Avvenire di Calabria

La sezione calabrese di Cism-Usmi ha promosso il convegno regionale sulla Vita religiosa presso il Santuario di Paola

A Paola il convegno regionale sulla Vita religiosa in Calabria

Tra gli interventi anche quello di don Pino Demasi, parroco in Polistena e referente di “Libera” per la Piana di Gioia Tauro

di Giovanni Celia

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La sezione calabrese di Cism-Usmi ha promosso il convegno regionale sulla Vita religiosa presso il Santuario di Paola. Tra gli interventi anche quello di don Pino Demasi, parroco in Polistena e referente di “Libera” per la Piana di Gioia Tauro.

Il convegno regionale sulla Vita religiosa in Calabria al Santuario di Paola

All’ombra del santuario regionale di san Francesco di Paola, accolti dai frati Minimi nei giorni scorsi, si è svolto il convegno regionale sulla vita religiosa, organizzato dalla sezione calabrese dell’CISM-USMI.


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L’incontro ha avuto inizio con la preghiera guidata da fra Mario Chiarello, ministro provinciale dei frati minori e presidente regionale CISM. Subito dopo hanno fatto seguito le parole di saluto e di benvenuto della presidente regionale USMI Suor Giustina Valicenti, già superiora generale delle Suore di don Guanella, che ha ricordato alle numerose religiose e religiosi provenienti dalle dodici diocesi calabresi, come questo convenire era stato preparato da diverso tempo.

Le comunità hanno avuto modo di prepararsi e riflettere nelle realtà diocesane sulla figura di Giuseppe, figlio di Giacobbe. Giuseppe, da uomo venduto diventa uomo di salvezza per i fratelli stessi: è lui che apre i granai per ed è lui che in qualche modo ristabilisce e dà vita ai fratelli. Abbiamo bisogno di incarnare la figura di Giuseppe qui e adesso in questa terra di Calabria. Il sogno di oggi ha concluso suor Giustina vuol essere quello di aprire gli occhi alle nuove speranze che attendono la presenza dei consacrati di Calabria.

Ha preso poi la parola don Pino Demasi, parroco in Polistena e referente di “Libera” per la Piana di Gioia Tauro, che ha relazionato sul tema: “La vita religiosa come chiamata all’apertura alla Presenza generatrice di presenze”. Don Pino, ha raccontato ai presenti la sua esperienza di sacerdote chiamato ad annunciare un Vangelo di liberazione, in una terra la Calabria, luogo di tante bellezze e speranze, ma afflitta da numerose piaghe come la 'ndrangheta, la massoneria, il baronaggio, il fatalismo. Una terra dove i diritti diventano favore.

Ma nonostante tutto questo-ha continuato il relatore-il calabrese è affascinato dalla Calabria. Si avverte negli uomini e donne un disagio esistenziale familiare, ecclesiale, politico, sociale, spirituale che nasce dal non essere realizzati, e l’esperienza pandemica non ha fatto altro che peggiorare questa situazione. Don Demasi ha continuato citando Pasolini che dice: “la 'ndrangheta ruba la speranza”.

Speranza che si pone come antitesi al disagio non disperare. Il regalo da offrire alla Calabria è quello di suscitare speranza, chiamati a testimoniare con credibilità la speranza. Questo è anche il sogno del Concilio Vaticano secondo e di Papa Francesco: “La chiesa come casa di fraternità per tutti”. Il relatore ha poi continuato il suo intervento tratteggiando la speranza cristiana che ha il suo fondamento in Gesù Cristo morto e risorto.

La speranza di Gesù e solidamente fondata con il Padre. Speranza come attesa paziente e apertura al futuro con responsabilità vigilante. In tutto questo scenario la vita religiosa purtroppo si è tante volte distaccata dal suo radicamento di popolo.


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L’esortazione che don Demasi ha cercato di ribadire con forza è che: la vita religiosa possa uscire e abitare la gente di Calabria, così come ci esorta anche Papa Francesco nell’Evangelii Gaudium- a sperimentare la presenza viva ed efficace (non onoraria) del Risorto e del suo Spirito, che ci libera dall’autoreferenzialità e dalle nostre “passioni tristi”. C’è bisogno di una rinnovata capacità dell’uomo calabrese.

Accogliere quest’uomo ha detto don Pino- per aiutarlo a cambiare, quest’uomo ha bisogno di essere accolto con tutte le sue fragilità. E’ necessario inoltre creare delle relazioni che devono essere vitali e non secondarie. Bisogna scegliere di investire sulle relazioni per costruire la speranza dando valore assoluto all’incontro con l’altro. Essere aperti, umili, comunità che creano processi di speranza per essere fecondi. Il relatore ha poi qui richiamato ancora una volta l’ Evangelii Gaudium: “Non bisogna privilegiare gli spazi di potere rispetto ai tempi, anche lunghi, dei processi. Noi dobbiamo avviare processi, più che occupare spazi. Dio si manifesta nel tempo ed è presente nei processi della storia. Questo fa privilegiare le azioni che generano dinamiche nuove. E richiede pazienza, attesa”.

Don Demasi ha concluso il suo appassionato intervento esortando i religiosi a non restare lontano dai problemi della gente, facendo risuonare nell’aula le parole profetiche del beato Calabrese don Francesco Mottola ad essere “certosini della strada”. “Nella mia terra di Calabria, ho rifatto in ginocchio la Via Crucis: son passato per tutti i villaggi, son sceso in tutti i tuguri, ho transitato per tutte le quattordici stazioni. Ho sentito il singhiozzo della mia gente nel mio povero cuore: la gente di Calabria nel suo itinerario dolorosissimo non ha conforto come Gesù. Ma è Gesù e bisogna confortarlo nella salita necessaria al Calvario”.

Alla relazione è poi seguito un dibattito da parte dei religiosi presenti con scambio anche di esperienze molto interessanti. Nel pomeriggio vi è stata la condivisione del cammino delle singole realtà diocesane. La giornata ha avuto il suo culmine con la concelebrazione eucaristica in Basilica presieduta da padre Giovanbattista Urso, facendo memoria di san Francesco di Paola nel sessantesimo anniversario della sua proclamazione a patrono principale della Calabria. 

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