Avvenire di Calabria

Nei suoi versi il fascino di un’antica tradizione: così Mimmo Nunnari presenta l'ultima fatica letteraria dello scrittore reggino

Corrado Calabrò, poeta del mare

È stato appena ripubblicato il volume “Quinta dimensione, poesie scelt 1958 – 2021” (Mondadori), un’opera antologica preziosa

di Mimmo Nunnari

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Corrado Calabrò, poeta del mare. Nei suoi versi il fascino di un’antica tradizione: così Mimmo Nunnari presenta l'ultima fatica letteraria dello scrittore reggino.

Corrado Calabrò, poeta del mare

«S’affaccia a annunciare la sera il primo pianeta del mattino», tra migliaia di altri versi, forse rappresenta meglio di tutti il genio poetico di Corrado Calabrò, cantore del mare e delle stelle. Per Calabrò, la poesia e il suo mestiere, ma anche studiar le stelle per illuminare il lume del suo intelletto, e saziare la sua fame di sogno, è il suo lavoro. Calabrò, è poeta mediterraneo tra i più importanti. Scrive, incantato, dal mare e dalle stelle: «Sotto stupite stelle/si smarrisce per noi la distinzione/tra provenienza e destinazione» . È anche poeta astronomo/astrofisico, tant’è che, auspice l’Accademia di Kiev, è stato dato il suo nome ad un asteroide, con una motivazione che riflette il suo essere poeta delle stelle e del mare: «Ha rigenerato la poesia contemporanea aprendola, come in sogno, alla scienza».


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La poesia di Corrado Calabrò spazia tra il cielo stellato e il mare; il mare che incanta, il mare che ispira, il mare che insieme alle stelle travolgono, con la loro bellezza, il poeta. «La vera originalità del Calabrò», ha scritto nel 1992 Carlo Bo, critico letterario e accademico, «sta nell’essersi staccato dai modelli comuni, per inseguire una diversa sperimentazione poetica, ha cantato non il suo mare, ma piuttosto un mare eterno e insondabile».

Di Corrado Calabrò è stato appena ripubblicato il volume “Quinta dimensione, poesie scelt 1958 – 2021” ( Mondadori, pagine 332, euro 18), un’opera antologica preziosa, e aggiornata alla sua produzione più recente, accompagnata da due riflessioni dello stesso autore sulla multiformità del suo percorso esistenziale di poeta. Ci sono sessant’anni di poesia, nell’antologia, ci sono i versi dedicati al mare, che dominano, nel solco millenario di una tradizione poetica mediterranea che ha affascinato i poeti di sempre. In passato (Omero e Virgilio a parte) di mare hanno scritto Baudelaire, Verlaine, Kavafis, Quasimodo, Montale, Ungaretti, Machado, tutti poeti attratti dal mare, che richiama allo stesso tempo l’idea di malinconica solitudine e di libertà.

È su quella scia di poeti del mare Calabrò. In mezzo, tra stelle e mare, nella sua poesia, c’è l’amore, altro elemento cardine delle emozioni del poeta, autore mediterraneo per radici e vocazione.


PER APPROFONDIRE: Corrado Calabrò racconta suo fratello, don Italo.


In “Colpo di luna”, nei primissimi versi di un poema dove si fondono bellezza del cielo e del mare, Calabrò scrive: «È vasto il cielo sulla spiaggia tiepida/vasto di stelle alitanti leggere/sul regolare respiro del mare/attendono prostrate dalla luce della luna/ch’emerge di tre quarti/levando un po’ la prua sull’orizzonte» . Racconta, il poeta, nella postfazione dell’antologia, di questo suo rapporto col mare già dai tempi dell’adolescenza, a Bocale, villaggetto a sud di Reggio Calabria: «Uscivo in barca di notte coi pescatori; a volte incappavamo in qualche burrasca; le onde passavano sopra la barca».

«Mare mare/fammi passare/il mare è aperto/come il deserto/quando è piatto ci puoi camminare…mare mare/fammi passare» scrive Calabrò. Questi ultimi, sono i versi di un poema civile, che s’intitola “Canto senegalese a Lampedusa”, con cui Calabrò canta quell’umanità che corre verso dove c’è il pane. Un’umanità dolente, ma piena di speranze che, il poeta mediterraneo per eccellenza, conosce bene e che vive come nel sogno delle sue poesie, tra il cielo e il mare.

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