Avvenire di Calabria

A presiederlo è stato monsignor Santo Marcianò, presule reggino e Ordinario militare per l'Italia

Palmi, celebrato anniversario della parrocchia «Santa Famiglia»

Redazione Web

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Domenica 29 dicembre evento di grazia per la Parrocchia Santa Famiglia in Palmi che ha celebrato il 25° anniversario dell’istituzione della nuova Parrocchia per volere dell’allora Vescovo Mons. Domenico Crusco di venerata memoria, intitolata alla Santa Famiglia, nella ricorrenza dell’Anno internazionale della Famiglia voluto da Giovanni Paolo II. Un momento molto bello, ben preparato dal parroco don Giuseppe Sofrà, coadiuvato dal vicario parrocchiale don Francesco Muratori, dal diacono Giuseppe Capitò e da tutta la comunità parrocchiale. Prima dell’inizio della celebrazione i fedeli convenuti in gran numero hanno accolto con visibile gioia la nuova statua della Santa Famiglia di Nazareth, benedetta nella celebrazione e che potrà essere venerata nella Chiesa.

La solenne concelebrazione è stata presieduta dall’Arcivescovo Santo Marcianò, dal 10 ottobre 2013 Ordinario Militare per l’Italia, con la partecipazione del nostro Vescovo Mons. Francesco Milito e di numerosi sacerdoti e diaconi.

Qui di seguito riportiamo l’omelia di monsignor Santo Marcianò:

Carissimi fratelli e sorelle, è una festa questa giornata in cui celebriamo il Giubileo della vostra bella parrocchia, nel 25° di fondazione e nella festa della Santa Famiglia. È una festa anche per me che, onorato dall’invito, ringrazio anzitutto il vostro vescovo, il carissimo confratello Monsignor Francesco Milito, con il quale ho avuto il dono di collaborare negli anni del mio ministero episcopale a Rossano Cariati, apprezzandone le non comuni doti di cultura, profondità spirituale, impegno instancabile e capacità di vicinanza alla gente. Ma permettetemi di ringraziare con affetto particolare il vostro parroco, don Giuseppe, un tempo seminarista della comunità che ho guidato da Rettore a Reggio Calabria, del quale conosco la serietà nel cammino formativo, l’umiltà di mettersi in discussione, il desiderio di servire la sua gente. E proprio nell’ottica del servizio, egli ha preparato con cura questo Giubileo, offrendovi anche importanti spunti di riflessione sulla famiglia, con l’aiuto del ricchissimo e magistero della Chiesa in questo campo.
Io vorrei invitarvi a contemplare il «grande mistero» che è la Santa Famiglia di Gesù e ogni famiglia e a farlo seguendo il filo di un’esperienza che il Vangelo (Mt 2,13-15.19-23) ha suggerito: il sogno, una categoria biblica importante, uno strumento di rivelazione di Dio e comunicazione tra Dio e l’uomo.

Non so se ci abbiamo mai pensato, ma potremmo dire che la Santa Famiglia nasce da un sogno. È attraverso un sogno che Dio ha manifestato a Giuseppe il Suo disegno d’amore sulla misteriosa nascita di Gesù da Maria, la promessa sposa che forse egli tante volte aveva sognato e con la quale sognava un futuro di amore reciproco, di vita comune, di fecondità.
Dio non disprezza i sogni di Giuseppe ma, in un apparente sconvolgimento, li rende ancora più grandi, realizzando in modo meraviglioso il suo desiderio di amore e vita. Il sogno vagheggiato diventa il sogno realizzato: è il sogno della vocazione, che Giuseppe accoglie come aveva fatto Maria.

In fondo, ogni famiglia, ogni vocazione nasce da un sogno. Non è forse sogno il dono di innamorarsi, la delicatezza dello scoprire la bellezza dell’altro e dello scoprirsi capaci di tutto per amore dell’altro? Non è sogno il voler condividere per sempre la vita e la casa, sperare nel dono dei figli, pensare a una famiglia aperta alle necessità dei poveri e del territorio? E il ricordo del sogno degli inizi spesso diventa sorgente di forza in momenti di difficoltà e crisi familiari.

