A Melito Porto Salvo da quarant'anni opera la Casa famiglia della Piccola Opera "Villa Falco".
La scelta di Villa Falco: «Nessuno rimane indietro»
Voluta da don Italo Calabrò, ancor oggi porta avanti il suo desiderio del «nessuno escluso mai»
di Federico Minniti
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A Melito Porto Salvo da quarant'anni opera la Casa famiglia della Piccola Opera "Villa Falco". Voluta da don Italo Calabrò, ancor oggi porta avanti il suo desiderio del «nessuno escluso mai».
Quarant'anni di Villa Falco, una grande storia di riscatto
Quarant’anni di ascolto, comprensione e rispetto profondo degli altri. Nata “Villa Ramirez” col tempo ha assunto il nome di uno dei suoi primi ospiti: Francesco Falco.
La Casa famiglia della Piccola Opera si trova a Melito Porto Salvo nel cuore dell’Area grecanica ed è stata una delle prime risposte alla chiusura dell’ospedale psichiatrico di Reggio Calabria. Un passaggio culturale tutt’altro che semplice: dalla cultura dello scarto a quella della dignità.
La testimonianza di Davide, ospite da 10 anni della Casa famiglia
Quel «nessuno escluso mai» ben oltre un semplice slogan. «Da dieci anni vivo a Villa Falco e sono uscito dalla tenebre che avvolgevano la mia vita». A dirlo è Davide, un ospite della Casa Famiglia che si sta preparando alla sua prima mostra di pittura.
Dipinge le tegole, ma questo non è l’unico modo che trova per tirare fuori la sua interiorità: un’altra sua passione è il teatro. Ci racconta la sua rinascita, in modo lucido, spiegando come gli operatori della Casa famiglia attraverso queste attività gli abbiano dato gli strumenti giusti per guardarsi dentro: «Vivevo in costante conflitto con tutto, in primis con la mia famiglia, e c’è voluto un cammino lungo dieci anni per recuperare me stesso sotto l’aspetto fisico, mentale e spirituale».
A sentire le sue parole, Concetta Toscano, responsabile e anima di Villa Falco, si commuove: «Le parole di Davide restituiscono tutti i sacrifici fatti», ci dice.
Le emozioni di operatori e volontari
L’emozione viaggia leggera nella Casa famiglia di Melito Porto Salvo dove tutti si sento liberi di essere sé stessi al 100%. Nino Malacrinò è un operatore della struttura: «Nella vita facevo tutt’altro, ma avendo nella mia frazione (Prunella) un’altra realtà fondata da don Italo Calabrò ho sempre guardato con ammirazione a quelli che si prodigavano per chi era in difficoltà».
Così quando c’è stata l’opportunità - ammette l’operatore di Villa Falco - «non ci ho pensato due volte. È vero, non avevo inizialmente le competenze teoriche, però ho da subito instaurato un rapporto di vicinanza estrema coi nostri ospiti che i definisco amici».
Questa sua declinazione ci colpisce, ma ancor più “segnante” è la spiegazione: «Molte volte mi sono ritrovato la loro mano sulla mia spalla come a dirmi: “Ce la farai”. Altre volte me l’hanno proprio detto: “Vedrai che si risolverà tutto”». Insomma una condivisione che coinvolge a 360 gradi.
Questo avviene sia per chi da diversi anni varca la soglia della struttura melitese sia per chi è da pochi mesi all’opera come Anna Reto, giovane del Servizio Civile: «Ho scelto di impegnarmi in questa struttura perché penso che per me possa essere un’occasione di crescita personale e professionale inestimabile; vista l’intensità delle giornate che viviamo, in effetti, mi sembra sia passato davvero tanto tempo e invece è trascorsa solo un’estate in loro compagnia».
Una bella stagione che ha consentito ad Anna di mettersi in gioco: «Si tratta di un contesto per me del tutto sconosciuto e, ogni giorno, è un’occasione per imparare qualcosa di nuovo». Anche lei parla di amicizia che l’ha educata «a riconoscere la diversità e a saperla accogliere». «Ho vissuto momenti carichi di gioia, è davvero bello uscire sul territorio e vivere momenti di spensieratezza con gli ospiti della Casa famiglia e delle altre strutture della Piccola Opera», ha raccontato Anna.
