Calabria, le imprese puntano sul rilancio delle infrastrutture
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La Calabria si conferma terra di sbarchi. Mentre l'Italia e l'Europa hanno dovuto fare i conti con una nuova emergenza migratoria proveniente dall'Ucraina, i flussi migratori via mare, negli ultimi mesi, non si sono mai fermati. Anzi, hanno fatto registrare un aumento rispetto allo stesso periodo del 2021.
Dall’inizio del 2022 sono stati 34 gli sbarchi in Calabria, per un totale di circa 5mila migranti. E con l’estate ancora nel vivo, non c’è dubbio che il numero degli arrivi per l’anno in corso sarà ben superiore rispetto alle 7mila unità fatte registrare nel 2021.
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Roccella, Siderno, Caulonia, Palizzi, Reggio Calabria, le località dove più di tutte si verificano gli sbarchi. Nel reggino, infatti, gli approdi nel 2022 sono aumentati.
Non solo in Calabria si registra un aumento degli sbarchi. Il trend interessa anche altre zone d'Italia, dove si contano finora, in tutto, 31.339 persone migranti sbarcate sulle coste da inizio 2022. Nello stesso periodo, lo scorso anno furono 24.576 mentre nel 2020 furono 9.299. Il dato è stato diffuso dal ministero degli Interni, considerati gli sbarchi rilevati entro le 8 di questa mattina.
Nella giornata di ieri sono state 396 le persone registrate in arrivo sulle nostre coste che hanno fatto salire a 3.706 il totale di quelle arrivate via mare in Italia da inizio mese. L’anno scorso, in tutto luglio, furono 8.609, mentre nel 2020 furono 7.062.
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Degli oltre 31.300 migranti sbarcati in Italia nel 2022, 5.033 sono di nazionalità bengalese (16%), sulla base di quanto dichiarato al momento dello sbarco; gli altri provengono da Egitto (4.967, 16%), Tunisia (4.308, 14%), Afghanistan (3.291, 10%), Siria (1.766, 6%), Costa d’Avorio (1.114, 4%), Eritrea (830, 3%), Iran (761, 2%), Guinea (753, 2%), Sudan (571, 2%) a cui si aggiungono 7.945 persone (25%) provenienti da altri Stati o per le quali è ancora in corso la procedura di identificazione.
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Il confronto presso il Centro del Laicato di Gioia Tauro. Nel corso dell’incontro anche una riflessione sull’autonomia differenziata alla luce del recente documento della Cec.