Ma il sogno non è soltanto frutto di fantasia o di complessi meccanismi psicologici: il sogno è progetto di Dio, al quale collaboriamo rispondendo «Sì».
Nella prima lettura il libro della Genesi (cfr Gen 1; 2) offre la stupenda narrazione del Creatore che plasma a Sua immagine l’uomo, la donna e il loro amore sponsale e fecondo. La famiglia è il primo sogno di Dio sull’uomo, il primo regalo che Dio fa all’umanità, perché «non è bene che l’uomo sia solo», perché da solo l’uomo non ritrova se stesso e Dio non ritrova nell’uomo la Sua immagine. La famiglia è Icona, immagine della Trinità, di Dio-Amore: ecco il Sogno d’amore di Dio!
Nel brano di Vangelo che abbiamo ascoltato, però, il sogno di Giuseppe è un brutto sogno, un vero e proprio incubo. La sua famiglia è minacciata, la vita del suo Bambino è minacciata; è minacciata la vita in se stessa, perché quel Figlio, Gesù, "è" la Vita!
Quando, 25 anni fa, Giovanni Paolo II indiceva l’Anno della Famiglia - di cui la vostra parrocchia è anche frutto - intendeva dare alla Chiesa e al mondo un forte segno, proprio a motivo delle potenti realtà che minacciavano la realtà, la stabilità e la stessa identità della famiglia: «approfondire i valori costitutivi di questa istituzione naturale», era l’obiettivo espresso dal Pontefice, oggi Santo, che della promozione della famiglia fece uno dei cardini del suo ministero sacerdotale, episcopale e petrino.

Dopo 25 anni, l’emergenza culturale, legislativa, educativa, catechetica in tema di famiglia non si è certo attenuata. E se da una parte aumentano i divorzi, le convivenze, gli aborti e diminuiscono i matrimoni e la natalità, dall’altra parte vediamo che a essere messi in dubbio non sono soltanto i «valori costitutivi» della famiglia ma più profondamente è il suo essere «istituzione naturale». Oggi è in pericolo la famiglia ed è stravolta la stessa idea di famiglia.
Giuseppe si risveglia dal sogno con una scelta, frutto di una decisione: difendere la famiglia, difendere la vita. Ed è questo il messaggio che dovrebbe risuonare alle nostre orecchie e al cuore. Difendere la famiglia, prima di tutto la «natura» della famiglia. Difendere con essa il sogno stesso di Dio sull’umanità e difendere la vita di ogni creatura umana, che di Dio è immagine, dal suo inizio nel concepimento alla morte naturale.

Non v’è dubbio che, in questo campo, quelle che 25 anni fa erano già realtà drammatiche oggi siano prassi consolidate, che neppure inquietano più, e quelle che erano solo minacce siano diventate realtà, per di più proposte come false soluzioni a problemi talora complessi, ma la cui origine è usualmente nascosta in cause politico-economiche o in fragilità personali e affettive. Penso al dramma dell’eutanasia, ormai legge in Italia, che elimina la vita ritenuta non più desiderabile, o alle varie tecniche di fecondazione artificiale, complicate pure da inimmaginabili incroci "genitoriali", che vorrebbero soddisfare il desiderio del figlio trasformandolo in un diritto.
Sono convinto che come Giuseppe dobbiamo difendere anche noi la famiglia, nel suo servizio all’amore, alla trasmissione e all’educazione della vita; il che non significa aggredire con spirito polemico ma avere il coraggio della verità e la creatività della propositività, ciascuno nel proprio ambito di impegno; soprattutto coloro la cui missione – penso a uomini di scienza, di legge, di politica, di educazione, nonché a noi presbiteri e ai religiosi - rende maggiormente responsabili; e soprattutto le stesse famiglie, chiamate a custodire l’eroismo della testimonianza e la bellezza della tradizione, per risvegliare la nostalgia del sogno. Perché le famiglie sognano! Sognano un futuro bello per i figli; e sognano di superare difficoltà drammatiche, come disoccupazione e malattia, fame e guerra, persecuzione e violenza…

