Avvenire di Calabria

Tra studio, cultura e spiritualità. In Ateneo con consapevolezza

Gianmarco Mancini, presidente nazionale Fuci: «L’impegno accademico deve essere interpretato come percorso "vocazionale"»

Mara Tessadori

Share on facebook
Share on twitter
Share on whatsapp
Share on telegram
Share on facebook
Share on twitter
Share on whatsapp
Share on telegram

«La Fuci mi ha permesso di vivere l’esperienza universitaria in un’ottica completamente diversa da quella con cui inizialmente mi ero approcciato a questo mondo». A parlare, in esclusiva per L’Avvenire di Calabria, è Gianmarco Mancini, presidente nazionale della Fuci, nei giorni scorsi a Reggio Calabria per la celebrazione del 67° Congresso Nazionale.
«Quando si entra in Ateneo, ci racconta, si rischia di passare da un’aula a un’altra, tra lezioni e ore di studio, in attesa esclusivamente della data del- l’esame. Il gruppo Fuci de L’Aquila, dove studio, mi ha accolto permettendomi di integrare lo studio personale delle materie d’indirizzo con l’approfondimento culturale a 360°, avvicinandomi in questo modo anche a tematiche che non avevo mai posto tra le mie priorità fino a quel momento, oltre che al pilastro fondamentale: la fede.
Da qui proviene l’attenzione per lo studio non finalizzato esclusivamente all’esame, ma alla realizzazione di un bagaglio per la vita».

Perché avete scelto di descrivere nel titolo del Congresso gli Universitari come “confusi, connessi e innovativi”?
Abbiamo creato un climax ascendente con questi tre termini che vogliono descrivere come i giovani si sentono e come spesso sono. Confusi perché le possibilità spesso sono tantissime e non sempre è facile trovare una bussola per orientarsi, sia in entrata all’Università sia in uscita.
Connessi è l’aggettivo che più viene usato per descrivere la nostra generazione: si dice che lo smartphone ormai sia considerato come una parte del corpo. Innovativi perché, nonostante le difficoltà nel trovare un posto nel mondo, la nostra generazione non si arrende mai e cerca di creare sempre qualcosa di nuovo per migliore se stessi e ripensare la società nella quale viviamo.

Quale testimonianza di fede si può dare in Università come cattolici?
All’interno delle aule, a lezione, nei corridoi dei nostri Atenei non sempre è facile testimoniare ciò in cui si crede, non sempre è facile capire quale sia il modo migliore per trasmettere ciò che siamo. Fare evangelizzazione significa testimoniare coi piccoli gesti cosa per noi è fondamentale: a volte basta un segno di croce nella mensa universitaria per suscitare qualcosa in chi ci sta di fronte, anche una semplice domanda dalla quale può nascere un confronto su cosa la fede ci dà. Penso che la disponibilità di ascolto, di aiuto e di confronto possano essere le basi da cui partire per essere veri testimoni del nostro credo. Chi ci sta a fianco spesso ha solo bisogno di creare relazioni. Per permettere che il luogo che viviamo ogni giorno diventi veramente Casa, c’è la necessità di creare un clima di accoglienza.

Quanto il tema della scelta vocazionale è fondamentale per un giovane studente?
Quando si dice “scelta vocazionale” troppo spesso si pensa alla decisione di intraprendere il cammino per il sacerdozio o per prendere i voti. Bisogna innanzitutto ricordarsi che la vocazione può essere qualsiasi cosa e che è ciò che ci permette di sentirci realizzati nella nostra vita. Quindi ritengo che sia un tema estremamente fondamentale per un giovane studente che si trova a fare i primi passi per la costruzione del proprio futuro, sia in senso lavorativo sia nel senso di costruzione della propria vita relazionale ed esperienziale.

Come ti ha arricchito l’esperienza della Presidenza Nazionale Fuci?
La Presidenza Nazionale Fuci è stata per me una palestra di vita. Si impara a fare tantissime cose, si impara l’ecletticità, ma soprattutto si cresce in una comunità. Si impara a conoscere la ricchezza del nostro paese: è un incrocio di culture che si incontra e sottolinea la sensibilità e i talenti di ciascuno. Questa esperienza mi ha permesso di crescere in ogni aspetto e di imparare quali siano i miei limiti e i miei pregi. S’impara a coordinarsi tra studio e attività federative. Si fa un’esperienza di fede personale e comunitaria e di testimonianza del proprio credo e dei propri valori, vissuto nell’ottica dello spirito di servizio.

Articoli Correlati