Sergio Zoppi, intellettuale toscano, è stato presidente del Formez, nonché sottosegretario alla Presidenza del Consiglio durante i Governi Prodi e D’Alema. Negli anni ha maturato un’attenzione specifica al tema meridionalista. Lo abbiamo intervistato proprio sul tema della Questione Meridionale.
Ricorre in questi giorni l’anniversario dell’Unità d’Italia, ma al Sud esiste ancora una grave emergenza sociale. Forse servirebbe un altro Umberto Zanotti Bianco...
Umberto Zanotti-Bianco è sicuramente uno dei grandi del Novecento italiano racchiudendo in sé molte virtù: patriota e valoroso combattente, educatore e filantropo senza eguali, scrittore, archeologo, ambientalista, politico e parlamentare. È un eroe civile nel suo essere un antieroe, impareggiabile suscitatore di volontariato, sorretto da una severa religiosità. A partire dal disastroso terremoto del 1908 che distrusse Reggio Calabria e Messina con molti centri minori, dedicò la sua vita al Mezzogiorno e, in particolare, al capoluogo reggino e ai comuni vicini. Infaticabile, povero tra i poveri, tra i pochi a intuire che la costruzione di asili e scuole e il loro funzionamento, la formazione degli insegnanti, l’attenzione al buon esito delle attività didattiche, il dar vita ad ambulatori e a centri diagnostici, a cooperative di artigiani e di pescatori erano atti di doverosa fratellanza, di coronamento dell’unità d’Italia ma anche le premesse per la nascita e l’affermazione di comunità liberate dall’ignoranza e dal ricatto, capaci perciò di decidere del proprio destino.
Comprende che senza un Mezzogiorno civile, in grado di autogovernarsi, non si darà compimento al disegno risorgimentale, che appartiene a pochi, di un’Italia unita non solo fisicamente. Con la sua scelta meridionalista, diede una risposta in linea con i bisogni reali e primari, inquadrandoli in una visione morale, civile ed economica. Credo che l’azione e il magistero di Zanotti- Bianco rimangano passaggi obbligati per dichiarare concluso il percorso unitario dell’Italia.
La politica, molto spesso, ha pensato di risolvere il “problema” del Mezzogiorno con misure assistenzialistiche. Hanno avuto effetto?
La vera politica ha ritenuto di affrontare gli antichi mali del Mezzogiorno non attraverso l’assistenzialismo ma in virtù di profondi cambiamenti ben pensati e positivamente realizzati. È avvenuto principalmente nel 1950, con Alcide De Gasperi presidente del Consiglio dei ministri. Due la grandi scelte a favore di un Mezzogiorno afflitto dalla miseria ed educato al servaggio: la riforma agraria e la Cassa per il Mezzogiono.
Con la prima fu realizzato un progetto atteso da tempo: spezzare il latifondo, spesso a bassa produttività, nelle mani di pochi grandi proprietari terrieri e dare la terra, e con essa la casa, l’acqua, l’energia elettrica, gli attrezzi, gli animali, l’assistenza tecnica a decine di migliaia di nuovi coltivatori.
Attraverso la “Cassa” il parlamento e il governo, sotto l’incalzare dello stesso De Gasperi, dotarono l’Italia di un istituto pubblico originale, finanziato per dieci anni (portati rapidamete a quindici) chiamato a realizzare complessi organici di opere pubbliche. Inizialmente, la “Cassa” fu chiamata a operare in tre settori: la raccolta e la distribuzione delle acque e le fognature; la bonifica dei terreni; la viabilità interna (con interventi di minor peso per la rete ferroviaria, il turismo e la formazione professionale). Può essere affermato che in cinque-sei anni la “Cassa” cambiò il volto del Mezzogiono, sottraendolo alla marginalità per inserirlo nella modernità.
Le politiche assistenziali, che avevano caratterizzato molti degli anni successivi all’unità del Paese, si sono ripresentate dopo il 1970, una volta istituite le regioni a statuto ordinario e diventate incontenibili le invasioni partitiche all’interno delle amministrazioni pubbliche, mettendo in crisi il meccanismo della “Cassa”. Oggi, per riprendere il cammino interrotto, occorrre ancorare il Mezzogiorno all’Europa.
Quale sarebbe la giusta strategia politica da attuare per rendere l’Italia veramente unita?
Non mancano le priorità per il Mezzogiorno, e specificamente per la Calabria e la Sicilia. Ne menziono alcune, urgenti e ineludibili: il nuovo asse stradale Reggio Calabria-Taranto, l’accresciuta velocità ferroviaria con il Nord, l’asse ferroviario veloce Palermo-Messina-Catania, la ristrutturazione del trasporto pubblico locale; favorendo il riuso e il recupero degli immobili per abitazioni a partire dalle aree interne, alleggerendo così il consumo dell’ambiente naturale prezioso per un turismo di qualità e duraturo.