Per proteggere la sua Santa Famiglia da alcune di queste difficoltà, Giuseppe dovrà emigrare e sognerà sempre di tornare a casa, come tante nostre famiglie del Sud, costrette a emigrare per cercare lavoro, e come tanti immigrati presenti in Italia, molti proprio in questa diocesi, che sognano per il loro Paese il benessere e la pace. È una realtà che ci interpella con forza, che interpella con forza la nostra Chiesa dell’Ordinariato Militare, madre di coloro – uomini e donne delle Forze Armate Italiane - che tanto si adoperano per difendere il sogno della Pace, in Italia e nei tanti focolai di conflitti internazionali.

Alla fine, il sogno riconduce Giuseppe e la Santa Famiglia a casa. E possiamo immaginare che sia stato il momento della gioia. Una gioia di famiglia, come è il Giubileo per questa Parrocchia che è «famiglia di famiglie», è casa delle famiglie e per le famiglie. Oggi, in tempo di globalizzazione, è importante riscoprire la dimensione della "casa" come luogo che esprime appartenenza e dona identità; Gesù, dice il Vangelo, sarà chiamato «Nazareno» perché "appartiene" a Nazareth. Noi siamo «cristiani» perché "apparteniamo" a Cristo e siamo Chiesa, Sua Sposa.
È urgente riscoprire il senso di appartenenza alla famiglia, alla Chiesa, alla parrocchia. E, se questo è vero per ogni parrocchia, mi sembra di poter dire che lo è in modo particolare per voi, che dalla Santa Famiglia ricevete non solo il nome e una speciale benedizione, come quella data oggi alla Statua, ma una vera e propria missione.

Siate profeti in questo! Ricordate che, nell’attuale società «liquida», solo l’appartenenza crea quei legami che Paolo nella seconda Lettura (Col 3,12-21) raccomanda: sentimenti di tenerezza, bontà, umiltà, mansuetudine, magnanimità, sopportazione e perdono vicendevole, da cui nasce la «pace di Cristo», ovvero la pace del cuore che è germe della pace nel mondo, e da cui nascono scelte di inclusione e comportamenti di rispetto della dignità delle persone e dei ruoli; il Siracide (Sir 3,3-7.14-17a) lo sottolinea, facendoci riflettere sulla relazione e il dialogo tra le generazioni.

Cari amici, non lo dimenticate, il mistero della famiglia e della Chiesa si costruisce su questa relazione tra giovani e adulti, su un altro sogno, che Papa Francesco, nella Christus Vivit, ci aiuta a intravedere: «gli anziani hanno sogni intessuti di ricordi, delle immagini di tante cose vissute, segnati dall’esperienza e dagli anni. Se i giovani si radicano nei sogni degli anziani riescono a vedere il futuro, possono avere visioni che aprono loro l’orizzonte e mostrano loro nuovi cammini. Ma se gli anziani non sognano, i giovani non possono più vedere chiaramente l’orizzonte». Come vedete, il Papa fa riferimento al sogno della testimonianza, della tradizione, della narrazione. Il sogno che permette agli anziani delle nostre famiglie di custodire una memoria grata e feconda e ai nostri giovani di avere una visione chiara e autentica della famiglia sognata da Dio.
Un sogno che può partire dalla Chiesa, dalla parrocchia, da ogni famiglia. Che può partire, oggi, da questa parrocchia e dalle sue famiglie. È il mio augurio e la mia preghiera per il vostro Giubileo. La Santa Famiglia di Nazareth lo benedica e vi benedica.

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