
Pace: Sophia University Institute, una summer school a Trento e Pellizzano con 50 giovani
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Un flash mob durante la messa del Corpus Domini che sarà presieduta domani a San Giovanni in Laterano da Papa Leone XIV, per denunciare la strage di giornalisti in Medio Oriente, in particolare a Gaza. Il gruppo “Operatori e operatrici dell’informazione per Gaza” sarà in piazza con bocche incerottate e mirini sulla scritta “press” per ricordare centinaia di operatori della comunicazione uccisi a Gaza, in Israele, Libano e Siria. “Il silenzio delle redazioni e delle istituzioni italiane è inaccettabile. Non possiamo lasciare soli i colleghi palestinesi, tutti i giornalisti italiani si mobilitino”, affermano in una nota. Il flash mob si terrà domani dalle 14:30 alle 15:45, in piazza di Porta San Giovanni. Chi parteciperà avrà in mano le foto di decine di giornaliste e giornalisti palestinesi uccisi. Il lungo elenco sarà stampato su un grande cartello. Già alcune settimane fa il gruppo di giornalisti, giornaliste, fotoreporter e videomaker aveva invitato le redazioni dei media italiani a prendere posizione su Gaza, con la proposta di destinare una giornata di salario ai colleghi e alle colleghe palestinesi. L’iniziativa era stata adottata dalle assemblee di redazione di diverse testate. La scelta di mettere in scena il flash mob durante il Corpus Domini, spiegano, è dettata dal fatto “che la Chiesa, dal 7 ottobre 2023, si è mostrata più sensibile e ferma di molte altre istituzioni nel denunciare la mattanza quotidiana dei gazawi”.
Nel documento che sarà distribuito domani il gruppo ricorda che “Gaza non esiste più”, che “quello in corso davanti ai nostri occhi è un genocidio”, e l’uccisione di “237 giornalisti è un bilancio unico nella storia, che supera perfino i grandi conflitti del Novecento. È grazie a questi 237 colleghe e colleghi che abbiamo saputo cosa realmente è accaduto e accade nella Striscia, visto che Israele, pur dichiarandosi ‘l’unica democrazia del Medio Oriente’, impedisce ai media internazionali di accedere, oltre a colpire a morte i giornalisti palestinesi e le loro famiglie”.
Il gruppo, nel prendere posizione rispetto a quella che – sottolinea – “non è più una guerra”, scrive: “Rifiutiamo il “doppio standard” per cui esistono vittime di serie A, con nomi e storie da ricordare, e vittime di serie B, considerate numeri senza identità; respingiamo la narrazione che riduce il conflitto mediorientale agli eventi successivi al 7 ottobre 2023, ignorando un contesto di tensioni e violenze che si protrae da decenni nei territori israelo-palestinesi; rifiutiamo l’utilizzo strumentale della parola ‘antisemitismo’ e dell’aggettivo ‘antisemita’ come armi per silenziare ogni critica a Israele; denunciamo ogni forma di censura e rivendichiamo la libertà di utilizzare il termine genocidio, visto che quanto sta avvenendo a Gaza e in Cisgiordania non è una guerra, oltre a ribadire che un ostaggio non è tale solo se israeliano (Idf ha sequestrato 17mila palestinesi a Gaza e in Cisgiordania, tra loro 1400 sono minori)”.
“Chiediamo che Israele rispetti il diritto di cronaca – conclude la nota – e faccia entrare subito i media internazionali a Gaza e nei territori occupati; negarlo significa violare arbitrariamente il diritto di essere informati e il rispetto di principi democratici fondamentali”.
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