Avvenire di Calabria

La dirigente scolastica lascia l’insegnamento. Negli ultimi giorni, pur facendo i conti con la stanchezza, percepisce ancor più la bellezza di una carriera che per lei è stata una vocazione

La dirigente Anna Nucera va in pensione: «Cari prof, studiate l’empatia»

Al “Panella-Vallauri” è tempo di saluti per la preside. Gli ultimi anni vissuti in piena pandemia col concomitante impegno da assessore alla Pubblica Istruzione del Comune di Reggio

di Federico Minniti

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Anna Nucera saluta il “Panella-Vallauri”. La dirigente scolastica lascia l’insegnamento. Negli ultimi giorni, pur facendo i conti con la stanchezza, percepisce ancor più la bellezza della scelta fatta per necessità e che, negli anni, si è trasformata in una vera e propria vocazione

Panella-Vallauri, la dirigente scolastica Anna Nucera ai saluti

Passionaria. Chi la conosce da tanto tempo non esita a descriverla così: una vita spesa al servizio della comunità, tra scuola e politica (l’ultimo incarico è stato l’assessorato alla Pubblica istruzione al Comune di Reggio Calabria fino a poco più di un anno fa).

Da settembre, Anna Nucera non sarà più in cattedra. La carriera della dirigente scolastica dell’istituto tecnicoindustriale “Panella-Vallauri” di Reggio Calabria si dirige verso la via del pensionamento. Tutt’altro che scarica di impegni, intervistarla è un tetris tra Esami di Stato e altre incombenze, ma ce l’abbiamo fatta.

Quali sono i sentimenti che la attraversano in questo momento?

Mi sento come una maratoneta che si trova all’ultima fase della corsa. Da una parte sa che la competizione sta finendo, dall’altra vorrebbe che non finisse mai perché è già sicura che la sua passione le mancherà tantissimo.


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Una passione che non si è mai affievolita.

Io ho scelto di lavorare nella scuola per necessità. Amavo molto fare politica e pensavo che quella fosse la mia priorità. Poi, frequentando le classi quotidianamente, mi sono resa conto che le relazioni diventavano sempre più importanti per me. La politica come la intendo io, fatta di servizio e gratuità, ha solo cambiato aula: dai palazzi istituzionali agli istituti scolastici.

Da necessità a vocazione?

Esattamente, mi sono sentita completamente realizzata. Ho vissuto un contesto dove al centro ci sono state le relazioni con gli studenti, con le loro famiglie, con gli insegnanti e tutti i lavoratori. Una scuola che non esclude nessuno.

Sta citando indirettamente un insegnante del “Panella” che risponde al nome di don Italo Calabrò?

Il mio è un riferimento esplicito, tutt’altro che indiretto. «Nessuno escluso mai», è molto più che uno slogan sbandierato ai quattro venti. Non ho avuto la fortuna di conoscere don Italo Calabrò, ma nella mia attività da dirigente scolastico, il suo modello educativo ha rappresentato la mia stella polare.

Partendo da queste riflessioni, cosa consiglia a chi oggi si accinge a entrare nel mondo dell’insegnamento?

Le persone non sono numeri. Nessuno lo è: vanno ascoltate e guardate negli occhi. Il docente, e ancor più il dirigente scolastico, deve conoscere tutte le storie dei ragazzi della sua scuola. Uno ad uno. Incontrare il preside non deve essere un momento formale, ma un confronto dove al centro ci sia prima di tutto l’empatia.


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Una sfida tutt’altro che semplice.

Lo so che è pesante perché oltre l’ambito professionale, questa impostazione coinvolge anche quello personale, umano, familiare. Ma non c’è altro modo: bisogna prendersi cura dei ragazzi che ci sono stati affidati.

Finita l’esperienza scolastica, ci dobbiamo aspettare altri impegni sociali o politici?

In questo momento sto facendo i conti anche con la stanchezza. Se devo guardare al futuro penso che sarò una nonna a tempo pieno.

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