Avvenire di Calabria

Una Chiesa contro i «poteri occulti»

Massoneria e mafia sono in netta antitesi con la fede cattolica. Così determinarono i membri sinodali della diocesi reggina ben vent’anni fa.

Redazione Web

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«Se il Signore non costruisce la città, invano vi faticano i costruttori. I credenti sono consapevoli che la loro prima attività politica è la testimonianza della vita. L’esemplarità di uno stile sobrio diventi adempimento responsabile degli obblighi civili e rifiuto di ogni comportamento illegale». Con queste semplici parole si aprivano gli indirizzi pastorali dell’arcidiocesi di Reggio Calabria – Bova sui temi della cittadinanza attiva in occasione del sinodo locale del 1999 di cui abbiamo già iniziato a parlare nel numero del 15 settembre scorso con una lunga intervista a monsignor Vittorio Luigi Mondello che di quella stagione fu protagonista e promotore. «La situazione della nostra diocesi – si legge negli atti sinodali di vent’anni fa – deve farci riflettere attentamente sulla capacità di rendere testimonianza autentica alla verità liberatrice del Vangelo. Dobbiamo verificare se la sequela di Cristo risorto ci rende liberi dalla paura, coraggiosi nel vincere l’indifferenza, e più spesso l’omertà, in cui siamo sommersi».
Nel testo che risulta di un’attualità disarmante si afferma come «ogni cristiano è chiamato a rispondere nella sua capacità di opporsi al sistema perverso della ‘ndrangheta, della tangente, del racket, dell’usura e di contrastare la tendenza a ottenere privilegi o anche solo diritti attraverso il deprecabile sistema della raccomandazione, spesso ritenuto come l’unica via accessibile». Una richiesta netta e incontrovertibile di schierarsi dalla parte dei più deboli nel proprio esercizio di cittadini: «Chiunque voglia realizzare il bene – si legge – deve sapere che la lotta contro i poteri forti palesi e occulti, che strangolano la vita della nostra gente, ha sempre necessariamente un costo. A proposito dei “poteri forti”, si ricorda che inconciliabili con la dottrina della Chiesa sono i principi delle associazioni massoniche . pur cosi diffuse nella nostra diocesi – e che, perciò, l’iscrizione ad esse rimane proibita». Una presa di posizione inequivocabile che prende spunto da quanto determinato dalla Congregazione per la dottrina della fede che ha precisato come rimane immutato, già dal 1983, il giudizio negativo della Chiesa nei riguardi delle logge massoniche, tanto che i fedeli che eventualmente vi appartenessero «sono in stato di peccato grave e non possono accedere alla santa Comunione». Sul tema dei «poteri forti» si sofferma, e non poco, il documento post– sinodale: non solo condannando quanti ne facciano parte, ma ricordando che «la stessa indifferenza è gà collusione con il male». Per questo motivo, l’arcidiocesi di Reggio Calabria – Bova si impegnava ad «attrazzarsi di fronte al nuovo che avanza. Accanto a inevitabili riforme istituzionali e costituzionali nazionali ed europee, sembra necessaria e conseguente una riforma degli regionali e locali. Si auspica, perciò, in particolare, che nella comunità cristiana si formino sempre più numerose, mature e competenti vocazioni all’impegno politico nelle istituzioni, nel quadro – ormai non controverso – del pluralismo politico dei cattolici». 

Questo si scriveva vent’anni fa: «Bisogna trovare modi e forme per consentire una maggior partecipazione politica alla vita delle collettività locali, come luogo della costruzione di una nuova identità comunitaria aperta, consapevole di se stessa, ma capace di accogliere le diversità, in cui ognuno è riconosciuto nella propria dignità di cittadino». In tale ottica ritorna l’invito a mantenere alta la guardia sulla legalità. «Bisogna opporre resistenza – proseguono gli atti sinodali reggini – alla presenza asfissiante di poteri consolidati e alternativi a quelli legittimi». Nel quadro di un simile diritto di resistenza all’ingiustizia, acquista un senso tutto nuovo il metodo non violento e il diritto all’obiezione di coscienza, da intendersi – nella nostra realtà – non solo al servizio militare e agli ausili medici relativi all’interruzione della gravidanza, ma anche ad ogni forma di sottomissione e di raccomanda, a forme e pratiche illecite nellagestione della Cosa pubblica».

Dopo gli indirizzi ecco le azioni suggerite dal Sinodo diocesano dal titolo “La Chiesa reggina–bovese di fronte a Cristo, Salvatore e Maestro». Si tratta, nello specifico, della «scelta spirituale e formativa della Chiesa» che passa dalla «catechesi di liberazione» che, secondo i laici e i sacerdoti reggini del terzo millennio, «deve assumere tutto ciò che è umano secondo la legge dell’incarnazione, perché i problemi, le situazioni storiche, le aspirazioni, le ansie personalie collettive, che sono parte dello stesso contenuto della catechesi, siano interpretati alla luce della Parola di Dio; siano letti alla luce delle esperienze vissute dal popolo di Israele, di Cristo e di tutta la comunità ecclesiale, nella quale lo Spirito di Cristo risorto vive ed opera continuamente». Infine, con l’obiettivo di «preparare una nuova classe dirigente», le conclusioni del Sinodo auspicavano che si creasse «un coordinamento tra le molte e meritore iniziative di formazione proposta da operatore anche indirettamente mossi da una vocazione ecclesiale, al fine di offre nuove opportunità specie per l’avvio di progetti di lavoro e di formazione culturale e lavorativa specialistica».

In questo contesto è fondamentale «l’apporto degli istituti formativi di ispirazione cattolica» che «sia caratterizzato dalla capacità di anticipare il futuro» con «una straordinaria carica di solidarietà a servizio delle aree più emarginate, dei gruppi più a rischi e delle piaghe più difficilmente curabili della nostra società».

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