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«La scuola ha un problema solo. I ragazzi che perde» scrive don Milani. Quello della dispersione scolastica è un fenomeno complesso, caratterizzato dall’abbandono della scuola prima del completamento degli studi. Le ripercussioni di questo fenomeno sono molteplici e investono tanto il singolo quanto la collettività.
I giovani che abbandonano la scuola prima del completamento degli studi sono sottratti a un percorso che mira, prima di tutto, alla formazione integrale della persona. L’impoverimento riguarda, come detto, la comunità tutta, dove le giovani generazioni che non hanno completato l’iter formativo scolastico si trovano inserite in un contesto, quello della società civile, in cui, in assenza di competenze utili, risulta difficile destreggiarsi.
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All’impoverimento formativo del singolo corrisponde l’impoverimento della collettività. Questa interdipendenza tra singolo e collettività deve portare a riflettere sul fenomeno, soprattutto alla luce delle sue principali cause. Tra queste possiamo annoverare, senza pretesa di completezza, le condizioni socio-economiche, i problemi familiari, le difficoltà di apprendimento e l’ambiente scolastico. I fattori appena elencati, non a caso, fanno riferimento proprio al ruolo che il contesto familiare, scolastico e sociale giocano nella formazione delle giovani generazioni.
Per un problema così vasto non esistono ricette precostituite: la specificità delle singole situazioni non trova sempre risposta nei comunque utili protocolli esistenti. In aiuto può però venire la sensibilità di illuminati pedagogisti (don Milani, P. Freire ecc.) e la spesso bistrattata sapienza popolare. Per esigenza di spazio, mi rifaccio proprio a quest’ultima.
Un noto detto africano, ripreso più volte anche da papa Francesco, recita: «Per educare un figlio ci vuole un villaggio». Difficile oggi vedere la società civile, finanche la stessa collettività di un piccolo centro, come un “villaggio”. Nel villaggio regnano la logica dell’interdipendenza e della reciprocità, nella società civile contemporanea dominano l’atomismo e l’egoismo.
Per ovviare alla dispersione scolastica è necessario recuperare l’ideale del villaggio! Oltre l’analogia, c’è l’esigenza di favorire il dialogo e, soprattutto, la comunione d’intenti tra gli attori formativi. Non posso non riconoscere, nel mio decimo anno di insegnamento, le difficoltà che spesso si incontrano nel rapporto scuolafamiglia. Le pretese degli insegnanti, le pretese della famiglia e le spesso dimenticate, da ambo le parti, aspirazioni della persona dello studente.
Eppure, proprio dallo studente è necessario ripartire. Sul figlio-studente va rifondata l’alleanza tra scuola e famiglia. Un’alleanza che richiede un continuo esercizio laboratoriale, tavoli di confronto, un tempo che sembra mancare ma che, proprio per questo, deve essere ricercato. E per favorire ciò, tutto il villaggio deve attivarsi, senza trascurare altri importanti attori (psicologi, politica, istituzioni religiose, enti sportivi). Il “futuro-presente” che i giovani incarnano chiede l’intervento deciso di un “mondo” che sia degno d’esser chiamato “adulto”.
* docente
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