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Emergenza educativa, rivoluzione in vista al Comune di Reggio Calabria? La responsabile del Servizio Minori spiega come i Centri diurni non rispondano ai bisogni educativi degli adolescenti dell'era post-Covid. Proprio la ripresa dopo la pandemia sta iniziando a mostrare gli "effetti sociali" del virus con ragazzi incapaci di vivere la propria relazionalità.
«La funzione dell’orientamento è fondamentale. Un bravo educatore deve insegnare cosa è giusto e cosa è sbagliato. Se si abdica a questo ruolo, gli adulti hanno fallito». Maria Grazia Marcianò, psicologa e responsabile del Servizio Minori presso il Comune di Reggio Calabria taglia corto rispetto agli ultimi fatti di violenza che hanno visto protagonisti alcuni adolescenti: «L’emergenza è una ed è educativa».
Se parliamo di emergenza educativa, allora, i minori sono solo una spia. O sbaglio?
È cambiato il paradigma educativo. Oggi l’adulto ha perso il suo aspetto di autorità. Non sempre è un male, ma bisogna riflettere bene se l’adulto-amico sia ancora credibile agli occhi dei ragazzi.
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Perché dice questo?
Lo affermo in virtù del lavoro quotidiano che facciamo come Servizi sociali del Comune. La logica che unisce incredibilmente genitori e figli di fronte a fatti di violenza o vandalismo è la totale deresponsabilizzazione. Figli che non “si accorgono” di aver commesso un fatto che avrà conseguenze e genitori che minimizzano dicendo, quasi, sempre che si tratta di “ragazzate”.
E la scuola come fronteggia questa deriva?
Con gli strumenti che ha. Gli insegnanti hanno perso la “tutela” dei genitori, il loro operato è sempre opinabile. L’esatto opposto di quanto accadeva fino a poco tempo fa. Se poi guardiamo bene i casi di disagio giovanile sono quasi sempre ragazzi che non frequentano più la scuola o che vanno malissimo. Con la pandemia, poi, i casi di evasione scolastica e istruzione parentale si sono moltiplicati.
Di cosa si tratta?
Nel primo caso, l’evasione scolastica è l’assenza prolungata e ingiustificata degli studenti. Spesso sono ragazzi che vivono nei quartieri più fragili della città e dove i loro genitori non percepiscono l’importanza di spingere i propri figli all’istruzione. Quando parliamo di istruzione parentale, invece, si tratta di casi in cui i genitori ritirano i propri figli dalla scuola facendosi garanti della loro formazione. Ma qui si apre un altro problema.
Quale?
Che il coronavirus sta confinando, quasi recludendo, alcuni ragazzi che non riescono più a vivere le relazioni senza la mediazione dei propri smartphone.
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Quello che viviamo, quindi, sono i primi effetti sociali della pandemia?
Solo in parte. Abbiamo registrato diversi casi di violenza domestica durante i lockdown. Con le riaperture, poi c’è chi si barrica in casa e chi esplode fuori. Ragazzi così affamati di libertà che non riconosco più il senso del limite. Proprio in questo senso è importante iniziare a incontrarli nei luoghi che frequentano assiduamente, con gli adolescenti post-Covid probabilmente la formula dei Centri diurni non sarà più applicabile.
La Chiesa come può contribuire?
Serve recuperare la dimensione dell’approccio di strada tipico delle parrocchie. Un linguaggio senza fronzoli, ma che aiuta la relazione pur garantendo una cornice di regole che sia condivisa da adolescenti ed educatori.
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