L'ora di religione può diventare più rock, parola di Franco Nembrini. Il prof-scrittore, nei giorni scorsi, è stato in Calabria per la formazione dei docenti. Un percorso entusiasmante a suo dire.
Franco Nembrini: «Con Dante l'ora di religione diventa più viva»
In origine fu il rock. L’incontro tra Franco Nembrini e la Calabria è dovuto a padre Massimo Grandieri: col religioso cosentino, il profscrittore bergamasco ha una passione in comune: il rock appunto. In particolare i due hanno iniziato a discutere della presenza di Dio in alcuni brani. Poi è arrivato Dante, l’Osservatore romano e i banchi di scuola. Un cammino anomalo che, adesso, punta a essere percorso a ritroso: dalla classe alle note musicali.
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Ne abbiamo parlato proprio con Franco Nembrini, autore di un nuovo libro (“Sì”, San Paolo edizioni) e protagonista di un tour de force su e giù per la Calabria concluso venerdì in riva allo Stretto con un convegno sul tema “Il rischio educativo” con l’arcivescovo Morrone, padre Spadaro e Monda.
Quindi, secondo lei, l’ora di religione non è un’ora persa?
Macché! Bisogna destrutturare l’idea che l’ora di religione sia “l’ora di consolazione”. In realtà bisognerebbe chiamarla “l’ora del desiderio”. Spero di non scandalizzare nessuno: mi riferisco al desiderio di felicità che è presente in tutti i nostri ragazzi. Provare per credere.
Sembra una frase fatta.
Tutt’altro, la risposta dei ragazzi è stupefacente. Basta sapersi mettere realmente in contatto con loro. Aggiungo un elemento: se l’ora di religione diventa “l’ora del desiderio” a crescere è la passione per il sapere e ne beneficiano le cosiddette discipline importanti.
D’altronde lei punta a coniugare, in primis, religione e letteratura. Perché?
E aggiungo che anche tutti i vescovi calabresi sono entusiasti di misurarsi in questa nuova comunicazione creativa coi più giovani. Per questo, da subito hanno sposato il ciclo formativo concluso pochi giorni fa e che, devo ammettere, mi ha lasciato letteralmente stupito.
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Stupito? In che senso?
Non è facile vedere così tanti insegnanti spendere il proprio tempo per formarsi. E parlando con molti di loro ho colto che il loro impegno va oltre i ragazzi che gli sono affidati. Lo fanno per la propria terra, per la seminare speranza a quanti decidono di restare in Calabria.
Altro che “ora di consolazione”. Cosa si attende adesso?
Mi auguro fortemente per i prof incontrati mettano in pratica quanto discusso. Bisogna parlare ai ragazzi, bisogna aiutarli a comprendere che crescere è l’avventura più bella che esiste. E tutti abbiamo il dovere di viverla.