«Per noi è importante vedere come le persone riscattano la propria vita - conclude Concetta Toscano - attraverso processi di assoluta normalità che non è preclusa a nessuno. Noi pensiamo che il rispetto dell’altro è fondamentale e deve essere la nostra meta quotidiana».
Il punto di vista di un genitore
«La nostra famiglia oggi si è allargata: siamo un tutt’uno con Villa Falco». A dircelo è Giovanni Sidari, papà di uno degli ospiti della casa di Melito Porto Salvo che da decenni si prende cura di persone con fragilità psichiatriche.
Al signor Sidari abbiamo chiesto di darci la sua testimonianza rispetto a una realtà che conosce molto da vicino: «Tutti coloro che operano a Villa Falco amano i nostri ragazzi; entrando si nota subito l’empatia che si vive dentro quelle mura».
Sidari ci parla di «restituzione di dignità» e di un approccio «puramente sociale». Si guarda, quindi «all’umano» spiega il genitore che aggiunge: «È straordinario apprezzare le tante attività portate avanti: una famiglia perfettamente inserita nella propria comunità, ma non solo: non mancano uscite serali, gite e veri e propri viaggi in Italia e all’estero».
Per i genitori, poi, c’è la bellezza di un rapporto ritrovato: «In questi anni di vita a Villa Falco, tutti gli operatori sono stati determinanti nell’azzerare le conflittualità con nostro figlio: posso dire di aver recuperato un rapporto splendido con lui». D’altro canto le famiglie, spesso, sono da supporto per le esperienze portate avanti da Villa Falco, ma lo fanno «con grande disponibilità ed emozione».
L'esperienza del medico volontario
Giovanni Schipani è un neuropsichiatria infantile e psicoterapeuta, ma quando lo incontriamo a Villa Falco precisa che è lì «in qualità di medico volontario». La stessa natura della Casa famiglia, infatti, non prevede la figura di uno specialista nell’organigramma, ma il suo rapporto con Villa Falco supera le procedure per affondare le proprie radici nella vita stessa del medico reggino.
«Faccio parte dell’Agape e della Piccola Opera ai primi anni ’80 da quando feci il servizio come obiettore di coscienza proprio in queste realtà proprio presso una delle primissime strutture fondate da don Italo Calabrò che si prendeva cura dei disabili mentali».
«Ho visto nascere Villa Falco - prosegue Schipani - che è stato uno dei primi risultati delle battaglie portate avanti da don Italo accanto al Movi e ad alcuni medici di Psichiatria Democratica per la chiusura dell’ospedale psichiatrico di Reggio Calabria».
Il neuropsichiatra prosegue nei suoi ricordi: «Abbiamo salutato l’apertura di questa Casa famiglia ben 40 anni fa con grande entusiasmo: i primi passi furono mossi con l’accoglienza di dodici ospiti dell’ospedale psichiatrico. Erano quasi tutti originari dell’Area grecanica; una struttura “leggera” come una Casa famiglia accoglieva persone che uscivano dopo decenni di ricovero in quel lager del quartiere Modena».
In questo senso «una struttura sociale al fronte di interventi passati molto molto duri». Per Schipani, la scelta di campo di don Italo Calabrò verso quelli che tutti definivano come “pazzi” conferma «la sua cura per preservare la dignità umana che si concretizzava giorno per giorno in opere-segno come Villa Falco».
Parla di «dare ritmo alla loro quotidianità» per descrivere le prime attività pionieristiche portate avanti dai primi operatori. Nacque così un vero e proprio modello di assistenza con «un approccio centrato sulla relazione».
Col passare del tempo, puntualizza Schipani, questo modello ha dato dei risultati tangibili: «Tanti degli ospiti che arrivavano a Villa Falco lo facevano in seguito a un Trattamento sanitario obbligatorio e lunghi ricoveri nei reparti di Psichiatria: bene, dopo il loro arrivo in Casa Famiglia, nessuno è stato più ricoverato in ospedale con gli aspetti più critici gestiti esclusivamente con approccio puramente relazionale e non medico».
Ecco la puntata di oggi del percorso Podcast intrapreso dall’arcivescovo di Reggio Calabria – Bova, monsignor Fortunato Morrone.
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