Reggio Calabria, torna l’appuntamento con il re del bergamotto: al via la terza edizione di Bergarè
L’evento promosso dalla Camera di commercio reggina ha come finalità anche la promozione e valorizzazione del territorio in chiave turistica.
Il finanziamento delle guerre è stato sempre un problema per gli stati. Già i tiranni dell’antica Grecia si dovevano industriare per finanziare il loro sforzo bellico, perché è stato sempre ben chiaro che i soldati combattono meglio se sono ben pagati. Così alcuni prendevano a prestito dal tesoro del tempio, altri utilizzavano forme primordiali di svalutazione monetaria riducendo la percentuale di metallo prezioso nelle leghe che formavano le monete, comunque dopo ogni guerra della storia gli Stati si trovavano con l’economia in condizioni disastrose.
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Ne sanno qualcosa anche gli italiani che dopo l’inutile guerra in Etiopia, sia per le spese belliche, sia per le sanzioni videro precipitare l’economia in una profonda crisi che fu una delle cause del fallimento di tutte le campagne di guerra della Seconda guerra mondiale. L’invasione da parte della Russia dell’Ucraina ha tutta una serie di risvolti economici importanti perché la relazione fra economia e guerra in un mondo globalizzato, dove è la finanza che governa anche l’economia reale, viene molto accentuato. L’economia russa non è mai stata florida.
Per molti anni dopo la caduta del muro di Berlino ampie fasce della popolazione hanno sperimentato povertà ed indigenza, anche se pochi oligarchi miliardari, vicini al potere, hanno prosperato oltre ogni aspettativa. Non è certo una carenza di risorse naturali a danneggiare l’economia russa. Anzi, la Russia si è rialzata sfruttando l’enorme patrimonio di risorse del suo sottosuolo, ma ha diretto gran parte dei profitti in uno sforzo di riarmamento che ha disastrato i conti pubblici. Ma, alla luce degli eventi, la capacità bellica dell’esercito, al di là delle dimostrazioni di forza con armi avveniristiche, si sta dimostrando molto limitata.
Si ha l’impressione che le armi avveniristiche, come i missili ipersonici, siano solo dei prototipi che possono essere mostrati a scopo dimostrativo, ma che non possono essere usati su larga scala perché la Russia non ha la capacità tecnologica per produrli in serie. È questo il classico modo di agire dei dittatori che, inseguendo sogni di potenza, investono gran parte delle risorse per riarmare il paese, infischiandosi delle condizioni di vita dei cittadini, ma che alla fine falliscono pure questo obiettivo perché creano eserciti di cartapesta.
L’Occidente ha risposto all’invasione con delle sanzioni occidentali che minacciano di colpire in maniera forte l’economia russa. È stato disposto il congelamento delle riserve in valuta della Banca Centrale Russa, la messa al bando degli oligarchi e di tutti coloro che hanno partecipato alla dichiarazione di guerra contro l’Ucraina e, come misura estrema, l’esclusione della Russia dal sistema Swift. I risultati queste sanzioni non hanno tardato a manifestarsi. La Borsa di Mosca è stata costretta a non riaprire per evitare crolli, il rublo ha perso in un giorno il 30% del valore, il tasso di interesse è passato dal 9,5 al 20% , con la gente che faceva la fila ai bancomat per ritirare il contante.
A causa di queste sanzioni l’economia russa subirà una forte fase recessiva, unita ad una fase esplosiva dell’inflazione, che potrebbe facilmente diventare un’iperinflazione con conseguenze esiziali per le condizioni di vita dei russi. Per capire cosa potrebbe succedere è istruttivo leggere i drammatici resoconti dell’iperinflazione che ha colpito la Repubblica di Weimar negli anni Venti del secolo scorso.
L’iperinflazione è l’arma più potente che oggi l’Occidente ha per contrastare l’invasione dell’Ucraina. Le sanzioni sulle operazioni di rifinanziamento e, in particolare, l’esclusione dallo Swift delle banche, sono l’innesco che può farla esplodere.
L’economia, oggi, mette in condizione gli stati di combattere guerre incruente utilizzando le armi economiche e l’Occidente ha forse cominciato ad intravedere la potenza di questo nuovo “arsenale”. Ma non bisogna dimenticare che le conseguenze delle crisi economiche come delle guerre le pagano anche tutti i cittadini, in particolare quelli più deboli, e prima di scatenarle i governanti dovrebbero chiedersi se, in coscienza, è di qualche utilità infliggere sofferenze ad altri popoli e di riflesso anche al proprio popolo.
La guerra è forse la manifestazione più chiara dei vertici di idiozia e di insipienza a cui può arrivare l’umanità. Non possiamo che ripetere l’appello inascoltato di Pio XII prima della Seconda guerra mondiale: «Tutto si perde con la guerra, tutto si guadagna con la pace». Sperando che oggi si trovi qualcuno più attento e disposto a recepirlo.
*Professore di Politica Economica e Direttore del Centro Studi delle Politiche Economiche e Territoriali del Dipartimento Pau - Università Mediterranea di Reggio Calabria
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