Avvenire di Calabria

Dopo il colpo inferto recentemente dalla Procura di Catanzaro, un'altra importante operazione viene messa a segno da Carabinieri e Procura di Reggio Calabria

Gestivano il passaggio dei migranti dall’Italia all’Europa, arrestati in quattro

L'inchiesta ha fatto luce sui traffici di esseri umani sbarcati nel reggino verso altri Paesi centro-europei

di Redazione Web

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Dopo il colpo inferto recentemente dalla Procura di Catanzaro alla rete della tratta di esseri umani, lungo la tratta che dai Balcani conduce ai porti italiani, un'altra importante operazione, in terra europea, viene messa a segno dai Carabinieri e dalla Procura della Repubblica di Reggio Calabria.

Tratta di esseri umani, la rete europea dei trafficanti

L'operazione eseguita dai carabinieri del comando provinciale di Reggio Calabria, con la collaborazione di altre forze di polizia europee, ha consentito di far luce su una rete di trafficanti di esseri umani operante su l territorio italiano ed europeo. Avrebbero intercettato gruppi di migranti sbarcati in provincia di Reggio Calabria per essere trasportati vero il nord e centro Europa, ad un costo ulteriore alla somma già spesa per staccare il ticket legato ai viaggi via mare.


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In tutto 4 le persone arrestate, tra Francia e Germania, a conclusione delle indagini coordinate dalla Direzione distrettuale antimafia di Reggio Calabria, diretta dal procuratore Giovanni Bombardieri. Gli arrestati, tutti di cittadinanza afghana, sono ritenuti a vario titolo responsabili di favoreggiamento pluriaggravato dell’immigrazione clandestina e di esercizio abusivo dell’intermediazione finanziaria. Sono stati sequestrati, inoltre, il veicolo utilizzato per il trasporto dei migranti e il denaro profitto del reato.

Tre dei destinatari dei provvedimenti restrittivi sono stati arrestati in Francia, a La Rochelle ed a Marsiglia, ed uno in Germania, ad Hanau. In particolare, si sarebbero resi responsabili di trasportare, con destinazione per lo più il nord Europa, migranti sbarcati sulle coste calabresi dopo aver compiuto già lunghi viaggi della speranza dai paesi d'origine.

Nell'ambito della stessa indagine, denominata "Parepidemos", i carabinieri hanno sequestrato un furgone che sarebbe stato utilizzato per il trasporto dei migranti ed una somma di denaro provento del traffico di esseri umani.

La collaborazione delle forze di polizia europee e dell'Eurojust

L'inchiesta della Dda di Reggio Calabria che ha portato agli arresti si è sviluppata attraverso i canali di cooperazione internazionale, con particolare riguardo a Eurojust, sul lato giudiziario, che ha coordinato le attività di indagine a livello europeo, comprese le intercettazioni e le rogatorie internazionali.

Ha fornito, inoltre, il proprio contributo anche l'Europol, che ha supportato gli investigatori italiani mettendo a disposizione le banche dati in uso all'Ufficio europeo di polizia.

Con i carabinieri, guidati dal colonnello Massimiliano Galasso, che guida il Reparto operativo del Comando provinciale di Reggio Calabria, hanno collaborato, in Germania, il Direttorato per la lotta al crimine della Bundespolizei e, in Francia, la Police nationale e le Brigate mobili di ricerca della Direzione centrale della polizia di frontiera di Bordeaux e Marsiglia.

Quella strana presenza presso un centro di prima accoglienza a Bova Marina

Le indagini hanno preso il via nel 2020, quando, a seguito dell’innalzamento del numero di sbarchi di migranti registrato sul litorale reggino, in particolare sulla costa ionica, i Carabinieri avviano una manovra informativa, finalizzata a verificare gli elementi di convergenza di tale fenomenologia, attesa la probabile sussistenza di una rete di trafficanti di esseri umani.

L’attenzione dell’Arma, attraverso le Stazioni territoriali, si è concentrata sui movimenti dei migranti successivi allo sbarco, allorquando – in ragione dell’allora vigente emergenza epidemiologica – venivano posti in isolamento fiduciario presso i centri di contenimento sanitario temporaneo. In particolare, in quella circostanza, fu notato un 40enne afgano, residente in Francia, del quale viene registrata la presenza a bordo di un furgone con targa transalpina a Bova Marina.

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Le indagini, avviate sotto il coordinamento della Dda reggina, hanno consentito di registrare i movimenti dell’afgano che, dopo avere fatto salire a bordo 10 connazionali, percorre l’intero territorio nazionale, facendo tappa in Abruzzo, in Lombardia e in Liguria, uscendo successivamente dal territorio nazionale dal valico del Frejus.

A seguire, lo straniero varca più volte nuovamente il confine, non dopo essere stato controllato dai Carabinieri di Susa prima di fare ingresso nel traforo del Frejus, «circostanza questa che ha cristallizzato in maniera univoca l’intenzione del conducente di lasciare l’Italia per far accesso in Francia», si legge in una nota di Dda e Carabinieri.

Nel corso del controllo, i carabinieri avevano modo di constatare come l’indagato fosse l’unico occupante del mezzo anche se, da una successiva ispezione, veniva accertata la presenza sui sedili posteriori di alcuni bagagli, dentro i quali venivano rinvenuti pannolini per bambini ed altri vestiti chiaramente non appartenenti all’indagato. Inoltre, è stata censita la presenza di un vano, creato ad hoc nella parte posteriore del mezzo per nascondere le persone.

Proprio le circostanze con cui i migranti hanno raggiunto la destinazione agognata ha portato la Procura reggina a contestare le aggravanti, confermate nel provvedimento del GIP, di «avere esposto le persone trasportate a pericolo per la loro vita (avendoli abbandonati in una zona di montagna, al freddo ed alle intemperie, su sentieri scoscesi ed impervi) e quella di aver commesso il fatto sottoponendo i trasportati a trattamento inumano e degradante (nascondendoli nel furgone)».

L'ulteriore ticket da pagare per i migranti appena sbarcati in Calabria

Secondo quanto emerso dalle indagini, gli indagati farebbero parte di una cellula localizzata sul territorio continentale che, attraverso modalità operative ben pianificate, avrebbe consentito ai migranti, una volta giunti nel reggino, dopo l’arrivo in Italia a bordo di natanti e a seguito della collocazione in centri di accoglienza, di allontanarsi e partire verso località del centro Europa.

Gli investigatori hanno, inoltre, individuato il canale finanziario per le transazioni economiche, che utilizza il metodo informale noto come hawala. «Un sistema di trasferimento di denaro basato sul brokeraggio informale e su relazioni non contrattuali che prevede che il soggetto che intende trasferire una somma di denaro a altro soggetto, di norma residente in un diverso paese, contatti un broker intermediario (c.d. hawaladar) e gli versi la somma da inviare», spiegano gli inquirenti.


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Insomma, «l’intermediario locale contatta un suo omologo nel paese ricevente, dandogli ordine di pagare al soggetto destinatario la somma indicata, trattenendo una commissione. La somma versata al destinatario (nell’odierna indagine quantificata in 1500 euro per ogni migrante per il servizio di trasporto), verrà successivamente rimborsata dal primo al secondo intermediario, con tempi e mezzi variabili, secondo le circostanze».

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