvenire di Calabria

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Mimmo Nunnari

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Con i suoi cento mestieri, i viaggi per l’Italia e l’Oriente, i Papi, i re e gli imperatori incontrati, la vita di Cassiodoro - filosofo, erudito e mistico calabrese - sembra una perfetta sceneggiatura di un’epoca “terribile”, e comunque tra le più interessanti della storia d’Europa. Fu denominato, il «Leonardo dell’Alto Medioevo» e Benedetto XVI, nella sua catechesi sui Padri della Chiesa, lo descrive come «uomo di alto livello sociale, che si dedicò alla vita politica e all’impegno culturale, come pochi altri nell’Occidente romano del suo tempo». Forse, gli unici che gli potevano stare alla pari, in questo suo duplice interesse, furono Boezio e il futuro papa di Roma Gregorio Magno, dirà ancora Ratzinger. La Chiesa di papa Francesco, poi, aprendo il processo della causa di beatificazione, e chiamandolo Servo di Dio, Cassiodoro lo ha fatto nostro contemporaneo e maestro di vita, come sottolineano Alessandro Ghisalberti e Antonio Tarzia, curatori del volume “Cassiodoro primo umanista” (introduzione di Franco Cardini, edizioni Jaca Book, pagine 205, euro 20). Il libro è composto di più contributi che raccontano il Cassiodoro poliedrico: cittadino europeo ma anche uomo di Stato, cancelliere di Teodorico, fine letterato, biblista profondo, primo umanista, amato e studiato dai più colti e liberi spiriti, nonostante la sua fama passasse attraverso alterni giudizi, salutato come salvatore della cultura classica occidentale, o ridotto al ruolo di semplice comprimario, in altri momenti. Oggi, però, dice Franco Cardini nell’introduzione al volume, la critica storiografica ha riassegnato a Cassiodoro il ruolo che merita, nella storia del suo tempo, e i saggi riuniti nel libro lo dimostrano. Molto si deve, per la nuova luce su Cassiodoro, a don Antonio Tarzia, uno dei curatori del libro: sacerdote cresciuto alla scuola del beato Alberione, il fondatore della Famiglia Paolina, già direttore generale delle edizioni San Paolo, di Jesus e del Giornalino. Tarzia vive a Milano da più di mezzo secolo, ma è calabrese mai sradicato dai suoi luoghi; è originario di Amaroni. Il suo amore, “intenso e spregiudicato”, per Cassiodoro, è antico. «È un personaggio che ogni quattro settimane compariva nella mia lettura del breviario con frasi di profonda spiritualità», dice don Antonio ricordando i primi anni di quando aveva preso messa, e cominciava a studiarlo. Su una cosa, sono tutti d’accordo nell’approfondire gli studi su Cassiodoro; che era essenzialmente uomo del libro, promotore di cultura e spiritualità, editore e fondatore di biblioteche e monasteri. La lettura, è l’inizio e il fondamento di ogni attività della sua mente. Quando fondò il Vivarium, a Squillace, lo organizzò come una comunità di studio rivolta alla trascrizione di libri, convinto così di garantire alla generazioni future l’accesso al patrimonio di pensiero e di conoscenza in essi custodito. Voleva che i libri che uscivano dal Vivarium fossero non solo corretti, ma anche belli. Al termine della sua esistenza (visse fino a 93 anni) fu lui stesso a comporre una sorta di epitaffio, che si legge nella sua opera De orthografia: «Addio, fratelli. Ricordatemi nelle vostre preghiere. Ho scritto questa breve guida all’ortografia e ho preparato copiose istruzioni per l’interpretazione delle Scritture. Così come ho cercato di strapparvi alle schiere degli incolti, possa il potere divino sottrarci a una comune punizione con i malvagi». Non c’è dubbio, che Cassiodoro, col suo itinerario eccezionale di vita e santità, dedicata interamente all’attività intellettuale e religiosa, divenne l’unica luce del suo tempo e punto di riferimento nei secoli tristissimi che si aprivano.

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