Il tempo di Avvento, appena iniziato, induce a riporre speranza in colui che verrà. La stessa speranza con cui i giovani dovrebbero sempre guardare al domani. Eppure il pessimismo appare alquanto diffuso tra le giovani generazioni il cui futuro «sarà difficile in Italia». È questo, per lo meno, quanto emerge dai recenti sondaggi. In particolare dall’ultima indagine condotta dall’istituto di ricerca Demos.
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La conclusione a cui giunge la ricerca appare alquanto amara: «nel prossimo futuro i giovani avranno una posizione sociale peggiore rispetto a quella dei genitori». Un’opinione maturata da tempo che, negli ultimi anni, si è consolidata. Quanti considerano probabile questo “declino generazionale”, negli ultimi anni - emerge ancora dal sondaggio di Demos - sono cresciuti di 15 punti.
«A causa sicuramente della pandemia - spiega il presidente dell’istituto di ricerca Ilvo Damiani - che ha alimentato la preoccupazione per la salute e la situazione sanitaria. Ma, al tempo stesso per la situazione economica. Presente e futura. Dunque - ancora l’analisi di Diamanti - per le prospettive dei giovani, proiettati al futuro, perché sono loro il futuro».
Giovani: ecco dove vedono il loro futuro
La prospettiva dei giovani italiani sembra volgere, dunque, altrove. Oltre confine. E del resto la conferma arriva dai flussi migratori. Non più solo “verso l’Italia”. Muovono anche in direzione inversa. “Dall’Italia”. In particolare fra i giovani. L’indagine prende in esame i dati “ufficiali”, quelli dell’Istat. «Sono circa 350 mila i giovani “emigrati all’estero”, negli ultimi 10 anni. La componente più elevata degli “emigranti dall’Italia”. Si tratta, soprattutto, di laureati e soggetti “qualificati”. Che partono per migliorare la loro preparazione e acquisire nuovi titoli. Ma, spesso - spiega Ilvo Diamanti - non rientrano. Perché in Italia gli spazi non sono adeguati. E non aumentano, nonostante i programmi e gli investimenti della Commissione Ue, utilizzati dai Piani del governo italiano, evochino esplicitamente la Next Generation. La Generazione Futura. D’altronde, con la pandemia, fra i giovani con meno di 29 anni sono cresciuti coloro che non studiano e non lavorano. Definiti con l’acronimo Neet. In Italia questa componente “esclusa” dai percorsi dell’occupazione e dell’istruzione è aumentata fino a superare i 2 milioni. Il 25%, secondo le statistiche Eurostat. Il dato peggiore in Europa (come annota il sito dell’associazione Microlab)».
Quale prospettiva: solo sfiducia?
Il sondaggio di Demos conferma, inoltre, come, negli ultimi anni, «si sia formato e diffuso, fra i giovani, un orientamento consapevole e disilluso. Insieme a una crescente propensione a volgere lo sguardo all’estero». Un aspetto confermato anche dall’ultimo rapporto della Fondazione Migrantes. I numeri parlano chiaro: dei 109 mila connazionali che hanno lasciato il Belpaese per lavoro, ben il 42,8% sono proprio giovani tra i 18 e i 34 anni. Quindi in età di studio o lavoro.
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Alle partenze, purtroppo non corrispondono sempre i ritorni. E per vari motivi. Un fenomeno di cui spesso ci siamo occupati proprio sulle pagine di questo giornale. Non limitandoci soltanto a fornire un’analisi. Ma sforzandoci ad offrire soprattutto un punto di partenza per una riflessione più ampia. Del resto sono gli stessi giovani a chiederlo. O, almeno, è quanto emerge dalle loro risposte, invitati a “immaginare” il loro futuro. Le stesse che hanno fornito nel corso del nostro confronto instaurato con i ragazzi dei gruppi parrocchiali diocesani reggini e i cui esiti sono stati raccolti e pubblicati su Avvenire di Calabria lo scorso ottobre. Dalla disillusione alla fiducia per il domani, il passo tuttavia è breve. È c’è solo da imparare dalle conclusioni a cui le nuove generazioni giungono.