Adottare: un dono d’amore che genera famiglia
La testimonianza: quando il cammino verso l’adozione diventa un’esperienza di fede e speranza condivisa.
Da Reykjavík (Islanda) - È agosto, ma in Islanda, nonostante le tantissime ore di luce quotidiane, tira un forte vento gelido. Il termometro della macchina segna sette gradi, alla guida c’è don Mikolaj Kecik, originario di Varsavia, vissuto poi in Svezia, rientrato in Polonia e diventato sacerdote grazie a un avvincente percorso di fede vissuto nel Cammino neocatecumenale.
La macchina si ferma davanti a una piccola costruzione di quattro appartamenti su due piani, con ampie vetrate anche al piano terra e un piccolo spazio verde davanti al portone: «Siamo arrivati a casa di Ninni e Simona».
Ninni e Simona Sismo sono due coniugi reggini, hanno vissuto per circa trent’anni in riva allo Stretto, frequentavano la quarta comunità neocatecumenale nella parrocchia di San Luca Evangelista. Nel 2015, dopo un lungo ma sereno discernimento, hanno deciso di partire – insieme ai loro figli – per una Missio ad gentes, una nuova forma di evangelizzazione proposta dal Cammino iniziato da Kiko Argüello.
Dentro casa di Ninni e Simona tutto è pronto per la Celebrazione eucaristica. Una Messa particolare, i partecipanti sono tutti i protagonisti della Missio. Attorno all’altare tre famiglie: Ugo e Fiva Morelli, partiti da Udine con sei figli; Gustavo e Aline Gobbi Ladeira, originari del Brasile, hanno lasciato la cittadina di Jundiai, vicino San Paolo, per trasferirsi in Islanda con i loro tre figli; infine i padroni di casa, Ninni e Simona appunto, che insieme ai loro piccoli Lorena, Pietro e Teresa si sono stabiliti a Reykjavík. Queste tre famiglie vivono l’apostolato missionario insieme a don Mikolaj e a un seminarista, Claudio Teseo, originario di Pescara, che sta completando la formazione in vista del ministero ordinato presso il Seminario Redemptoris Mater di Copenaghen.
La Celebrazione eucaristica inizia come di consueto, in un contesto inusuale però... lì davanti all’altare c’è la quotidianità di tre famiglie che stanno compiendo una storia straordinaria. C’è una piccola cellula di Chiesa che può generare davvero tanto. Cosa li ha messi insieme? Perché hanno lasciato le loro case, il lavoro, gli affetti? Durante l’omelia don Mikolaj dialoga con i bambini... «Sei contento di essere in missione?». C’è chi risponde in maniera più convinta, chi meno, chi è preoccupato per l’inizio della Scuola (ad agosto in Islanda, ndr). Si percepisce una cosa evidente: gran parte del “lavoro” della Missio viene portato avanti da tutti quei bambini che, pur non conoscendo grandi strategie pastorali, fanno una cosa straordinaria: vivono in modo coerente da cristiani nel contesto in cui si trovano. L’annuncio parte dall’asilo, “fare la preghierina” è già apostolato, in una nazione in cui la chiesa cattolica ha avuto una decisa regressione e ora, grazie anche alla Missio di Reykjavík, prova a riprendersi. Dai bambini si passa agli adulti: i “coniugi missionari” vivono a stretto contatto con le famiglie islandesi, anche in virtù degli impegni legati ai bambini. Si parla con gli altri del motivo per cui ci si è trasferiti, si annuncia Cristo, si spezza la Parola. L’anno scorso, grazie a questo “ministero di relazione”, sono state fatte le prime Catechesi nelle piazze di Reykjavík. Da quella iniziativa è nata la prima comunità neocatecumenale della parrocchia di Maríukirkja. Il parroco, don Faðir Denis Oleary, ha accolto con grande gioia questo dono di Grazia.
Ascoltando la testimonianza delle famiglie missionarie, ciò che colpisce è l’assoluta fiducia nella Provvidenza. Nessuno di loro nega quanto sia stato difficile, umanamente impossibile, lasciare la propria “vita di prima”, ma tutti sono pronti a testimoniare, con fatti e aneddoti, come il Signore non abbia mai fatto mancare «il cento volte tanto». Così, ad esempio, Ninni racconta il suo colloquio di lavoro... «fatto a gesti, perché non capivo niente della lingua». Grazie a quei gesti oggi fa l’ascensorista, esattamente lo stesso lavoro che faceva a Reggio.
Si ascoltano anche testimonianze di sacrifici, di periodi in cui non si avevano i soldi per comprare il latte, e neanche per stare insieme per un pasto il giorno di Natale. Ma all’ultimo istante la Provvidenza ha sempre aggiustato tutto, la tavola... e i cuori.
La testimonianza: quando il cammino verso l’adozione diventa un’esperienza di fede e speranza condivisa.
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