
Dall’Ucraina a Roma, speranza tra le macerie. Don Taras Zheplinskyi racconta il “suo” Giubileo
In occasione del Giubileo della Comunicazione, don Taras Zheplinskyi, vicedirettore del Dipartimento della comunicazione della
Guerra in Ucraina, chi pensa ai disabili psichiatrici o con difficoltà cognitive gravi? La proposta d’aiuto arriva dalla Calabria, esattamente da Lamezia Terme dove don Giacomo Panizza, fondatore della Comunità Progetto Sud, sta coordinando una rete sociale pronta a intervenire sul territorio ucraino.
Molto più che una manifestazione: l’appello lanciato da Panizza e altre trenta cinque sigle, tra cui anche l’Azione cattolica italiana, è destinato a tutti gli europei che vogliono essere “costruttori di Pace”.
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«Non siamo un gruppetto spiega - don Panizza ai nostri taccuini - ma ci stiamo organizzando per andare in migliaia in una città ucraina». Al momento la grande sfida è la concertazione con la Farnesina. «Rispetto alle realtà presenti sul territorio di guerra siamo in stretto contatto con moltissime organizzazioni cattoliche. Il tema della Pace e del prendersi cura dei più fragili preoccupa la Chiesa. Non lo fa in modo “politico”, ma ce lo chiede il Vangelo».
Don Panizza non è nuovo a queste iniziative: fu inviato speciale del Vaticano in Polonia durante l’era Jaruzelski per mostrare la vicinanza della Santa Sede ai prigionieri politici del tempo. «Abbiamo tantissimi contatti con l’Ucraina: sono datati nel tempo, risalgono all’emergenza di Chernobyl. Sappiamo come muoverci».
Il sacerdote bresciano trapiantato a Lamezia Terme ha lanciato anche un messaggio al Ministro degli Esteri, Luigi Di Maio: «Vogliamo andare in Ucraina a prendere quanti non stanno neanche capendo che c’è la guerra perché sono disabili gravi, psichiatrici, bloccati su una sedia a rotelle o in un letto d’ospedale. Il Governo italiano è sensibile al tema degli aiuti umanitari».
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L’obiettivo di don Panizza e delle 35 sigle che rappresenta, «tutte cariche di cristianità», è di arrivare al confine e, poi, entrare in Ucraina: «Ognuno può scegliere di fare o non fare la Pace. Noi vogliamo manifestare e dire che c’è gente che deve andare via da lì perché non è nelle condizioni di decidere se o meno resistere. I nostri corpi formeranno una grande corpo di Pace». Parte dalla Calabria, quindi, la grande macchina organizzativa per un grande segnale europeo di attenzione evangelica alla persona.
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