Infrastrutture, Reggio Calabria attende la nuova 106
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Statale 106, Gemma e Antonio Trento sulla strada dei diritti. Dal 2003 convivono col dolore della tragica perdita del figlio sulla Statale 106. Dallo strazio è partito il loro impegno sociale. Dopo sedici anni, nel 2019, la famiglia ha vinto la battaglia giudiziaria con Anas. Il giudice, infatti, definisce fuori norma la curva dove avvenne l’incidente a Cariati.
I Vigili del fuoco stanno faticando a estrarre i corpi senza vita di Giuseppe e Claudio, caduti a pochi passi dalla chiesa parrocchiale di Cariati. È la notte del 30 dicembre 2003. Due giovani sono morti sul corpo dopo essere caduti da un ponte - detto “Molinella” - sprovvisto di guard rail. Gli altri due ragazzi in macchina - che viaggiavano lato passeggeri - si sono salvati. Proprio sotto il “Molinella” c’è un ex Centro sociale trasformato in edificio di culto. Un luogo familiare per Giuseppe e la sua famiglia.
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I genitori si sono formati alla scuola di Chiara Lubich e, per diversi anni, sono stati i responsabili della Pastorale familiare della diocesi di Rossano-Cariati. Mentre i pompieri tagliano le lamiere dell’automobile accartocciata, Gemma e Antonio Trento, mamma e papà di Giuseppe, decidono di entrare in chiesa.
«Abbiamo capito che non c’era più niente da fare e abbiamo offerto la sua vita affinché le cose in Calabria cambiassero», ci racconta il professor Trento. Da quell’episodio tragico, il più straziante per un genitore che deve assistere impotente alla morte di un figlio, è nata l’associazione “Capodanno in Paradiso” che si occupa costantemente di sicurezza stradale. Le famiglie delle vittime dell’incidente del 30 dicembre 2003, poi, si sono costituiti in giudizio contro Anas e Comune di Cariati, ottenendo 16 anni dopo - nel 2019 - una sentenza «inaspettata» come la commenta lo stesso Antonio Trento.
«Non ce l’aspettavamo più: il giudice ci ha dato ragione. Tra i vari rilievi evidenziati è che la curva prima del ponte Molinella è stata considerata “fuori norma”». Una sentenza storica che, non solo solleva Giuseppe da ogni profilo di responsabilità, ma che sottolinea l’urgenza di porre rimedio a problemi strutturali sulla Statale 106: «Sono anni che continuiamo le nostre battaglie, senza grandi soluzioni. Speriamo nella nuova SS 106 e nella velocità limitata nei centri cittadini a 30 km/h», aggiunge Antonio Trento.
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L’ultimo ricordo del papà è per il figlio morto sulla strada e sulla sua passione per l’automobilismo: «”In pista si può correre, in strada si cammina” ripeteva sempre». Oggi l’associazione “Capodanno in Paradiso” è impegnata in tantissime attività, tra cui un concorso destinato a tutti gli studenti dei comuni attraversati dalla SS 106.
Accanto a questa iniziativa pensata per gli studenti dalla scuola primaria alla secondaria di secondo grado, c’è un sogno - al momento - che è un parco dedicato proprio alla cultura della sicurezza stradale. Idee in movimento, tante. La storia di Gemma e Antonio rappresenta un raggio di luce tra le tenebre di una Calabria, eterna incompiuta. Proprio come la Statale 106. Ma l’impegno della famiglia Trento invita tutti ad alzare gli occhi e puntare ai migliori orizzonti possibili.
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