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Papa Leone nel suo messaggio in occasione della Giornata Mondiale di Preghiera per la Cura del Creato ha voluto richiamare l’immagine dei “Semi di Pace e di Speranza”, tema scelto da Papa Francesco per questa decima edizione che cade nel vivo del Giubileo. Non si tratta di un semplice slogan, ma di una traccia di riflessione che interseca fede, società e urgenza ambientale.

L’immagine del seme, tanto cara a Gesù nelle sue parabole, diventa in questo contesto una metafora potente: il seme che muore per dare vita, che germoglia nei luoghi più impensati, che rompe persino il cemento delle strade per sbocciare in un fiore inatteso, diventa simbolo della capacità del creato di rigenerarsi e della responsabilità dell’uomo di custodirlo. Il richiamo alla Scrittura è una chiave interpretativa dell’attualità poiché l’annuncio del profeta Isaia che lo Spirito di Dio trasforma il deserto in giardino è, di fatto, di una promessa di giustizia e di pace che si manifesta anche nella concretezza della vita quotidiana.
Non si può più ignorare che la devastazione delle foreste, l’inquinamento, la perdita di biodiversità e i fenomeni climatici estremi siano strettamente collegati a ingiustizie sociali, conflitti armati e avidità economica. Le parole di Francesco richiamano con urgenza il contenuto della Laudato si’ in cui si afferma che la crisi ecologica è al tempo stesso crisi sociale e morale e non può essere affrontata con soluzioni parziali. Il Papa invita a guardare al creato non come a un semplice “ambiente” da difendere, ma come a una realtà da vivere e custodire, in una relazione di reciprocità. La Bibbia non autorizza alcun dominio dispotico dell’uomo sulla natura, al contrario parla di una responsabilità di cura, che significa proteggere, preservare e vigilare.
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In questa visione, l’ecologia integrale non è un’utopia ma un compito concreto che riguarda ogni persona e ogni comunità. È un terreno dove si intrecciano fede e politica, spiritualità e impegno civile, e che assume una dimensione universale nel contesto dell’ecumenismo del “Tempo del Creato”, che dal 1° settembre al 4 ottobre unirà diverse Chiese e tradizioni cristiane. Le comunità più povere e le popolazioni indigene sono le prime a soffrire per le conseguenze di scelte economiche e geopolitiche che trasformano il creato in un campo di battaglia. Non è un’immagine astratta, ma la descrizione esatta di ciò che succede con terre avvelenate, foreste distrutte con la politica della “terra bruciata”, con conflitti per il controllo dell’acqua e delle materie prime. La natura diventa merce di scambio, bene negoziabile, strumento di potere e in questo scambio iniquo i più deboli vengono sistematicamente penalizzati.
L’ecologia, come giustizia ambientale, è, quindi, una questione che va ben oltre la difesa degli alberi o la riduzione della CO2: è questione di diritti, di equità, di sopravvivenza. In un mondo in cui i cambiamenti climatici non colpiscono tutti allo stesso modo, parlare di semi di pace e di speranza significa riconoscere che non può esserci pace senza giustizia sociale e non può esserci giustizia senza una cura reale del creato. In questo senso, il Papa parla con il linguaggio della fede ma anche con quello della geopolitica e della scienza, intrecciando la dimensione spirituale con quella sociale.
Il riferimento al “Borgo Laudato si’” di Castel Gandolfo è un segno concreto di come i semi possano diventare esperienze. Non soltanto un progetto educativo, ma un laboratorio di ecologia integrale, un esempio che mostra come i principi dell’enciclica possano tradursi in scelte di vita, lavoro e comunità. È in questo orizzonte che i semi di pace e speranza diventano non solo parole, ma gesti, esperimenti, esperienze replicabili. La custodia del creato è parte essenziale di una vita virtuosa, non un’opzione facoltativa.

Da questo punto di vista, il messaggio diventa anche un monito per le istituzioni, chiamate a dare risposte legislative e politiche adeguate, e per la società civile, interpellata nella responsabilità quotidiana di stili di vita più sostenibili. È un invito a guardare al futuro con realismo ma anche con fiducia: i semi impiegano anni a diventare alberi, ma senza la semina il futuro rimarrà sterile.

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