In un periodo storico in cui si discute tanto di volontariato e, secondo le diverse sensibilità con cui si pone l’attenzione, da un lato si vuole esaltarlo, dall’altro lato distruggerlo o ridimensionarlo a solo un’azione di servizio alle persone in difficoltà.
L’apparire discreto del volontariato sulla scena della società e della Chiesa, fu recepito come qualcosa di nuovo che stava accadendo nel tempo e nella storia e che non poteva interpellare tutti e ciascuno evento straordinario degli anni sessanta.
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Nella sua molteplicità di espressioni: servizio gratuito, presenza nel mondo della sofferenza, riportare i problemi dei poveri al centro della società, superare le delega, superare l’occasionalità il volontariato, di conseguenza si esprime, non solo come integrazione della giustizia (riempire i vuoti, affrontare i bisogni nuovi, fornire un supplemento ai servizi della comunità civile) ma anche stimolo della giustizia. In questo senso, nella sua autenticità, è stato ed è una forza scomoda perché non risparmia, quando sono necessarie, critiche e denunce.
Mai come in questi ultimi tempi si è parlato tanto di volontariato: il riconoscimento alle iniziative dei volontari sembra essere diventato una sorta di clausola di stile nei discorsi pubblici dei politici più rappresentativi, una specie di onore reso in ogni possibile occasione; eppure mai come in questo stesso periodo sembra che il volontariato viva una fase di frenesia, generoso e disponibile e coerente nel suo ruolo a favore delle persone in difficoltà, del tutto funzionale e strutturato quando si rapporta con le Istituzioni; oggi si presenta complesso, fluido, sfuggente, tanto che riesce difficile darne una definizione completa.
Il volontariato degli ultimi anni, nato forse da una maturazione della contestazione del ’68, si pone come segno di contraddizione, come sfida nei confronti dell’attuale società fondata sul profitto, sul consumismo, sull’edonismo, sul potere, opponendo valori di gratuità, di essenzialità, di servizio, di testimonianza autentica; il volontariato autentico investe radicalmente tutta la concezione della vita e diventa uno stile di vita.
Uno dei servizi meno utili che possono essere resi al volontariato è quello di cercare di quantificare il suo peso all’interno dell’Economia della nostra società; è sicuro, invece, che la sua valenza sociale consiste soprattutto nella sua capacità di essere “profezia” e forza di cambiamento.
Esso è chiamato, infatti, a promuovere cultura piuttosto che a promuovere servizi che pur servono nel nostro territorio, solo attraverso la concreta testimonianza dell’attenzione prestata ai bisogni delle famiglie in difficoltà, senza dimora, migranti potrà lentamente porre radici all’interno della nostra società un nuovo valore della solidarietà di contro ad una società egoistica, individualistica ed indifferente.
Credo che il volontariato oggi dovrebbe acquisire la consapevolezza che si fonda sul vivo senso di appartenenza a un processo solidale, cioè avere coscienza di appartenere ad un’umanità che si sforza di liberare: una libertà verso se stessi, una libertà di scelta e di consapevole crescita del proprio carattere e dei propri valori per il cambiamento di una nuova umanità. Il volontariato, prima di essere prestazione di servizi gratuiti, è un atteggiamento interiore di disponibilità, di rispetto e valorizzazione delle persone, di condivisione.
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Se tale atteggiamento esiste ed è autentico non può emergere soltanto quando si offrono servizi e prestazioni a titolo gratuito, ma è presente sempre, in tutti i momenti e in tutti i rapporti interpersonali e per questo che è importante che continui ad esercitare il suo ruolo di profezia e di progettualità sociale perché è evidente come una società senza processi solidali giunga all’omologazione dei comportamenti dei singoli, alla perdita di interesse verso i doveri di cittadinanza, all’incapacità di interrogarsi e di saper scegliere tra il «fare» e «l’essere».
*Caritas diocesana Reggio Calabria - Bova