Avvenire di Calabria

Tre seminaristi reggini raccontano la propria esperienza

Da Reggio a Torino per imparare la consolazione

Hanno concluso un'esperienza di servizio nella “Piccola casa della Divina Provvidenza” del Cottolengo di Torino

Redazione Web

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Riceviamo e pubblichiamo la testimonianza di tre seminaristi reggini, reduci da una importante esperienza di servizio nello storica “Piccola casa della Divina Provvidenza” di Torino:

Anche quest’anno, quasi al termine dell’estate, si rinnova per alcuni dei ragazzi del seminario Pio XI l’esperienza estiva di servizio al Cottolengo di Torino, che ha visto coinvolti, per volontà del rettore, tre seminaristi al fine di fare esperienza di prossimità, per completare il percorso formativo di questo anno. Già un gruppo di altri tre ragazzi ha trascorso un bellissimo periodo di servizio al Cottolengo di Biella; a noi è dato di vivere questo tempo nel capoluogo piemontese, lì dove il santo Giuseppe Benedetto Cottolengo ha iniziato quest’opera.
La “Piccola casa della Divina Provvidenza” di Torino rappresenta un centro di eccellenza per quanto riguarda l’assistenza di pazienti affetti da vari tipi di disabilità. Da circa duecento anni accoglie e si prende cura di un’umanità ferita, scomoda, con la quale forse è difficile avere a che fare, ma che non per questo merita minore dignità, rispetto e amore.
L’esperienza di servizio qui ci costringe ad entrare nelle ferite di tanta gente che, oltre a vivere una più o meno grave disabilità fisica, vive il dramma della solitudine, del rifiuto e dell’abbandono. Proprio su di essi però, oggi come sempre, si posa lo sguardo benevolo di Dio, sguardo che cerca sempre il semplice, l’umile; qui ci si sente investiti ancor di più di una missione: quella di essere per tanti uomini a volte induriti dal dolore quella carezza che accoglie, che dona senso ad un’esistenza che tutto sembra tranne che sensata.
Negli occhi e nelle parole degli ospiti, che,come dicono i religiosi cottolenghini, sono gli autentici padroni di questa casa si leggono tanti pensieri ed emozioni: pensieri a volte di dolore, anche intenso, ma anche di profonda consolazione, di bontà e di tenerezza semplicissima, quella tenerezza e bontà semplice che riescono a dare solo i piccoli, solo coloro che sanno di essere amati oltre misura.
Da questi sguardi si capisce come coloro che effettivamente ricevono di più non siano gli ospiti, ma siamo noi: i volontari, i religiosi ed il personale sanitario; noi che abbiamo la possibilità di scoprire dietro quei volti una fonte di amore inaspettata, di avvertire la risposta a quel profondissimo desiderio dell’uomo di amare, di essere amato, di farsi prossimo di chi è più sfortunato di te.
Ecco perché siamo grati di quest’esperienza, che sebbene non sia semplice da affrontare, si può trasformare in uno scrigno di grandi tesori, se siamo capaci di provare a vedere le cose con gli occhi di Dio, con quegli occhi che riescono a svelare le ricchezze più nascoste, che riescono a sentire l’amore dove umanamente c’è solo sofferenza, che riescono a creare aria di famiglia anche in mezzo alle aridità della vita, che riescono a vedere negli uomini che il mondo rifiuta dei figli prediletti, degni di ogni amore e rispetto.
Alessandro C., Lori C.,Vincenzo P.

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