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Di lavoro si parla tanto, ma si produce poco. Come ogni anno l’Eurostat fotografa in modo inesorabile la situazione occupazionale della Calabria collocandola agli ultimi posti della classifica europea. Più di un giovane calabrese su due non lavora e chi ha un’occupazione, spesso è precaria o saltuaria. Un quadro disastroso se paragonato alla continua (e ridondante) retorica delle Istituzioni, di ogni ordine e grado, che pongono in cima alla propria agenda proprio il tema del lavoro.
La Calabria, quindi, resta al top in Ue per tasso di disoccupazione giovanile (55,6%), passando però dalla terza posizione (58,7%) del 2016, alla quinta nel 2017. Un leggerissimo miglioramento del 3,1% che segue il trend nazionale. Peggio della Calabria fanno solo l’enclave spagnola in Marocco Melilla; l’isola greca di Voreio Aigaio, la regione ellenica di Ipeiros e il territorio francese d’oltremare Mayotte. Nella “top ten” (età tra i 15 e i 24 anni) si trovano anche la Campania (54,7%, in settima posizione) e la Sicilia (52,9%, decima).
Il Mezzogiorno di Italia, quindi, rappresenta la zona europea col più alto tasso di disoccupati tra i giovani. Un dato inequivocabile e sulla quale il tempo sta scorrendo inesorabile verso un “gong” generazionale devastante. A questi numeri vanno aggiunti i 30mila ragazzi meridionali che annualmente decidono di abbandonare il proprio territorio natio.
Tornando ai fatti strettamente calabresi vi è un dato, in controtendenza, diffuso da Coldiretti: sono 30mila i giovani che tra il 2016 ed il 2017 hanno presentato domanda per l’insediamento in agricoltura, con ben il 61% concentrato al Sud e nelle Isole. Un «ritorno alla terra» che secondo i dati regionali dei Piani di sviluppo rurale (Psr), in testa vede la Sicilia con 4700 domande, seguita da Puglia (4540), Toscana (2763), Sardegna (2.707) e Calabria (2.110) nelle prime cinque posizioni. Chi decide di restare, quindi, riparte dalle origini.
Ma basterà? Certamente una sfida centrale è quella della Zona economica speciale (Zes) che, proprio nella provincia di Reggio Calabria, potrebbe fornire l’ultimo considerevole slancio per le forze produttive. Gli sgravi fiscali, certamente, rappresentano un ottimo inizio, ma è fondamentale avviare due azioni parallele: incentivare la formazione professionale negli ambiti economicamente attrattivi (su tutti la green economy) e sviluppare forme di sostegno economico per le imprese che mantengono sede legale e operativa all’interno del territorio calabrese. Solo così i flebili dati di ripresa occupazionale potranno essere rafforzati.
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